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Il nuovo valore della Sicilia Doc è il territorio

19 Aprile 2010 Alessandro Torcoli
Dove sta andando la Sicilia del vino? Una buona occasione per capirlo è stata Sicilia en primeur 2010, la manifestazione organizzata da Assovini Sicilia che si è svolta a Sciacca (Agrigento) tra il 5 e il 7 marzo. Una rappresentanza di 37 aziende leader, capitanate dal presidente di Assovini Diego Planeta, ha proposto degustazioni e un singolare incontro tra stampa e produttori, questi ultimi scenograficamente disposti in una sorta di “Parlamentino” nella chiesa dell’ex convento di San Francesco, di fronte a una platea di oltre 80 giornalisti. Al Rocco Forte Verdura Golf & Spa Resort, invece, sono state organizzate le degustazioni dei vini en primeur, cioè dell’annata 2009 non ancora in vendita e i cui vini erano stati in molti casi spillati dalle botti. Si sono svolte alla cieca, cioè senza il riferimento all’azienda produttrice, ma con la possibilità di conoscere – oltre naturalmente al vitigno d’origine – la zona di produzione, le tecniche colturali, le età dei vigneti, le rese per ettaro. In una sala attigua era possibile assaggiare i vini in commercio, in questo caso proposti con “nome e cognome”. Si potevano scegliere in base al numero con cui erano ordinati nel catalogo della manifestazione, ed erano approntati dagli esperti sommelier, “domati” dall’energica Tiziana Gandolfo. Nel salone principale, invece, i produttori personalmente incontravano i giornalisti offrendo le loro principali etichette. Dove va dunque la Sicilia? Tra le novità più discusse, specialmente in loco, c’è l’imminente Doc Sicilia. È atteso infatti per fine maggio il via libera per la nascita della Doc regionale. Lo ha dichiarato coram populo Giuseppe Bursi, dirigente Interventi strutturali del settore viticoltura dell’assessorato regionale alle Politiche agricole. Dopo il Vinitaly si svolgerà la pubblica audizione con i produttori che precederà l’incontro del Comitato nazionale per la tutela dei vini, il quale definitivamente sancirà la nascita della Doc Sicilia. Per fortuna per molti, purtroppo per qualcuno. Infatti il presidente Planeta, tra i massimi fautori della Doc con il vicepresidente Giacomo Rallo di Donnafugata, sostiene che la Doc consentirà un deciso innalzamento della qualità media del vino che oggi viaggia sulle strade ombrose della Igt. Qualcun altro invece, come Giuseppe Benanti, non ci sta, nel timore di penalizzare i frutti di un tenace impegno che ha portato al successo la sua zona di origine, l’Etna, con la sua denominazione ormai nota. Sicilia en primeur è anche l’occasione per fare il punto sull’ultima campagna vendemmiale, così come accade nelle molte Anteprime che vi raccontiamo in queste pagine. Ebbene il 2009 sull’isola è stata un’annata... normale. Diciamo da tre stelle, anche se quest’anno di stelle non si è parlato ufficialmente. Lo ha detto il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano, che da anni studia la viticoltura siciliana, ricordando che sono stati prodotti 11 milioni di quintali di uve per 7 milioni di ettolitri. Quantità ingenti che portano a interrogarsi sul futuro del vino dell’isola. Alessio Planeta, ad esempio, durante l’incontro di Sciacca ha ricordato opportunamente: «I numeri ci costringono a muoverci su diversi livelli». Il leit-motiv sembra innovarsi, abbandonare le vecchie idee e mantenere ampie le possibilità. Tornando all’intervento di Attilio Scienza, può essere utile riportare l’efficace sintesi del suo messaggio racchiuso nella slide intitolata “La mission della viticoltura siciliana”. Ecco, qui starebbe il futuro: - Recuperare un’identità attraverso uno stile proprio abbandonando gli standard internazionali - Valorizzare le diversità ambientali in un’immagine unitaria - Ridare significato alla parola tipicità (riconoscibilità) - Spostare l’attenzione del consumatore dal vitigno al territorio. Territorio: questa in definitiva è la parola chiave. Ma è anche interessante testimoniare l’evoluzione dei vitigni locali, soprattutto il miglioramento del Nero d’Avola che, nonostante l’annata 2009 abbia dato mediamente vini più esili, meno tannici e meno carichi di colore rispetto al solito, è sempre più ancorato ai suoi diversi terroir, da Trapani a Menfi a Palermo ad Agrigento a Caltanissetta, restando comunque profondamente e unitariamente siciliano. Non solo Nero. Anche i Grillo, le Inzolia tra i bianchi, da noi assaggiati en primeur, si caratterizzavano per note olfattive e gusto assai differenti a seconda degli stili di produzione e delle zone d’origine. Così accade pure con Chardonnay e Merlot, ma il trend degli autoctoni continua a tener banco, tanto che la maggior parte delle nuove proposte in bottiglia riguarda vitigni siciliani, in primis il Carricante, il longevo, minerale, bianco dell’Etna portato alla ribalta da Benanti. Dunque sta già accadendo quello che suggerisce il professor Scienza: ci sono più tipicità e aderenza al territorio abbinate allo stile aziendale, perché il “brand” resta il caposaldo della “diversità”. Così la pensano anche molti colleghi della stampa straniera, che hanno denunciato la scarsa propensione dei consumatori esteri a informarsi sulle denominazioni italiane, ritenute troppe e molto complesse, mentre sono principalmente attratti delle marche. Noi non sappiamo cosa accadrà con la nascitura Doc Sicilia, ma è probabile che contribuirà a tenere saldo il timone, nel nome dell’unità, a buoni livelli qualitativi, mentre le aziende punteranno le loro differenti ammiraglie verso i palati più esigenti del mondo.

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