La punta di diamante della piramide qualitativa della Doc scaligera si affaccia sul mercato con etichette che uniscono libertà espressiva, identità territoriale e promessa di longevità. La ricerca appassionata di Albino Piona, La Cavalchina e Morando. È arrivato il momento di osare
La scorsa settimana abbiamo fatto il punto sulla Doc Custoza, una denominazione con oltre mezzo secolo di storia alle spalle, che sta studiando nuove modalità di espressione restando fedele alle sue uve tradizionali. La versione Riserva, introdotta nel disciplinare nel 2019 e immessa in commercio nel 2024, ha le carte in regola per diventare il trampolino di rilancio della Denominazione, mettendo in evidenza le doti di longevità e la capacità delle aziende di interpretare il territorio e imporre la propria firma stilistica.
La scelta del tipo di affinamento è libera
Per il momento sono soltanto sei le Cantine ad averla rivendicata, ma siamo all’inizio del percorso ed è già stato fatto un primo lavoro di posizionamento, che ha portato a un prezzo concordato di circa 24 euro. Il Custoza Riserva prevede 12 mesi di affinamento, ovvero 6 mesi in più rispetto alla versione Custoza Superiore. L’utilizzo del legno non è obbligatorio; la scelta è libera tra vari contenitori (acciaio, cemento, legno, anfora), a dimostrazione di come questo vino si proponga come un bianco autoriale, frutto di decisioni individuali per interpretare con il proprio vissuto di esperienza, il territorio in prospettiva.
Albino Piona: evoluzione e appeal gastronomico
Il racconto delle prime prove d’autore del Custoza Riserva ci porta da Albino Piona, un’azienda storica fondata nel 1893 (già si produceva vino sfuso soprattutto per la trattoria di famiglia), con le prime etichette databili agli anni Quaranta. Si estende su 50 ettari (suddivisi in vari comuni: Villafranca, dove ha sede l’azienda, Valeggio, Sona e Sommacampagna) con una produzione di 350 mila bottiglie. Alessandro Piona, quinta generazione alla guida insieme al fratello Massimo, ha presentato quest’anno per la prima volta la Riserva 2021. Le uve, provenienti dai vigneti dei quattro comuni, vengono vinificate separatamente. Il 50% della massa affina per 6 mesi in tonneaux di II passaggio, il resto rimane in vasca. Il blend comprende Bianca Fernanda, Trebbiano toscano, Trebbianello e Garganega. «Credo che la Riserva sarà un rilancio per la denominazione», racconta Alessandro Piona. «Avremo la possibilità di dimostrare, ognuno con la propria interpretazione, che il territorio e le nostre uve si esprimono meglio con l’evoluzione. Penso che la nostra Riserva sia anche un vino gastronomico, grazie alla sua struttura si può abbinare persino alle carni. Al momento ne produciamo 1.200 bottiglie, ma prevediamo una percentuale di crescita al 20%».
La Cavalchina: il modello di un bianco da lungo affinamento
La Cavalchina, ora guidata da Franco Piona e dal nipote Francesco, figlio del compianto Luciano, risale al 1948. È una delle aziende che ha fatto la storia del territorio e che si è dedicata con convinzione al progetto Riserva, proponendo già nel 2024 la prima annata di Rabitta 2020, la propria interpretazione di Custoza Riserva. Le uve di Bianca Fernanda, Garganega, Trebbiano toscano rappresentano il 90% del blend, con saldo di Chardonnay. I mosti vengono fermentati separatamente in barrique di II o III passaggio, dove affinano per circa un anno. La malolattica viene svolta, per dare maggior morbidezza e cremosità al vino. «Quest’anno siamo usciti con la 2022, passo dopo passo perfezioniamo l’idea del vino che abbiamo in mente», spiega Franco Piona. «La Riserva è una grande opportunità, non solo per il territorio, ma anche per noi produttori. Mantenendo infatti il filo conduttore delle uve del nostro areale, abbiamo potuto inserire un vino nuovo, la punta della piramide del Custoza, che ci consente di dare una nostra interpretazione stilistica. Resto sorpreso a volte della versatilità delle nostre uve, capaci di dare risultati differenti se lavorate in modo diverso. L’intento è quello di proporre delle Riserve capaci di confrontarsi con i bianchi da lungo affinamento».

Morando: un’opportunità per osare di più
La terza azienda, pur essendo tra le ultime nate, viene fondata nel 1993 (anche se la famiglia Morando produceva vino sfuso dal 1930). Otto ettari per 50 mila bottiglie, vendute per metà nel proprio wine shop di Bussolengo e metà in Horeca. La ventiquattrenne Silvia Morando, dopo la laurea in Enologia, dal 2022 è pienamente operativa in azienda, affiancata in cantina dal padre Adriano. Fa parte del Gruppo Giovani del Custoza, costituitosi in modo non istituzionale nell’autunno del 2024. «Riteniamo la Riserva un’opportunità distintiva», afferma, «e una lettura territoriale in chiave d’identità aziendale. La nostra idea sarebbe di iniziare, con la vendemmia 2025, a mettere a fuoco in versione Riserva il nostro Custoza 218 (dal numero della particella sulla mappa catastale), che già fa 10 mesi in acciaio e 6 mesi di bottiglia, da mettere in commercio non prima del 2027. La Riserva dà ai produttori l’opportunità di osare di più, puntando a uno stile che privilegi la complessità e la longevità».