Cappero, antico jolly della cucina mediterranea
Della pianta si utilizza il bocciolo (e non il frutto, detto cucuncio), che viene raccolto prima che sbocci, fatto asciugare su teli di juta e infine salato. La Sicilia è celebre per le versioni di Pantelleria e Salina, protette dall’Igp e dal Presidio Slow Food.
Nel suo libro Made in Sicily il celebre MasterChef Giorgio Locatelli, ambasciatore della cultura gastronomica italiana a Londra, scrive come “nell’Italia settentrionale, e ultimamente anche nel Regno Unito, i frutti del cappero vanno molto di moda e sono anche piuttosto costosi”. Qualche siciliano gli avrebbe ribattuto: “Voi del Nord siete proprio matti, spendete un sacco di soldi per della roba che noi scartiamo da sempre”.
Capperi e cucinci
In effetti, a impreziosire i deliziosi piatti di pesce, pasta e verdure isolane non sono affatto i frutti, che i siciliani chiamano cucunci e hanno un sapore simile a quello del cappero, ma più delicato. Si tratta invece delle gemme, nient’altro che i boccioli, di questa pianta che cresce spontaneamente e da tempo immemore in tutto il bacino del Mediterraneo, come attesta la Bibbia oltre ai testi di Ippocrate e Aristotele. E che fa dire a Pantelleria, il cui cappero è riconosciuto dall’Igp, che quando un raccoglitore ha perso il cappero non gli resta che ripiegare, con un certo disdoro, sul meno pregiato cucuncio.
Una coltura preziosa
In Sicilia, e segnatamente a Salina (il cui cappero è presidio Slow Food) come nell’isola di Pantelleria, il suolo vulcanico e le particolari condizioni climatiche – ventosità non eccessiva e umidità molto scarsa – garantiscono le condizioni ideali al vigore e alla vitalità della pianta. Da fine maggio ad agosto la raccolta dei pregiati capperi avviene ogni 8-10 giorni alle prime luci dell’alba. Trascorrerà ancora un mese da quando verranno stesi ad asciugare al fresco, su teli di juta, per impedire loro di sbocciare, poi saranno accuratamente selezionati e salati.
Un bocciolo ricercato dal carattere spiccato
In cucina il cappero sorprende con quella sua abilità di donare sapidità, vivacizzare il palato, smorzare la componente grassa e bilanciare quella dolce. Ha note di timo e cipolla, insieme a quella sensazione senapata che rimanda alla probabile origine tropicale di quest’arbusto perenne che contiene isotiocianato, ovvero olio di senape. Se poi si pensa che a Cuba i capperi si chiamano mostacilla cioè piccola senape, mentre ad Aruba e Curaçao il loro nome è jeerba (erba) senape, allora il cerchio si chiude.
Versatilità da scoprire
Il pesto pantesco, che include pomodori, basilico, mandorle e ovviamente i capperi di Pantelleria, è una golosità giustamente celebrata. Tra gli abbinamenti più riusciti c’è quello con Isesi, lo Zibibbo secco dalla bella mineralità e non eccessiva sapidità che le Cantine Pellegrino hanno voluto dedicare a “i Sesi” le costruzioni megalitiche di Pantelleria. A Santorini, in Grecia, la pianta del cappero si coltivata per le sommità dei suoi germogli che accompagnano il pesce e le patate. Ma il cappero è anche in un piatto popolare svedese dalle ascendenze russe, il manzo à la Lindström, e in una delle varianti del Liptauer, il formaggio cremoso (e speziato perché contiene paprica, senape, erba cipollina) della Mitteleuropa, originario della Slovacchia.
In versione bagna càuda e gelato
Da ricordare anche l’utilizzo del cappero nella bagna càuda vegana preparata ad Asti dalle due sorelle Simona e Valeria Degiovanni della scuola di cucina Rosa Regina, in cui ruba (degnamente) il posto dell’acciuga. Infine nell’iconico dessert “Gli ori del Garda” dello chef Roberto Stefani del Ristorante Tancredi di Sirmione, nel Bresciano. Qui il gelato al cappero di Gargnano si sposa con i cedri e l’olio del lago. Il sommelier Arnaldo Anselmi lo abbina al Gewürztraminer Goldert Grand Cru Alsace Aoc del Domaine Zind-Humbrecht, un bianco profumato che conserva una piacevole freschezza.
Tag: cappero, cucina mediterranea© Riproduzione riservata - 24/09/2020