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Cos’è lo Yamasachi, la nuova uva autoctona del Giappone

28 Giugno 2021 Matteo Forlì
Cos’è lo Yamasachi, la nuova uva autoctona del Giappone

Dopo Koshu e il Muscat Bailey A, l’Oiv ha riconosciuto lo Yamasachi, la varietà dell’Hokkaido, che ora potrà apparire in etichetta nelle bottiglie esportate in Europa. Che caratteristiche ha e dove nasce questo vitigno.

Suona un po’ come “la benedizione della montagna” e potrebbe regalare nuovo favore verso la considerazione del vino giapponese fuori dai confini nazionali. Da qualche mese lo Yamasachi (山幸) è stato ufficialmente inserito nel registro delle uve riconosciute dall’Oiv (Organisation internationale de la vigne et du vin). È ora la terza uva autoctona giapponese dopo il Koshu e il Muscat Bailey A e potrà apparire sulle etichette destinate al mercato europeo invece che nascondersi in un generico “vino rosso giapponese”.

Dalle uve autoctone una produzione di nicchia

Il Sol Levante si beve assai più del vino che imbottiglia o vende all’estero. Nel 2020, con la scure del Covid, ha importato 2,6 milioni di ettolitri per un valore complessivo di 1.372 milioni di euro (dati I numeri del vino e Wine Intelligence). Invece appena il 5% della produzione interna, dominata dalle uve internazionali, viene fatta con uve locali. Ma la tendenza potrebbe presto cambiare. La notizia è la conferma del fermento vitivinicolo nella terra del sake: oggi sono più di 300 i produttori di vino sul territorio. Quasi un terzo sono concentrati nell’area di Yamanashi – la patria dei grappoli rosa del Koshu, un centinaio di km a ovest di Tokyo – la più vocata sul territorio nipponico.


La cantina Tokachi Wine, dove è nata la nuova varietà autoctona giapponese, è detta anche “Il Castello del vino” perché ricorda le fortezze medioevali europee

Nata nel 1978 in Hokkaido

Lo Yamasachi, invece (occhio alle sillabe), è un’uva che viene dal profondo Nord. Più precisamente dalla regione di Hokkaido, l’isola più settentrionale dell’arcipelago. È nato nel 1978 alla Tokachi Wine, una piccola Cantina di proprietà dell’amministrazione locale della cittadina di Ikeda, che gli abitanti del posto chiamano “Il Castello del vino” per la sua bizzarra architettura, che ricorda fortezze medioevali europee, e dalla posizione sopraelevata affacciata sulle montagne di Hidaka. Lo Yamasachi è un clone selezionato tra oltre 200 fratellini e creato dall’incrocio dell’uva locale Kiyomi, una varietà citrina che viene anche spumantizzata, con lo Yamabudou (letteralmente “uva di montagna”), una bacca selvatica nota per la sua resistenza alle basse temperature.

Un’uva che resiste al freddo estremo

In queste regioni il termometro scende infatti anche a 20 °C sotto zero in inverno, rendendo difficilissimo il lavoro dei viticoltori. Il Kiyomi coltivato a Hokkaido costringe infatti a complicati interventi in vigna; le viti vengono sotterrate per essere protette dalle gelate durante la stagione più fredda e sono disseppellite in primavera. Una pratica che si può invece evitare con le piante di Yamasachi, più resistenti grazie alla loro parentela “selvatica”. Dallo Yamabudou, la cui buccia è ricca di antociani, la nuova uva eredita anche un colore più scuro, simile al Cabernet Franc, e dà vita a vini più fruttati, corposi con un maggiore tannino rispetto alla progenitrice. A Ikeda con lo Yamasachi si fa pure un ice wine: una rarità che arriva a stento a 500 bottiglie annue. Vendemmiato in dicembre, quando l’asticella di mercurio scende sotto i -10 °C, tocca una concentrazione zuccherina del 40%.

La vendemmia di dicembre, a -10 °C, per produrre il raro ice wine da 500 bottiglie

Una forte connessione con la comunità

Seppur di nicchia la produzione di vino della zona è fortemente connessa alla comunità. L’istituto di ricerca e la Cantina sono finanziate dal Furusato Nozei, un sistema di donazione fiscale, e da iniziative di crowdfunding della comunità. Ogni anno il festival autunnale del vino richiama più di 5 mila visitatori. E nelle vendemmie vengono spesso coinvolti anche gli studenti delle scuole medie che in cambio, alla cerimonia della loro maggiore età (Seijin Shiki, il giorno in cui si celebra il compimento dei 20 anni) ricevono una bottiglia vintage del loro anno di nascita. Chissà che ora il lasciapassare dell’Oiv non diventi un voucher per conquistare nuovi mercati. E far iniziare per il vino giapponese una parabola simile a quella che ha avuto il loro whiskey.

Foto di apertura: l’uva Yamasachi ha un colore scuro che ricorda quello del Cabernet Franc

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