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Cisterna d’Asti, Colli Tortonesi e Oltrepò: uniti nel segno della Croatina

24 Aprile 2013 Anna Rainoldi
Autoctona di confine fra Piemonte e Lombardia meridionale, la Croatina può diventare base comune per valorizzare tre diverse zone vinicole? Se lo chiedono i produttori di Cisterna d’Asti, che sabato 20 aprile hanno coinvolto le Cantine dell’Oltrepò Pavese e dei vicini Colli Tortonesi in un tasting guidato dal titolo eloquente: “Nomi e terroir della Croatina”. L’incontro fra i tre territori, tutti storici luoghi di produzione del vitigno, si traduce in un viaggio degustativo alla scoperta della Croatina e delle sue declinazioni, lungo un concreto fil rouge di calici (tutti assaggiati alla cieca). Sono sedici in tutto i produttori radunati al ristorante cisternese La Cà Rossa, uno per ogni vino: dieci Cisterna d’Asti Doc, quattro Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc e due Colli Tortonesi Doc. “L’ALTRA” BONARDA PIEMONTESE - La Doc Cisterna d’Asti, spiega il professor Vincenzo Gerbi dell’Università di Torino, nasce nel 2002 per valorizzare il vino a base Croatina (almeno 80% da disciplinare) qui storicamente prodotto, un tempo chiamato Bonarda (come per il vicino Oltrepò). All’inizio degli anni Novanta, la Croatina di Cisterna fu destituita del suo nome per non confonderla con la Bonarda Piemonte Doc (prodotta con il vitigno Bonarda piemontese). La scelta regionale di non istituire Igt costrinse le Cantine cisternesi a produrre Croatina come Vino da tavola, fino alla creazione della Doc, che oggi conta quindici aziende. CISTERNA D’ASTI - Aprono la degustazione le dieci etichette locali. Partendo dalle più giovani, incontriamo Terre di Chiesa di Bossotti Vincenzo, Cisterna d’Asti di Torchio Piero, Dragone di Vaudano Gaggìe, Cisterna d’Asti di Socré (tutti del 2011), seguite dai Cisterna d’Asti di Cà di Tulin, di Fassino Giuseppe e dell’azienda vitivinicola Mo e I Musicant di Mo Patrizia (annata 2010), per concludere con due Cisterna d’Asti Superiore: l’etichetta della tenuta La Pergola e il Santa Lucrezia della tenuta Fratelli Povero (entrambi del 2010). L’OLTREPÒ PAVESE - Il tasting prosegue con la batteria dei quattro vini dell’Oltrepò: qui la Croatina risponde al nome di Bonarda, ufficializzata dall’omonima Doc nel 1988 (Croatina in uvaggio almeno all’85%), e le viti subiscono meno stress idrico della zona di Cisterna grazie a un suolo più limoso e argilloso. Dalla Bonarda 2012 della tenuta Mazzolino si passa a Calcababbio 2011 di Monsupello e Donna 2009 di Borgolano (unico vino mosso della degustazione), concludendo con la Croatina Igt Provincia di Pavia 2007 di Frecciarossa. IL TORTONESE - La degustazione termina con due etichette della Doc Colli Tortonesi. Il vignaiolo Walter Massa ci racconta che la produzione di Croatina in purezza, in questa zona a metà strada fra Cisterna d’Asti e Oltrepò, ebbe fra i suoi primi fautori Renato Boveri, a cui si deve anche la rinascita del ben più noto autoctono Timorasso. In assaggio incontriamo il Montemirano 2009 di Claudio Mariotto, per concludere con Pertichetta dei Vigneti Massa, annata 2000, che dimostra (tralasciando la lieve nota di ridotto della bottiglia) la tenuta nel tempo di colori e qualità gusto-olfattive della Croatina. LE COSTANTI DELLA CROATINA - Dal percorso gustativo, guidato dal sommelier Alberto Rovati, emergono le costanti della Croatina: si tratta di vini puliti, ben strutturati, dove il tannino vivace (nei giovani) o comunque importante promette una certa longevità. Ricorrono le note olfattive di frutta rossa (fresca, matura o macerata in alcol), un sentore floreale di viola mammola nei giovani, in altri casi note balsamiche e più complesse. Diversi territori e metodi di vinificazione contribuiscono, in seconda battuta, a valorizzare alcune di queste caratteristiche. QUALCHE SPUNTO - Valore aggiunto di questo inedito viaggio nel mondo della Croatina organizzato da Cristina Fracchia e Mirella Vilardi, il dialogo con i produttori in sala ha passato in rassegna una serie di questioni collaterali: dal consumo consapevole alla gestione delle informazioni in etichetta, da nuove idee in cantina (come la sovramaturazione della Croatina, già sperimentata in Oltrepò ma non a Cisterna) all’importanza del marketing e della storia per rendere unico il proprio vino, evidenziata dal giornalista Sergio Miravalle. Un confronto fecondo, speriamo, da cui partire per fare sistema nella promozione di un vitigno da molti erroneamente considerato “minore”.

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