Cosa succede in Franciacorta

Cosa succede in Franciacorta

Record di bottiglie spedite ed export dinamico. La Franciacorta è una denominazione in salute, attenta ad analizzare mercati e tendenze. La sperimentazione sull’autoctono Erbamat, la generale riduzione dei dosaggi, le precise scelte nella comunicazione e nelle sponsorizzazioni.

C’è probabilmente un solo, vero, grande problema che un comprensorio come quello della Franciacorta si trova a dover cercare di risolvere, seppur non abbia grandi margini di manovra in questo caso: non c’è vino a sufficienza. Per il resto, al netto di possibili miglioramenti sempre auspicabili e possibili, definire questa denominazione in salute non è certo un azzardo, quanto un dato di fatto. E in questo angolo di vigneto lombardo – 3.240 ettari, il 55% dei quali a conduzione biologica – il dinamismo non è mai certo mancato. È insito nello stesso Dna della stragrande maggioranza dei produttori qui presenti, degni rappresentanti di uno spirito imprenditoriale che li anima sin dalla nascita di questa denominazione.

Abbattuto il muro dei 20 milioni, ma si potrebbe arrivare a 25

I freddi, ma indicativi, numeri ci dicono che sia nel 2021 che nel 2022 sono state spedite poco più di 20 milioni di bottiglie con tappo a fungo, gabbietta e fascetta del Franciacorta Docg. È presto per conoscere l’andamento del primo semestre di quest’anno; ma il primo trimestre 2023, ci dice il Consorzio di tutela, riporta un trend molto positivo rispetto agli anni precedenti. Un record, considerando che in epoca pre-Covid ci si era sempre fermati sotto i 18 milioni. E la potenzialità, nel caso di annate normali dal punto di vista quantitativo, sarebbe da 25 milioni.
«La difficoltà delle aziende franciacortine è che non c’è prodotto», ci spiega Silvano Brescianini, produttore e presidente del Consorzio. «L’ultima annata generosa è stata la 2018, non male neanche la 2020. Invece 2019, 2021 e 2022, per motivi diversi (l’anno scorso la siccità, prima invece grandinate e gelate), sono state annate deficitarie. Teniamo quindi la posizione, ma non possiamo crescere». 

Il 55% dei vigneti in Franciacorta è a regime biologico

Export minoritario, ma costantemente in crescita

L’export è sempre stata una voce marginale, sebbene non secondaria dal punto di vista economico; certamente utile per i suggerimenti in grado di fornire su stili e percezione dei consumatori nei diversi mercati di destinazione. Nel 2022 l’11,5% (+0,2% rispetto al 2021) dei Franciacorta ha varcato i confini italiani, vale a dire circa 2,3 milioni di bottiglie. Svizzera, Giappone e Usa i tre primi principali mercati. L’Asia in generale per ora non rappresenta un mercato determinante, ma d’altronde colossi come Cina e India non lo sono neanche per lo Champagne.
Il presidente Brescianini traccia una sorta di identikit del consumatore estero che compra Franciacorta: deve avere un certo grado di cultura enoica generale, quindi deve sapere cosa sia un vino effervescente, e deve essere facoltoso. Questo spiega perché uno stato più piccolo della Lombardia, come la Svizzera, continui a essere il principale mercato di destinazione estera. Il Giappone, dopo il Covid, si sta riprendendo, anche se più lentamente. Gli Usa hanno un potenziale ancora notevole, ma non è facile da approcciare, considerando l’enormità di un mercato dove i singoli stati hanno, oltre che leggi, anche dinamiche non certo uniformi.

Dosaggi sempre più bassi, ma non è solo una nuova tendenza

Il periodo storico dei Franciacorta più larghi che dritti, nonostante non manchino eccezioni, come è giusto che sia, sta diventando ormai un lontano ricordo. Oggi anche i Satèn, tipologia più morbida e quasi cremosa al palato, ha via via sposato dosaggi a volte quasi severi. Ma è la pancia del mercato dei Franciacorta, vale a dire i Brut, a certificare il cambiamento in atto. Spesso sono interpretati dai produttori in sottrazione dal punto di vista dello zucchero, con dosaggi anche abbondantemente sotto il limite consentito dal disciplinare, ovvero i 12 g/l, e sempre più border line con Extra Brut e Non Dosati.
Sono tanti i produttori che potrebbero essere segnalati come interpreti di questo stile. Ne citiamo uno solo che del “senza zucchero” ha fatto da tempo un marchio di fabbrica. L’azienda Vezzoli utilizza il Metodo SoloUva: niente zucchero in nessuna fase, ma solo mosto d’uva. Tra le diverse tipologie prodotte segnaliamo il suo Franciacorta Vendemmia Zero Dosage Zero, con uno stile giocato su severità e asciuttezza, note minerali e agrumate.

