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Hofstätter: sublime Pinot nero

15 Marzo 2010 Roger Sesto
Per Martin Foradori, titolare della Cantina, il Pinot nero è una passione. «È dal 1958», racconta, «che la mia famiglia lo vinifica in purezza. Nel 1978 avviene la svolta, con l’identificazione di una vigna di particolare valore, la Tenuta Barthenau: nasce così il nostro primo Pinot nero Riserva. Ma non basta. Dopo un’attenta mappatura del vigneto, identifichiamo una particella di 3 ettari di vecchie viti, innestate nel 1962 grazie a una selezione massale di ceppi del 1942, oltre ad altri 3 ettari particolarmente vocati: in totale 6 ettari di assoluta eccellenza. Da questi scaturisce, dal 1987, il Villa Barthenau Vigna Sant’Urbano Pinot nero Alto Adige Doc, una sorta di cru nel cru. Mentre il “vecchio” Barthenau, che nel frattempo è andato a includere uve di due altre tenute, è stato rinominato più genericamente Riserva Mazzon». Avevate capito di aver creato, con il Villa Barthenau Vigna Sant’Urbano, il Pinot nero più longevo della Penisola? «Le aspirazioni c’erano e confidavamo nelle due particelle identificate come base per il Sant’Urbano, ma da qui ad avere la certezza di questo loro straordinario potenziale ne passava. Al momento di assaggiare per la prima volta il 1987, lo abbiamo però subito trovato straordinario». Quali sono le migliori annate di questogioiello, delle quali avete uno storico interessante? «Il 1987, il millesimo di partenza, è stato molto particolare, forse un po’ carico di legno all’inizio, per l’uso, all’epoca, di sole barrique nuove. Ma oggi il rovere si è riassorbito e il vino è strepitoso. Già nel 1989, la vendemmia che lo consacrò, dosammo l’impiego dei fusti nuovi, via via ridottosi nel tempo. La 1993 è stata la mia prima annata. La 1997 è tra le migliori in assoluto: un’uva perfettamente matura ha infuso nel vino una possente ma dolce carica tannica. Il 2002 è stato interessante, giocato su finezza ed equilibrio, non così segnato dalla pioggia come in altre regioni». Il mercato come ha reagito alla proposta di vini così longevi? «All’inizio producevamo 10 mila bottiglie di Sant’Urbano, oggi siamo arrivati a 18 mila. Sino al 2002 ne accantonavamo 360 ad annata, dal 2003, proprio per fronteggiare una domanda sempre più consistente (negli Stati Uniti da tempo, e oggi anche in Italia), abbiamo progettato di conservare almeno 1.000 unità a millesimo».

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