Food Food Rocco Lettieri

Addio Gianluigi Morini, patron del San Domenico di Imola

Addio Gianluigi Morini, patron del San Domenico di Imola

È morto Gian Luigi Morini, fondatore del San Domenico di Imola. Dal suo ristorante stellato di lunghissimo corso, tempio della cucina italiana, sono passati stuoli di cuochi poi diventati famosi nel mondo. 

9 novembre, ore 18, ricevo una telefonata. Chi mi chiama lo vedo dal display, è Renza Morini. Mi si gela il cuore. Sapevo che una quindicina di giorni fa Gianluigi Morini, marito di Renza e grande “patron” del San Domenico di Imola (stellato Michelin da 45 anni) era stato ricoverato per problemi di respirazione.

Una telefonata improvvisa

Tre giorni fa ero stato avvertito del suo ritorno a casa. Mai mi aveva chiamato Renza fuori orario. Ora ne aveva tutte le ragioni: Gianluigi non è più con noi, le sue parole. Si era avverato quanto avevo già pensavo. Per andarsene da questo mondo Gianni non ha scelto il momento migliore. Covid docet. Strade bloccate per i lombardi. Solo la consolazione di poter parlare con i parenti e i “discepoli” del santuario gastronomico imolese: i fratelli Marcattilii.

Gianluigi Morini, grande patron del San Domenico di Imola

Quella del San Domenico è una storia che ho potuto vivere dal 1978, prima come fornaio, insegnando a fare pane e poi dal 1985 anche da giornalista, collaborando ancora sia in Italia, a Imola, che a New York, sempre a fianco al “gentiluomo” della ristorazione italiana. Il 7 marzo 1970 Gianluigi Morini apriva le porte del ristorante San Domenico a Imola, come “spazio per la felicità, dove i clienti diventano ospiti”.
“Il San Domenico è un luogo che diviene ‘casa’, con una cucina attenta e curata, perché la riuscita di un pranzo non dipende soltanto dalla bontà dei cibi e delle bevande, ma anche dallo stile e dall’armonia della presentazione e dall’arte di saper ricevere, con un servizio impeccabile, dando a tutti la possibilità di conoscere e apprezzare la grande cucina delle case nobili italiane”, confermava il grande patron Gianluigi Morini.

Anno dopo anno, la scalata sulla Guida Michelin

Nel 1973 la prima segnalazione sulla Rossa, nel 1975 la prima Stella Michelin e nel 1977, 43 anni fa, la seconda stella. Il San Domenico, dagli anni ’70, portò avanti l’idea di Gianluigi Morini che consisteva nel poter dare a tutti la possibilità di conoscere e apprezzare la grande cucina delle case nobiliari italiane. Un’idea nuova, soprattutto in quel periodo. Uno spazio per la felicità proposta con eleganza riservata, in ambienti raffinati, dove i clienti diventano ospiti.

Oggi in sala e cucina

Oggi, a garantire il futuro della “casa”, in cucina, in qualità di chef troviamo il giovane Massimiliano Mascia con il sempre presente zio Valentino. In sala il fratello di Valentino, Natale, con l’aiuto del giovane figlio Giacomo e con il trentenne sommelier Francesco Cioria, con già alle spalle una carriera di successo. Un segno di continuità nell’innovarsi e nel rinnovarsi, conservando solide radici nella tradizione gastronomica italiana. Non c’è alcun segreto nella loro ricetta, ma semplicemente il rigoroso rispetto per una cucina di altissima qualità, che fa dell’inventiva un fertile ingrediente di base. Una cucina del territorio in continua evoluzione, con nuove tecniche al servizio della tradizione. Un’arte che nella fantasia e nella passione di chi la interpreta trova le basi per continuare ad occuparsi della felicità dei suoi ospiti.

“Famiglia” è condivisione di uno stile

Al San Domenico dire famiglia non è semplicemente una questione di sangue. È il condividere uno stile, una tradizione che non è mai un punto nel passato, ma solide basi su cui continuare a creare a inventare, ad armonizzare sinfonie di gusto e passione. Seguendo i dettami di Gianluigi Morini il San Domenico è diventato un luogo dove si cresce e dove si lavora insieme giorno dopo giorno per far conoscere e apprezzare il meglio della cucina emiliana-romagnola, dove ogni azione condivide la stessa passione e cura per il benessere degli ospiti. Dove ognuno, dallo chef al cameriere può ogni giorno esprimere il meglio di sé in quello che fa per poter continuare a portare avanti nel tempo una storia iniziata ormai 50 anni fa dall’intuizione geniale di Gianluigi Morini.

Nella storica cantina del San Domenico

Le cantine del San Domenico furono costruite oltre cinquecento anni fa dai frati domenicani, ma conservano anche inequivocabili tracce di epoche più antiche, come le trachiti stradali romane. Oggi al loro interno sono gelosamente custoditi veri e propri tesori dell’enologia nazionale e internazionale, migliaia di bottiglie di annate rare e preziose, i più grandi cru d’Italia e di Francia. Ma anche distillati di pregio, in grado di stupire appassionati ed esperti. In altre parole un’offerta enologica che rende quella del San Domenico una delle più belle cantine d’Italia. Nella cantina, con amore e dedizione, Morini ha raccolto quanto di meglio ha potuto trovare sul mercato, allo scopo di abbinare i vini con i piatti della cucina ad esaltarne il gusto e il sapore. Una cantina che continua a crescere in prestigio, e che può offrire ai propri ospiti etichette davvero uniche.

I ricordi di Gianluigi Morini a 50 anni dell’apertura

Il 22 novembre dell’anno scorso, nel 2019, a Imola si è tenuto un incontro voluto dall’Accademia della Cucina Italiana per intervistare Gianluigi Morini, a pochi mesi dai 50 anni dell’apertura del celebre ristorante che ha avuto il suo epilogo il 7 marzo 2020. Una serata dove in due ore si sono succeduti al microfono personaggi illustri di Imola e altri personaggi che hanno fatto la storia del San Domenico, con in primis il professor Massimo Montanari, lui stesso cittadino di Imola. Difficile scrivere quanto si è riusciti a far raccontare a Morini della sua creatura, del suo San Domenico, con ricordi, aneddoti, incontri con personaggi di tutto il mondo e dei suoi allievi Valentino e Natale Marcattilii.

Il suo credo: “Semplicità è sinonimo di perfezione”

Ora Gianluigi è già un ricordo, ma certamente nessuno potrà mai dimenticare la signorilità di questo non oste, non cuoco, ma uomo di grandi conoscenze con un suo credo: “In cucina, come nell’arte, semplicità è sinonimo di perfezione”. Un modo per testimoniare una cucina che sa evolversi, senza dimenticare le proprie radici e la propria filosofia di felicità.

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© Riproduzione riservata - 10/12/2020

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