Dal nostro archivio (1974): Impegno per la qualità

Dal nostro archivio (1974): Impegno per la qualità

Vi riproponiamo il primo editoriale del primo numero di Civiltà del bere, uscito il 10 gennaio 1974. Il direttore Vincenzo Buonassisi spiega perché “c’era bisogno di una voce nuova” per affrontare “i grandi temi della produzione, della distribuzione, del consumo”. Ecco quindi le “credenziali” e le “intenzioni” del gruppo di lavoro alla guida della rivista. Partecipazione attiva, indipendenza da qualsiasi interesse e ricerca costante di prestigio e fiducia. La “battaglia per la qualità, senza riguardi per nessuno, a vantaggio di tutti coloro che hanno la stessa idea” era appena cominciata.

Guardate un chicco d’uva. Nella sua luminosa freschezza, l’inizio di un ciclo, che in qualche modo raccoglie la storia dell’uomo: lunghe fatiche e lunghe stagioni, i ritmi del sole e dell’acqua, il miracolo – ancora oggi – della pigiatura, della fermentazione, della nascita del vino, cure, speranze, attese; e infine la felicità di stare insieme, davanti a una bottiglia genuina, allevata a regola d’arte. Ma non c’è mai stato un tempo, nella storia dell’uomo, in cui il vino sia salito, come nel nostro, a tanto prestigio, a tanta raffinatezza di tecnica e di produzione, a tanta importanza nel costume, negli usi della tavola, nel quadro di una bilancia economica.

Spinta positiva verso la qualità

Conviene riflettere su questo fatto: che le sofisticazioni, le frodi contro cui giustamente si è gridato e si grida, che si devono combattere senza flessioni e senza cedimenti, sono anche l’altra faccia, la faccia negativa di un fenomeno, di una spinta per altri versi straordinariamente positiva. C’è un ritorno al vino, che significa vino di qualità. Si incomincia a capire sempre più che gli sforzi di chi si adopera e combatte per produrre questo vino meritano onesta considerazione e adeguata remunerazione. Sono sempre più numerosi – una minoranza che cresce, che presto, speriamo, non sarà soltanto élite – coloro i quali sanno valutare, apprezzare, scegliere un buon vino; farne il protagonista di un pranzo riuscito, alla mensa casalinga, alla tavola di un ristorante che si rispetti.

Perché una voce nuova

Ecco perché molti si occupano anche di scrivere del vino; e le pubblicazioni che ne trattano in modo specifico sono molte, di vario indirizzo e rango. E tuttavia c’era forse bisogno di una voce nuova: vediamo le ragioni. Non si può fare a meno, quando si pubblica il numero uno anno primo di un qualsiasi fascicolo o foglio stampato, non si può fare a meno di dichiarare le proprie intenzioni e le proprie credenziali, anche se in verità ciò che conta, il discorso di base, va riscontrato nel contenuto di tutti gli scritti, nella continuità del colloquio con i lettori.
Perché dunque Civiltà del bere? La testata è già un segno. Noi intendiamo la presenza del vino sulla tavola come un momento di civiltà, di gusto: la civiltà della vite, delle nostre radici mediterranee, un modo di rimanere legati a una storia, a una tradizione, a un carattere. Parole grosse? Non per chi sa “leggere” in una bottiglia la sua vicenda, i suoi legami con l’ambiente naturale e umano. E quando parliamo di vino parliamo, naturalmente, di tutto il ciclo a cui si accennava prima, al ciclo dei distillati, anche ad altre bevande che hanno posto nella nostra alimentazione e nella nostra vita.

Approccio umanistico, indipendente e autorevole

Beninteso, questo modo umanistico di considerare il ciclo del vino e del bere non si fermerà – ne abbiamo chiara intenzione – ad una affermazione astratta, a una considerazione puramente letteraria, per quanto elevata e producente. Sarà una partecipazione attiva, invece, ai problemi del vino e del bere: problemi continui, gravi, perché le insidie sono continue, derivanti da errori e inganni. Ma proprio per questo, prima di accennare ai grandi temi del nostro impegno, vogliamo chiarire le premesse: che sono quella di un’assoluta indipendenza da qualsiasi interesse particolare, in qualsiasi forma possa presentarsi; e quella di un’assidua, mai bastevole ricerca di prestigio e di fiducia sul piano giornalistico, sul piano dell’esperienza e della tecnica produttiva commerciale.

