Lunga vita ai drink! La nuova moda dei cocktail invecchiati

Lunga vita ai drink! La nuova moda dei cocktail invecchiati

I cocktail invecchiati, ossia affinati in vetro o in altri materiali alternativi come il legno e le anfore, stanno diventando un trend che, partito dai Paesi anglosassoni, è ormai sbarcato anche in Italia. L’attesa garantisce un’interessante evoluzione al prodotto, rendendo i vari ingredienti perfettamente integrati.

“I drinks sono creature fantastiche ed estemporanee, vivono lo spazio di un minuto, poi si ammalano, intristiscono e muoiono”, scriveva Luigi Veronelli nel 1974 ne I duecento cocktails classici e di fantasia. Non è compito facile dover contraddire l’illustre gastronomo, ma non tutti i cocktail, dopo aver lasciato le mani dei loro sapienti creatori, hanno vita breve.

La diffusione dei cocktail invecchiati

Una delle più recenti frontiere della mixology riguarda proprio l’affinamento di alcuni drink pensati e miscelati in modo che possano invecchiare, esattamente come i vini. È, dunque, un sollievo pensare che, nonostante i locali notturni siano momentaneamente chiusi per via delle restrizioni dovute al Covid-19, anche i cocktail stiano aspettando i loro consumatori, in attesa di tempi migliori. A volte bisogna attendere pochi giorni o settimane, in altri casi si stanno sperimentando affinamenti di mesi, fino ad arrivare a un anno e oltre. La capacità di attendere alimenta tra i consumatori la curiosità, mentre tra i barman più esperti le scoperte sono continue.

Le capsule del tempo di Mr Lyan

Ryan Chetiyawardana, in arte Mr Lyan, è un precursore in questo settore, nonché l’inventore di “capsule del tempo” che consentono di lasciare invecchiare i cocktail in bottiglia esattamente come accade per un pregiato vino. Il suo meticoloso lavoro alchemico è in grado di far lievitare il prezzo delle miscele da lui progettate in base alle specifiche richieste di ogni cliente fino a 100.000 sterline (oltre 115.000 euro). Da 15 anni, le Mr Lyan’s Time Capsules si distinguono nel panorama mondiale della mixology grazie a uno studio di profumi e sapori miscelati nel tempo fino a formare un’unica, personalizzata e armonica sinfonia.

Materiali alternativi al vetro

Se alcuni bartender come Chetiyawardana affinano i loro cocktail direttamente in vetro, altri usano botticelle di legno, altri ancora piccole anfore di terracotta o altri materiali. Anche l’affinamento in contenitori alternativi al vetro segue l’esempio del vino e, come riportato dal magazine statunitense Punch, il passaggio delle anfore al mondo dei cocktail è un fenomeno recente, ora in piena espansione. La città che ha dato il via alla rivoluzione dei cocktail affinati in legno o terracotta è Portland, Oregon. Qui, nel 2010 Jeffrey Morgenthaler, bar manager del Clyde Common e ora uno dei barman più influenti al mondo, iniziò a invecchiare le sue creazioni in piccole botti. Solo tre anni più tardi, Douglas Derrick, che oggi è manager in Oregon per Campari America, iniziò a sperimentare l’affinamento in anfora nella cantina di Nostrana, un ristorante italiano di Portland.

Il primo cocktail in anfora

Così come per il vino, l’anfora costituisce in genere un contenitore più neutro rispetto al legno. E il primo cocktail affinato nell’antichissimo quanto innovativo vaso era composto in parti uguali da Gin, Campari e Vermouth rosso: un intramontabile Negroni. Grazie al contatto prolungato nel tempo con l’anfora (ma questo accade anche con altri contenitori), i sapori dei tre ingredienti vanno a integrarsi e il drink risulta ingentilito, dalle durezze smussate e dal gusto più profondo; un cocktail da sorseggiare ancora più lentamente.

La linea Ginepraio, il gin toscano affinato in anfora

Un’innovazione italiana: il caso Ginepraio

Il ristorante in Oregon è italiano, il Negroni è italiano e, per concludere, anche l’anfora è italiana: nella rivoluzione dei cocktail da affinamento lo Stivale ha un ruolo centrale. Il perché lo spiega Enzo Brini che, dalla produzione di vino Nobile di Montepulciano, è passato alla creazione di anfore in cocciopesto e poi di gin. Il cocciopesto è un materiale tanto antico quanto dimenticato, ottenuto con una miscela di frammenti laterizi, sabbie e leganti naturali ed è particolarmente adatto per l’affinamento del vino. Ma le Drunk Turtle – così si chiama la nuova famiglia di anfore prodotte in Toscana – sono perfette anche per la maturazione di distillati e cocktail. «L’idea di provarle con il gin è nata dalla curiosità, così abbiamo dato vita al nuovo progetto Ginepraio e, in particolare, al Ginepraio Amphora Navy Strenght, che affina in anfore di cocciopesto per sei mesi», racconta il produttore.

La sperimentazione non si ferma mai

La porosità del cocciopesto, la cui lavorazione è esclusivamente artigianale, e la naturalità del prodotto, che lo rende conforme al contatto con gli alimenti senza il bisogno della vetrificazione, garantiscono una microssigenazione controllata. Il liquido alcolico al suo interno – sia esso vino, gin o anche un cocktail – trova così una nuova dimensione. «Dopo numerose prove, abbiamo scoperto che le nostre anforette sono particolarmente indicate per l’affinamento del Martini Cocktail, a cui aggiungono mineralità e complessità», conclude Enzo Brini. Per questo è importante sapere aspettare e non smettere mai di andare alla ricerca di profumi e sapori in continua evoluzione: indubbiamente, l’attesa verrà ripagata.

In apertura (foto di K. Mendez per Unsplash): tra le nuove frontiere della mixology c’è l’affinamento di alcuni cocktail

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© Riproduzione riservata - 01/03/2021

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