Food Food Maria Cristina Beretta

A tutto salame!

A tutto salame!

Sembra quasi che gli affettati siano fatti per le feste di fine anno: mettono allegria già per il loro colore rosso di varie sfumature e fanno parte, anche, di una tradizione che lega salumi e insaccati alla stagione fredda, tempo di lavorazione del maiale. Ciò che si mangiava in questa occasione, era quasi tutto preparato per essere consumato in poco tempo. Il classico, immancabile prosciutto crudo era riservato alle tavole dei benestanti, perché doveva essere conservato per un anno intero, un vero lusso in tempi d’assenza di celle frigorifere. Di solito si iniziava con i salami di piccolo calibro, a volte tenuti sotto strutto, che erano i primi a essere pronti, e si proseguiva con quelli più grandi. Lardo e pancetta erano maturi in primavera. Il ciclo degli insaccati si chiudeva con la Pasqua quando gli avanzi venivano utilizzati come ingredienti in vari pani lievitati e frittate, un sistema intelligente di eliminare le scorte prima dell’arrivo del caldo. Nelle zone in cui sono forti le comunità di origine ebraica al posto del maiale si usa l’oca, da cui si ottengono salame e prosciuttino.

La salsiccia stagionata del Sud

GUSTOSISSIMI CRUDI – Il prosciutto, come già accennato, è di rigore. Nasce dalla coscia intera del maiale che è salata e ricoperta di spezie. Quasi tutti mantengono l’osso della gamba, come il noto Parma, alcuni anche la zampina come il San Daniele friulano e molti prosciutti di maiale nero italiani, tra cui quello di Cinta senese o del Nero dei Nebrodi (siciliano). La carne del maiale nero si distingue a occhio per il colore più intenso e scuro e per lo strato di grasso piuttosto alto che va mangiato perché ricco di elementi che fanno bene alla salute. Nelle zone di montagna è consuetudine dare una leggera affumicatura alle carni della coscia. In Toscana e in Umbria si sala di più, la carne ha struttura compatta e il taglio deve essere fatto a mano. L’elenco delle specialità italiane è lungo: alcune chicche come il prosciutto valdostano di Bosses o il maiale grigio del Casentino sono prodotte solo entro i confini regionali. Stessa sorte tocca ai prosciutti di cacciagione, specie di cervo e capriolo, oppure a quello di capra, chiamato “violino”. Il richiestissimo culatello nasce da un muscolo della coscia che viene lavorato come il prosciutto. Si riconosce dal tondo del grasso centrale, grande circa come una moneta.

La soppressa di maiale nero di Calabria

SOPPRESSATE E MORTADELLA – Il salame segue per importanza il prosciutto e lo sostituisce quando in zona non è presente una forte tradizione del primo. In questo caso è abbastanza facile che la carne delle cosce venga utilizzata nell’impasto e lo si capisce dalla morbidezza e dalla dolcezza delle fette. Al Sud, infatti, è la soppressata il salume di pregio che si offre all’ospite. In Calabria e in Basilicata è facile trovarla nella versione bianca, con pepe nero, e rossa con peperoncino macinato e con diversi gradi di piccante. La sua preparazione si estende anche in Campania e nel Molise. In questa stessa regione si produce la ventricina, sempre ricavata da carne delle cosce tagliata però a pezzettoni assieme ad altre parti: in Abruzzo questo salume assume forma ovale, poiché viene racchiusa nella vescica. Se all’interno è presente una barretta di lardo diventa la mortadella di Campotosto. In generale, l’impasto dei salami prevede una percentuale di grasso attorno al 30 per cento che sale a 33-35 nella soppressa veneta, salame di grosso calibro dall’impasto molto morbido, fino al 40 nel famoso e spalmabile ciauscolo marchigiano. Nella preparazione dei salumi oltre alle spezie si usano vino e, spesso, aglio, ingrediente molto amato dai cremonesi.

Il Ciasculo marchigiano

DIVERSAMENTE INSACCATI – Non sempre i salami sono insaccati in budelli di maiale o di vitello, può capitare, come per la pitina friulana o per la mortandela trentina, di trovarsi di fronte a una polpetta passata rispettivamente nella farina di mais o chiusa nella rete degli intestini e lasciata asciugare, un tempo sopra il camino, da mangiare entro due settimane. Al Nord è coppa, a Sud è capocollo. Nasce dalla parte del collo del maiale ed è un insaccato tra i più difficili da preparare essendo composto naturalmente di parti grasse e magre inscindibili. Va aperto e consumato velocemente ed è un salume da compagnia. I due poli produttivi più noti sono uno in Emilia con Piacenza e Parma, e l’altro in Puglia, in provincia di Taranto a Martina Franca. Dolci le prime, saporita e armonica l’altra.