Annate calde? Serve meno zucchero

Se è certamente vero che una buona fetta della attuale critica e, probabilmente, anche dei consumatori finali, ha cambiato quello che potremmo definire il loro “paradigma degustativo” in nome della ricerca di una maggior freschezza e dinamicità, che nel Metodo Classico si traduce anche in un minor dosaggio, questo cambiamento nei Franciacorta risponde anche ad altri motivi secondo Brescianini.
«Di zucchero ne serve meno. Le annate più calde portano ad avere acidità più equilibrate e quindi si può utilizzare meno zucchero. A questo bisogna inoltre aggiungere un livello generale di qualità molto elevato nella gestione delle uve, dalla vendemmia alla pressatura, che fa sì che i vini siano più equilibrati senza l’utilizzo di dosaggi».

Erbamat, un’uva antiage…

Tranne che per la tipologia Satèn, l’Erbamat, autoctono dimenticato e poi recuperato nonché inserito nel disciplinare di produzione con la modifica del 2017, si può utilizzare nelle cuvée per un massimo del 10%. Ovviamente in questo momento la sua superficie vitata è poco più di una testimonianza pari allo 0,3% di quella complessiva in Franciacorta, così come sono ancora poche le aziende che lo utilizzano. Si è sempre detto che questa varietà consente di contrastare il cambiamento climatico in atto avendo a disposizione più acidità. Tutto vero, ma quest’uva un tempo abbandonata ha un’altra caratteristica: è povera di polifenoli. Significa che oltre ad avere un color bianco carta dopo la vinificazione, fa invecchiare più lentamente il vino. Nelle prove effettuate sino ad ora, più la sua percentuale nelle cuvée si alza, più il Metodo Classico che se ne ottiene ha bisogno di tempo per essere realmente pronto ed equilibrato.

…sempre più studiata

Ad oggi sono presenti tre cloni ufficiali e riconosciuti di Erbamat, ma si sta lavorando con con il supporto del professor Marco Stefanini della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige sulla riproduzione da seme. Ci vuole tempo. Il progetto è partito nel 2018 e tra due anni sono previste le prime microvinificazioni di vini che probabilmente riserveranno non poche sorprese, considerando che i figli non sono mai uguali ai padri e quindi si potrebbe entrare in una nuova fase per questa varietà.
Escludendo le sperimentazioni fuori dal recinto del disciplinare ufficiale, sono pochi i Franciacorta che hanno l’Erbamat nel loro blend in questo momento. Tra questi non si può non citare l’Animante di Barone Pizzini, proprio l’azienda guidata dal presidente del Consorzio, che ha inserito questo vitigno nel vino di punta del suo assortimento con una presenza del 5%. Con la Cuvée 1564 Brut Nature di Castello Bonomi saliamo al 10%; anche in questo caso l’apporto di Erbamat conferisce una dinamicità di bella fattura al sorso, senza nessuna deviazione erbacea, come invece il nome lascerebbe pensare.

Comunicazione e sponsorship: un posizionamento preciso

Una cartina di tornasole per capire dove stia andando la Franciacorta, come posizionamento, e quindi a quale target di consumatori voglia puntare, è certamente quella rappresentata dalle sponsorizzazioni scelte dal Consorzio. Non si può non partire naturalmente con quella più che decennale con la Camera Nazionale della Moda Italiana, e quindi con la Fashion Week. C’è poi la Guida Michelin, che ha stretto un accordo triennale a partire dal 2021 per presentare le sue stelle nel territorio franciacortino. Infine, recentemente la nuova partnership, sempre triennale, con la Television Academy per gli Emmy® Awards.
«Noi siamo una nicchia, quindi cerchiamo di abbinare il Franciacorta all’eccellenza», spiega sempre Brescianini. Le varie settimane della moda milanesi portano dal vicino capoluogo lombardo un indotto alto spendente importante. Con la Michelin si presidia il canale di vendita principale del Franciacorta, vale a dire l’Horeca. Con gli Emmy® Awards, il più importante premio televisivo negli Usa, si parla ad un pubblico trasversale presente in tutto il mondo.
Scelte precise in termini di posizionamento e inevitabilmente distanti da quelle di altri brand del mondo delle bollicine, che hanno numeri decisamente più importanti e giocano praticamente in un altro campionato, che non è quello del Franciacorta.

Foto di apertura: © Strada del vino Franciacorta

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© Riproduzione riservata - 16/06/2023

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