In Italia In Italia Elena Erlicher

Graziano Prà sceglie il tappo a vite per le riserve

Graziano Prà sceglie il tappo a vite per le riserve

Una decisione in controtendenza quella di Graziano Prà, che scardina la regola che vuole questo tipo di chiusura valida solo per i vini giovani. I suoi Soave Classico Doc si distinguono per un maggior potenziale di longevità. Ma anche il Valpolicella Doc non è da meno.

Il tappo a vite, già ampiamente usato all’estero, è da qualche tempo entrato nell’orizzonte del wine lover italiano. Ma in genere se ne apprezzano i pregi – come quello di preservare la freschezza – sui vini di pronta beva o comunque non suscettibili di lungo invecchiamento. Un pregiudizio? Forse sì, perché ci siamo dovuti ricredere quando abbiamo assaggiato i vini di Graziano Prà di Monteforte d’Alpone (Verona), in un pranzo degustazione al Ristorante Trussardi by Giancarlo Perbellini di Milano, il 9 febbraio. Graziano, infatti, è convinto che il tappo a vite garantisca una longevità e un’integrità ai suoi vini maggiore di quella che si può ottenere con il tappo tradizionale. E ce lo ha dimostrato con un assaggio comparato tra i suoi Soave Doc 2012 Otto, dove ha messo alla prova entrambe le tipologie di chiusura.

Graziano Prà
Graziano Prà possiede 40 ettari nella zona del Soave Classico e 8 in Valpolicella orientale

Tappo a vite vs sughero

Il risultato è stato sorprendente anche per noi, con differenze che si notano a partire dal colore, paglierino brillante quello del vino tappato a vite e più intenso dorato con il tradizionale. Il primo è un’esplosione di fragranza e ricchezza di aromi, melone, acacia, flinty, crosta di pane, e ha il sorso fresco e minerale che ricorda quello di un eccellente Riesling. Il secondo, pur essendo ancora un ottimo vino, offre uno spettro aromatico meno ampio e si esprime quasi “in sordina” rispetto al suo fratello con tappo a vite.

La scelta risale al 2010

«Ho iniziato a usare il tappo a vite nel 2010, prendendo ispirazione all’estero (Montrachet)», dice Graziano Prà, «e mi ha sempre convinto. Il tappo a vite è tanto adatto alle riserve, da confutare l’assunto che lo vuole idoneo solo per i vini d’annata. Piuttosto è vero il contrario: cioè il sughero per i vini d’annata e il tappo a vite per preservare gli aromi delle riserve, donando loro maggior longevità. Per il momento la chiusura a vite è dedicata, oltre che al Soave Classico Doc (per tutti quelli in gamma), al Valpolicella Morandina. E non c’è dubbio che, se il disciplinare lo permettesse, Graziano lo userebbe anche per il suo Amarone Morandina. «Ma questo non è possibile», si rammarica il produttore veronese, «anzi, è già stata una battaglia ottenere la chiusura a vite per il Valpolicella Doc».

Il Soave Doc 2012 Otto con tappo a vite (a destra) e sughero (a sinistra), con la focaccia di scampi e maionese di lattuga proposta dallo chef Giancarlo Perbellini

Le potenzialità del Soave Doc

La maggior parte dei vigneti di Graziano Prà (40 ettari) si trova nella zona collinare classica del Soave. «Credo nelle potenzialità dei nostri bianchi», e continua, «il Soave è nato come una denominazione focalizzata sulla quantità e ha creduto poco nelle potenzialità di un territorio che può dare il suo massimo nei vigneti di collina, che naturalmente limitano le rese della Garganega, con la possibilità di creare grandi vini. Molta strada è stata fatta lungo il percorso della qualità, ma bisogna lavorare ancora sul prezzo».

I quattro Soave di Graziano

L’azienda produce quattro etichette di Soave Classico, tutte con tappo a vite. Il più giovane Otto, 100% Garganega da vigneti di 30-60 anni, deve il nome all’amato border collie di Graziano Prà (350.000 bottiglie, 13 euro). Lo Stafforte, selezionato dalle migliori partite di Otto, affina in acciaio con bâttonage per 6 mesi (15.000 bottiglie, 18 euro). Il cru Monte Grande (Garganega 70%, Trebbiano di Soave 30%), in stile Borgogna, nasce da un vigneto storico della famiglia, esposto a sud-est, ricco di acqua nel sottosuolo, dove Graziano ha sperimentato il taglio del tralcio per 30-40 giorni per ottenere maggior concentrazione ed eleganza (15.000 bottiglie, 25 euro). La Riserva Colle Sant’Antonio vede l’utilizzo della stessa tecnica di appassimento in pianta del Monte Grande e affina per 2 anni in botti grandi da 30 hl.

Un Valpolicella unico

Una nota di merito per il Valpolicella Morandina con tappo a vite, un vino davvero singolare e unico a tal punto da aver “mancato” per due anni di seguito la fascetta di stato perché giudicato dalle commissioni d’assaggio “poco tipico”. Ma, come fa notare Graziano Prà, «non c’è nulla di più tipico del mio Valpolicella, frutto del terreno particolare da cui provengono le sue uve (Corvina, Corvinone, Rondinella, Oseleta); 8 ettari coltivati biologicamente all’estremità orientale e più fredda della Valpolicella (Mezzane, Tregnago), a 400 metri d’altezza, su suolo ricco di calcare, come sa essere la Borgogna. I vini che nascono qui rappresentano una Valpolicella insolita. Sono magri, scarni, eleganti, ma non immediati, il palato deve imparare a conoscerli».

Foto di apertura: dal 2010 Graziano Prà ha deciso di chiudere i propri vini con il tappo a vite per aumentare il loro potenziale d’invecchiamento

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© Riproduzione riservata - 25/02/2023

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