I COTTI: SEMPRE PRESENTI AL NORD – Ancora più tradizionale dei crudi l’insaccato cotto non manca mai sulla tavola di Natale al Nord, perde importanza al centro, per sparire quasi al Sud. Il cotechino è il cotto per eccellenza. Il nome si riferisce al fatto che contiene oltre alla carne anche le cotenne, in linea con l’idea che del maiale non si butti niente. Non va confuso con lo zampone, classico di fine anno, in cui la percentuale di cotenne è minore. Alla categoria dei salami cotti appartiene la salama da sugo, dalla forma tondeggiante e tipica del Ferrarese, così chiamata poiché quando la si taglia, esce un sughetto dovuto all’abbondante dose di vino che ne insaporisce l’impasto. Molto comune in Piemonte, specie nell’Alessandrino e in Toscana e Umbria è la testa fredda o testaccia o testa in cassetta che si ottiene facendo bollire la testa di maiale, che viene poi spolpata e le cui carni e parti gelatinose vengono tagliate a tocchetti, insaporite con spezie e con buccia tritata di agrumi e, infine, strette in un asciugamano o in un contenitore e lasciate compattare. Si trova in buona parte d’Italia ed è gustosa ed economica. Per Milano è semplicemente “la Bologna”, per il resto del mondo è la mortadella, un insaccato di grosso calibro che raggiunge normalmente i 20 centimetri di diametro, preparato con un impasto finissimo di maiale, un tempo mescolato con carne d’asino. La più tradizionale ha i pistacchi e più è grande più è buona.

La mortadella di Campotosto

SPECIALITA’ IMPERDIBILI – Quelli che erano i salumi più poveri fatti con gli scarti e con le interiora sono sempre più difficili da scovare. Sono cambiati i gusti e le abitudini alimentari. Eppure da Nord a Sud era consuetudine prepararli e mangiarli anche per Natale. Il sanguinaccio è un classico così come la mortadella di fegato brianzola o la pezzenta casertana, oppure la marcundela goriziana, o il zambudel romagnolo e anche la stessa ‘nduja originale. La lingua salmistrata, invece, era un affettato di lusso delle tavole del Nord e oggi solo alcune salumerie specializzate la tengono al banco. Viene marinata per diversi giorni, poi bollita e servita a fette. Chiude la carrellata, che potrebbe continuare a lungo, la galantina, il corrispettivo della testa fredda ottenuta con parti più nobili e che di solito è di vitello, ma si può trovare anche di cappone.

La salsiccia di fegato

SPUMANTI E ROSSI GIOVANI PER COMINCIARE BENE – Con i salumi crudi, in cui il sapore “ferroso” della carne è ancora percepibile, l’abbinamento consigliato è lo Spumante. Più il salume è maturo più le bollicine devono avere complessità. Il Metodo Charmat sposa salumi giovani e prosciutti di un anno, il Metodo Champenois, nella tipologia brut, è forse il più versatile per l’intera categoria, il Franciacorta satèn e il Conegliano Valdobbiadene Superiore di Cartizze demi sec, sono ancora più adatti a salumi dolci tipo culatello e coppa. I crudi del Sud, forse per la presenza di peperoncino e spesso dei semi di anice, sono sostenuti meglio dai rosati, soprattutto di struttura, specie se di Puglia e di Calabria. Con i salumi cotti ci vorrebbe un rosso giovane, anche un filino vivace: anidride carbonica e tannini aiutano a digerire i grassi e a pulire la bocca. Inutile ricordare la Bonarda e il Lambrusco con il cotechino, ma anche il Fortana con la salama da sugo. Da provare l’Asti spumante con il salame cotto: non ci sono tannini ma funziona per la presenza di anidride carbonica e un filino di dolcezza del vino che non stride con la delicatezza del cotto. I salumi da interiora o la lingua sono di abbinamento complesso: hanno una parte amarognola e una gamma di aromi e sapori vasta, potrebbero essere sostenuti dagli spumanti millesimati.

Salumi del Nord. In primo piano i salamini sotto grasso, a destra e a sinistra nostrani lombardi e piemontesi: il più lungo è il tipo Varzi, quelli più tondi sono mariole del Parmense

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© Riproduzione riservata - 27/12/2012

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