In Italia In Italia Matteo Forlì

Etna Days: i vini del Vulcano sono figli della diversità

Etna Days: i vini del Vulcano sono figli della diversità

Quattro versanti, 133 Contrade, una viticoltura aspra e antica e una moltitudine di suoli, originati dalle colate di differenti ere geologiche. Agli Etna Days l’occasione per cogliere le infinite sfaccettature dei vini della Doc. Che oggi vogliono farsi conoscere in tutto il mondo.

Un caleidoscopio di microclimi, terreni, esposizioni: riflessi che cambiano a seconda del versante da cui li si guarda. I suoli sputati dal cratere del Mongibello, tanto adiacenti quanto difformi, plasmati da colate distanti secoli e dai quali spuntano vigne centenarie. I muretti a secco di tufo e i palmenti rupestri, intermittenti testimonianze di una viticoltura aspra e antica. I vini dell’Etna sono figli della diversità.

Contrade che danno il nome all’unicità

Qui la definiscono attraverso le Contrade: 133 parcelle, diventate Unità geografiche aggiuntive, che sbriciolano i quasi 1200 ettari della denominazione, una mezzaluna alle pendici del vulcano, nel tentativo di esprimerne la miriade di caratteristiche. Ogni fazzoletto di terra ha il suo vino e la sua storia. E viaggiare ai piedi della “Muntagna”, come i locali chiamano l’Etna, è un’opportunità per assaggiarne qualcuna. Racconti di uomini e viti il cui biglietto da visita è stata la prima edizione di Etna Days, l’evento costruito dal Consorzio vini dell’Etna per far comprendere l’unicità di questo territorio.

Salvo Foti nei vigneti de I Vigneri a Milo; la Cantina I Vigneri; Ciro Biondi con la moglie Stephanie; Tenute di Fessina, vigne di Contrada Moscamento a Rovittello

L’uomo fa la differenza

A Milo sul versante Est del vulcano, culla del Carricante e unica zona dove i bianchi di questo varietale possono fregiarsi della menzione “Superiore”, si passeggia tra le vigne di Salvo Foti, patron dell’azienda I Vigneri, un’istituzione da queste parti. La terra e l’uomo sono i cardini della sua filosofia produttiva. «Quando abbiamo rilevato i 5 ettari di vigna, 30 anni fa, abbiamo riportato la tradizionale coltivazione ad alberello e i muretti a secco che da queste parti si usano da 2 mila anni. Non puoi passarci in mezzo col trattore e l’iPad: il lavoro manuale è l’unico possibile. Ma è anche il nostro concetto di economia sostenibile; investiamo sulle persone, maestranza di vitivinicoltori etnei, così le nostre risorse alimentano questo territorio e la sua ricchezza».
Per rendere l’idea dell’eterogeneità anche in un territorio tanto vocato Salvo ci mette poco: «Quando qualcuno dice di avere una vigna a Milo gli si risponde “unne in Milo?”, “dove di preciso?” Le nostre uve sono nella Contrada Caselle (una delle nove in cui è divisa la zona di Milo, ndr), a un’altitudine di 800 metri. Qui c’è più escursione termica, la maturazione è più lenta e la cenere del vulcano è più abbondante. Vuol dire terreni con più ferro, più silicio e magnesio». E vini più sapidi, freschi e verticali. Alcuni dei quali fatti ancora in uno dei tanti palmenti in pietra lavica, antichi sistemi di vinificazione etnea.

Adiacenti e distinti: i suoli colati  dal vulcano

Un esempio del versante Nord della denominazione, fazzoletto d’elezione per i rossi, ce lo raccontano le facce giovani di Jacopo Maniaci, amministratore delegato di Tenuta di Fessina, Giulia Monteleone, che insieme al padre Enrico gestisce l’omonima Cantina, e Benedetto Alessandro, enologo e fil rouge delle due realtà limitrofe. Come spesso nelle vigne etnee, anche nel “clos” di Contrada Moscamento di Rovittello, sette ettari cinti da muretti di roccia lavica per mettere insieme i quali ci sono voluti anni di contrattazioni con una ventina di proprietari differenti, c’è un melting pot varietale. Qui convivono «otto differenti biotipi di Nerello Mascalese, alberelli di Nerello Cappuccio e di uve bianche come Catarretto, Carricante e Minnella», ci spiega Maniaci.
E straordinaria è anche la diversità geologica originatisi dallo sgretolamento di diversi tipi di lava, di età geologiche differenti. A occhio nudo si può distinguere la demarcazione tra i suoli figli della maestosa colata del 1911, causata della nascita del cratere di nordest, e da quella del 1809. La prima «ha formato una depressione con sostrato sottile e pietroso, scavato da secoli di piogge, che smorza la vigoria delle piante favorendo la concentrazione nei vini; la seconda, solidificatasi più in fretta, è coperta da suoli sabbiosi più profondi da cui nascono nettari eleganti, dal tannino finissimo», spiega l’enologo.

Come un incantesimo

La famiglia Biondi è proprietaria di sei ettari nel comune di Trecastagni, sul versante sudest del vulcano, fin dal sedicesimo secolo. Terre con le quali il nonno e il prozio di Ciro, che dal 1999 ha avviato il recupero di vigne abbandonate per quasi 40 anni, facevano vini degni della menzione nel Grande Libro d’oro per decreto del re Vittorio Emanuele III di Savoia. Un’eredità che ha sempre nella diversità la sua ricchezza.
In questa parte di vulcano, caratterizzata dai numerosissimi coni eruttivi ormai spenti, la vicinanza del mare soffia nei calici una sapidità che altrove non c’è. Vigna Chianta si trova ad un’altitudine compresa tra i 600 e i 700 metri su un cratere risalente al 125 a.C. ed è popolata in prevalenza da vitigni a bacca bianca (Carricante, Catarrato e Minella). Cisterna Fuori, sempre all’interno della Contrada Ronzini, è piantata sullo stesso cratere ma produce prevalentemente Nerello Mascalese e Cappuccio.
Poche centinaia di metri e tutto cambia.
«I suoli di San Nicolò sono completamente diversi», sottolinea Ciro Biondi, «antichissimo retaggio di un cratere probabilmente vecchio di 12 mila anni e producono esclusivamente Nerello. Di analizzare nel dettaglio questi suoli tuttavia non mi è mai passato per la testa, se lo facessi probabilmente cambierei il mio approccio e invece sono convinto che il vino sia un incantesimo, non una formula chimica come quella della Coca Cola». E la magia dell’Etna sta conquistando sempre più consumatori e produttori.

Foto di apertura: Vigna Chianta di Biondi si trova in Contrada Ronzini nel comune di Trecastagni sul versante sudest dell’Etna

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© Riproduzione riservata - 13/10/2022

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