L’introduzione operativa di questa tipologia potrebbe essere il rilancio per la Doc, a patto di una maggiore consapevolezza dei produttori: ad oggi sono solo sei le Cantine che l’hanno rivendicata. I prezzi delle uve sono aumentati del +7%, ma c’è ancora molto da fare per il posizionamento complessivo. Il divieto di vendere lo sfuso senza certificazione e l’impegno sul fronte dell’enoturismo

Custoza è una Doc di 54 anni che studia nuove modalità espressive, pur sempre basandosi sui vitigni qui acclimatati, per arrivare alla punta della piramide qualitativa. La Riserva, introdotta con lungimiranza nel disciplinare nel 2019, è stata immessa in commercio nel 2024. «Un tempo che ci è stato necessario per lavorare tutti insieme, attraverso numerosi incontri (valutazioni agronomiche sulla gestione dei vigneti, confronti su stile e posizionamento), alla focalizzazione su un nuovo vino che punta alla longevità», spiega Roberta Bricolo, presidente del Consorzio tutela Vino Custoza Doc al suo secondo mandato.

La Riserva e le sue performance
Il Custoza Riserva prevede 12 mesi di affinamento, 6 mesi in più rispetto al Custoza Superiore, che non necessariamente devono avvenire in legno; la scelta è libera tra vari contenitori (acciaio, cemento, legno, anfora). Questo vino infatti è un vino autoriale, che porta la firma aziendale, con decisioni individuali per interpretare con il proprio vissuto di esperienza, il territorio in prospettiva (la prossima settimana dedicheremo un ulteriore approfondimento a questa produzione richiamando l’esperienza e la ricerca di tre storiche Cantine).
«La Doc ha le giacenze più basse dell’ultimo decennio. Un risultato ottenuto attraverso una gestione oculata delle produzioni e degli imbottigliamenti, ma anche di una modifica al disciplinare che ha imposto il taglio d’annata limitato al 15% solo sul vino dell’annata immediatamente precedente e fino al 31 dicembre dell’anno di vendemmia». Un altro cambiamento, aggiunto nel 2024, prevede la limitazione della zona d’imbottigliamento alla sola provincia di Verona.
La crescita del Superiore e l’export
Un dato da tenere sotto osservazione è l’incremento del Custoza Superiore: in 5 anni è cresciuto del +300% e arriva ora a essere il 10% della produzione. «Il Custoza sta vivendo un momento positivo: è un vino bianco contemporaneo, a bassa gradazione alcolica, fresco e sapido, con un profilo asciutto ma elegante. Siamo in sintonia con ciò che il mercato richiede oggi», sottolinea Bricolo. L’export, in 40 Paesi, arriva al 35%, ma la denominazione soffre ancora di una scarsa visibilità e riconoscibilità internazionale. D’altronde il Custoza Doc non ha mai avuto un brand di riferimento nel mondo, com’è successo per altre denominazioni veronesi. Non esistono dati sulla distribuzione, anche se è noto che il canale della ristorazione locale non supporta adeguatamente il lavoro dei produttori.
La compresenza di diverse uve
Il Custoza ha la sua culla in nove comuni scaligeri (Sommacampagna, Villafranca di Verona, Valeggio sul Mincio, Peschiera del Garda, Lazise, Castelnuovo del Garda, Pastrengo, Bussolengo e Sona). La sua voce è polifonica: Garganega, Trebbianello (un biotipo locale del Friulano), Bianca Fernanda (clone locale del cortese), Trebbiano toscano, con la possibile comparsata di altri vitigni. La presenza di diverse varietà deriva dalla storia del territorio. I comuni della denominazione erano infatti luoghi di allevamento del bestiame e di commercio; i mercanti che qui facevano tappa spesso usavano le barbatelle originarie delle loro zone di provenienza come merce di baratto. Sono proprio questi scambi ad aver dato origine alle varietà del Custoza e alla peculiare eterogeneità della sua viticoltura. Da queste parti s’impara presto l’arte del blend, scelta proprio per creare una partitura che permetta alle uve di concertarsi in modo armonioso, considerando per esempio che nell’assemblaggio rientrano uve precoci (Trebbianello), intermedie (Bianca Fernanda, Trebbiano toscano) e tardive (Garganega).
I numeri chiave della Denominazione
L’influenza del lago di Garda e del monte Baldo si fa sentire in questo territorio che è prevalentemente un anfiteatro morenico, con suoli ghiaio-sabbiosi, ciottolosi, con presenze limose e argillose e buon drenaggio a evitare stagnazioni.
Gli ettari vitati sono 1.440 (rivendicati nel 2024: 1.279), le bottiglie prodotte sono circa 9,7 milioni (stabili anche rispetto all’annata precedente). La presenza delle cooperative (Gruppo Cantine di Verona, Vitevis, Cantina di Soave, Cantina Caorsa) assomma il 55% della produzione di uva e il 36% dell’imbottigliato. I prezzi delle uve sono aumentati del +7%, elemento da sottolineare considerando che non accadeva da tempo. E se le Riserve si posizionano a un prezzo concordato di circa 24 euro, esempio di un lavoro sul posizionamento, non altrettanto si può dire del Custoza d’annata e del Superiore. La Riserva dunque potrebbe essere un rilancio per la denominazione, nella misura in cui ci sia maggior consapevolezza da parte dei produttori (al momento sono solo sei le aziende che l’hanno rivendicata).

Le vigne e il riscaldamento climatico
Il parco vigne è stato quasi totalmente rinnovato a fine anni Novanta, a parte alcuni vigneti storici. L’incidenza della flavescenza, a detta dei tecnici del consorzio è intorno al 5% e il mal dell’esca è molto contenuto, risultando meno impattante sulle varietà a bacca bianca. Dagli anni Ottanta il Consorzio si è dotato di una commissione tecnica che si riunisce settimanalmente, emettendo dei bollettini sulle misure tecniche da adottare, distribuiti a tutta la filiera. L’areale non sembra soffrire particolarmente del riscaldamento climatico (si teme di più la grandine), in parte per le adeguate precipitazioni, in parte per l’irrigazione di soccorso diffusa grazie alla presenza di bacini idrici, in parte per la differenziazione nei tempi di maturazione delle uve, consentendo così la scelta del blend in base all’annata. Il biologico e la certificazione SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata) arrivano al 38%, in aumento del 5%.
L’enoturismo con il futuro Museo della Memoria e quello del vino
Il Consorzio si è impegnato molto negli incoming destinati a differenti attori del settore, mostrando il forte potenziale turistico di una zona che unisce le bellezze naturali e paesaggi unici alla storia e alla cultura. È stata fatta molta formazione interna, ai produttori, alle scuole alberghiere e agli operatori del settore accoglienza per far crescere tutto il territorio. Gli studenti del Politecnico di Milano di recente hanno presentato gli elaborati sul futuro museo del Memoria, dedicato al Risorgimento, e sul prossimo Museo del vino, in una mostra a Villa Venier. «I produttori si sono attrezzati per accogliere l’enoturista non solamente con le degustazioni, ma con un’offerta più ampia, dal pic-nic in vigna alle passeggiate a cavallo, dallo yoga alla pittura, dalle cooking class ai percorsi in bicicletta. Molti hanno anche degli agriturismi, ma senza pernotto», precisa Bricolo. La vicinanza al lago di Garda, ambasciatore per eccellenza del territorio, crea connessioni fondamentali, soprattutto estere.