A chi si rivolge Civiltà del bere

Questi sono i nostri capisaldi e ne sono garanti, prima di tutto, i nomi dei nostri collaboratori, che troverete sfogliando Civiltà del bere. Abbiamo, naturalmente, degli amici, che credono nelle nostre premesse e intendono difenderle con noi, senza veli. Questa pubblicazione si rivolge tanto ai responsabili del settore del bere, in sede politica, tecnica, amministrativa, quanto agli operatori, a tutte le categorie di operatori che si raccolgono in varie associazioni; tanto agli appassionati quanto ai consumatori: in un discorso che non può non essere comune. Alla categoria di operatori, in particolare, Civiltà del bere arriverà inviata non da noi, ma da alcuni produttori che hanno ritenuto utile a tutti la battaglia della qualità: questa è l’unica intesa reale e lecita. Noi ci batteremo per la qualità, senza riguardi per nessuno, a vantaggio di tutti coloro che hanno la stessa idea. Nessun altro impegno, nessuna condizione.

50 anni di storia del vino
La copertina del primo numero di Civiltà del bere, opera del pittore e scultore Aligi Sassu

Riflettori puntati su grandi temi del settore

A coloro che si trovano in posizioni responsabili, per tutto il settore del bere, diciamo, in particolare, che intendiamo affrontare i problemi ad esso legati, anche i più gravi, i più scottanti, con l’intento di mettere in luce ogni aspetto, di nulla nascondere e nulla trascurare: non certo per intenzioni scandalistiche ma per contribuire ad un bene comune. Agli operatori, in particolare, desideriamo che arrivino le nostre idee, le nostre inchieste; ma ci guardiamo bene dal volere interferire nella loro vita associativa, di creare legami, problemi organizzativi. Vogliamo la loro simpatia, la loro collaborazione in quanto essi, più di altri, potranno farci sapere quali sono le battaglie da svolgere per il bene di tutti, ci potranno dare argomenti, contributi tecnici, indicare lo spirito migliore per affrontare ogni questione.
Ci dedicheremo dunque ai grandi temi della produzione, della distribuzione, del consumo, che sono gravi, lo ripetiamo, sempre più complessi, difficili, a volte spinosi. In questo senso pensiamo che vi sia spazio e necessità di una nuova voce; e faremo di tutto perché la nostra sia adeguata al momento, all’evoluzione delle cose; senza trascurare d’altra parte incontri con personaggi e ambienti, rubriche informative, tecniche, qualche excursus nel mondo della fantasia creativa.

Sguardo verso la produzione estera, salvaguardia del made in Italy

Qualche esempio di questi contenuti lo troverete subito in questo primo numero. Possiamo accennarne altri, sempre a titolo esemplificativo: come gli sviluppi della denominazione di origine controllata, nei suoi lati positivi e nelle sue eventuali deviazioni; problemi di produzione tra nord e sud d’Italia, di politica regionale, di interventi dei poteri pubblici; di atteggiamenti, scambi, pericoli nell’ambito del mercato comune: basti pensare agli scontri alla CEE, per l’imposta sul vino oppure sul problema dei contenitori. Ci interessa molto il confronto con la produzione e la concorrenza straniera: in pieno rispetto per la qualità degli altri, quando c’è, ma senza bende agli occhi, quando i miti diventano pretesti per concorrenza sleale – vedi la questione del nome grappa – o addirittura per la diffamazione del vino italiano. Per questi impegni e altri consimili vi chiediamo di seguirci.

Vincenzo Buonassisi, direttore di Civiltà del bere dal 1974 al 1979

Foto di apertura © logoboom – Shutterstock ed elaborazione grafica © V. Fovi

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© Riproduzione riservata - 19/01/2024

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