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Castello della Sala: un successo “modello Borgogna”

17 Luglio 2012 Roger Sesto
Annate storiche di vini mitici (16): Umbria e Abruzzo Parrà strano, ma in Umbria si produce uno tra i più grandi e longevi bianchi secchi italiani: il Cervaro della Sala. «Sono entrato per la prima volta al Castello della Sala nella primavera del 1979», ci racconta Renzo Cotarella, enologo della Maison. «Confesso l’emozione dei primi tempi. Ero stato chiamato per contribuire alla realizzazione di un progetto ambizioso di riqualificazione varietale, mirato all’ottenimento di vini dotati di maggior personalità rispetto a quelli tipici dell’Orvieto Classico, dove è situato il Castello della Sala». L'ESEMPIO DELLA BORGOGNA - Chiediamo all'enologo che piega prese questo progetto. «Iniziammo a sperimentare lo Chardonnay, e cercammo di approfondire le nostre conoscenze sul Grechetto. Ma fu una visita in Borgogna nel 1981 che ci illuminò, con la scoperta di vini bianchi che non solo potevano invecchiare, ma che dovevano farlo per potersi esprimere appieno». Prosegue Cotarella: «Nacque dunque l’idea di produrre, in un aerale vocato per i bianchi, un grande vino di territorio e di brand che potesse affermarsi per carattere, personalità, longevità». IL CERVARO DELLA SALA - Vini bianchi italiani da invecchiamento nel 1981, sembra impensabile. Renzo Cotarella ci dice: «Dopo varie sperimentazioni e delusioni, il primo Cervaro della Sala commercializzato fu il 1985, ma la prima annata vera fu la 1986. Favorimmo la macerazione a freddo raccogliendo le uve all’alba. Impiegammo solo carati nuovi, nei quali decidemmo di far fermentare il mosto, convinti che il vino dovesse diventare tale nel legno. Questa scelta, con la decisione di mantenere il vino a contatto con i lieviti senza travasi, si rivelò fondamentale, così come determinante fu l’uso del Grechetto, che infuse identità, personalità, equilibrio fra morbidezza e mineralità. La 1986 fu anche un’annata fortunata: una parte del prodotto fece casualmente la malolattica in legno». Chiediamo quali fra le annate conservate, impiegate per verticali, degustazioni, o ancora reperibili sul mercato, siano memorabili. «Tra le più antiche, senz’altro la storica 1986, la freschissima e minerale 1989, l’elegante e complessa 1996. Tra le più recenti, l’ancora giovane, fruttata 2001, la tostata e minerale 2004 e la sontuosa, ma ancora imberbe 2008».

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