Sia che si scelga l’aiuto della chimica sia che si preferisca l’ortodossia della naturalità, bisogna dar vita a un prodotto sicuro. L’enologa Graziana Grassini, chimica e biologa di formazione, spiega come limitare l’accumulo di sostanze rischiose nel calice.
L’articolo fa parte della Monografia Vino e Salute
(Civiltà del bere 2/2022)
Micotossine. Ammine biogene, tra le quali la più nota è l’istamina. Acetaldeide. Oltre all’alcol esistono altre sostanze alle quali prestare attenzione nel vino. Processi di fermentazione e conservazione condotti senza adeguate conoscenze e precauzioni possono portare alla formazione e l’accumulo di alcune componenti fastidiose. Altre possono manifestare i loro effetti in funzione dell’assorbimento dell’alcol stesso da parte dell’organismo umano. E se assunte in quantità eccessiva, avere un retrogusto amaro fatto di nausee e cefalee.
«Il vino è contenitore di noti “antiossidanti allunga-vita” e limitatore di colesterolo, trigliceridi e glicemia basale; i benefici di un consumo responsabile sono inconfutabili». È la premessa di Graziana Grassini, una delle più influenti personalità nel panorama enologico internazionale, chimica, biologa e consulente di molte aziende vinicole come Tenuta San Guido. «Quella che amiamo però è una bevanda derivata da complessi processi produttivi, che esigono competenze specifiche. Il vino si può realizzare anche in garage, ma solo se viene “fatto con la scienza” è sicuro e può limitare l’accumulo di sostanze in grado di influenzare negativamente la nostra salute». Un discorso che parte dalla vigna, ma vale altrettanto in cantina.
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