Food Food Giovanni Caldara

A Carnevale ogni dolce (fritto) vale

A Carnevale ogni dolce (fritto) vale

Durante i giorni del Carnevale non può mancare l’assaggio dei dolci fritti, meglio se con una generosa dose di zucchero sopra. Via libera allora a tortelli, chiacchiere, ciambelle e altre specialità della tradizione regionale.

Carnevale in cucina è sinonimo di gola, dolci e invito a far festa. Celebra la voglia e il puro piacere di mangiare. “Di giovedì grasso tutte le padelle fanno fracasso” recita un detto marchigiano. Gli fa eco, nel Milanese (dove il Carnevalone dura quattro giorni in più) quell’“odore di giovedì grasso” che indica il profumo di tortelli spolverati di zucchero. In effetti è proprio il fritto il cibo perfetto per la stagione delle maschere. Momento di baldoria gastronomica prima dei rigori della Quaresima.

L’arte di friggere

Frittelle piene di vento” le definì, poeticamente, nel Quattrocento un cuoco come il Maestro Martino da Como. “Si gonfieranno che pareranno piene e saranno vote”, sentenziava. Alexandre Dumas, il papà dei Tre Moschettieri, nel suo Grande Dizionario di Cucina scomodò l’autorità indiscussa del gastronomo Brillat-Savarin per sostenere: si nasce cuoco, ma si diventa friggitore. E del resto fu proprio lui, Anthelme Brillat-Savarin, a chiarire quel concetto per cui “tutto il merito di una frittura è affidato alla sorpresa”. Quella che trasforma ogni cosa sotto “l’invasione del liquido bollente”.

Frittelle spolverate con zucchero a velo. Foto di Ivabalk – Pixabay

Regole per la frittura perfetta

 “I cibi, nell’istante in cui sono immersi nel grasso bollente, cambiano aspetto, colore, profumo e consistenza. Si crea una crosticina che avvolge, solidifica l’alimento e, molto spesso, permette quella piacevole trasgressione che è il mangiare con le mani”, annota Paolo Petroni, presidente dell’Accademia italiana della Cucina. Friggere senza rovinare il cibo ed evitando che diventi dannoso per la salute è quanto richiesto al friggitore esperto.

Conoscere il punto di fumo

Dimensioni ridotte dei cibi e assenza di acqua o poca umidità sulla loro superficie. Ma anche tecnica di cottura veloce. Bisogna conoscere il punto di fumo, vale a dire la temperatura alla quale il grasso in cui si frigge va incontro al processo di ossidazione, liberando sostanze tossiche alla salute. L’olio di arachidi degrada a 230° C, lo strutto ha un punto di fumo molto elevato: all’incirca sui 240°, l’olio extravergine di oliva è stabile fino ai 200° C. La temperatura ideale per friggere va dai 160 ai 180°.

Krapfen classico e rivisitato in chiave gourmet

È storia di contaminazioni, anche linguistiche, quella dei dolci fritti di Carnevale. Krapfen, la frittella dolce lievitata tipica dell’Alto Adige, riecheggia nella parola graffe, le ciambelle tipiche napoletane. Quando il dolce ripieno diviene opulento, il Passito Prima Luce a base di Trebbiano di Lugana, Garganega e Sauvignon blanc della Cantina veronese Ottella contribuisce a sgrassare con la sua acidità, mentre il palato viene avvolto in una spirale cremosa. Chicco Cerea, chef tre stelle Michelin del ristorante Da Vittorio a Brusaporto (Bergamo), ne ha offerto una versione salata: il suo “Sciur Krapfen” ha una farcia con il peccaminoso gorgonzola. 

Tutti i modi (e i luoghi) per dire chiacchiere 

Vera e propria esuberanza lessicale è quella che contagia le chiacchiere: sfoglie fritte ricoperte di zucchero croccanti e friabili, leggere e prelibate. A Milano si chiamano così, ma ogni regione o quasi ha il suo termine per designarle. Galani veneti, grostoli trentini, frappe laziali, sfrappole bolognesi, intrigoni reggiani, cenci toscani, carafoi dei paesi di lingua ladina. Ancora più su, oltre le Alpi, troviamo i Chneublätz, letteralmente “toppe per le ginocchia”, le frittelle che identificano uno dei carnevali più celebri, quello di Lucerna. 

biscotti sul ginocchio - dolci tipici del famoso Carnevale di Lucerna
I Chneublätz, tipici del Carnevale di Lucerna

Altre prelibatezze regionali

Tra le chicche di Carnevale troviamo anche le ciambelle fritte abruzzesi con le patate del Fucino, più consistenti e meno acquose, così da permettere alla frittura una cottura uniforme. In Romagna i tortelli con una rara varietà di pera, la Spadona. E, ancora, le origliettas della Gallura immerse nel miele profumato all’arancia. E le elaborate cuddrireddri di Delia, in Sicilia, aromatizzate all’arancia e alla cannella. Meraviglie che è bello gustare sorseggiando un vino prezioso, dolce e mielato come il Vino del Volta, passito di Malvasia di Candia aromatica dell’azienda piacentina La Stoppa.

Foto in apertura di Pezibear – Pixabay

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© Riproduzione riservata - 16/02/2021

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