Oggi una fetta sempre più ampia di consumatori pensa che l’industria, sostenuta da scienza e tecnologia, proponga vini quanto meno omologati dall’eccesso di tecnologie invasive, quando non impestati dalla chimica. Serve una divulgazione più puntuale, meno “suggestiva”. E anche le Cantine devono fare la loro parte
A un recente convegno scientifico, Enoforum, mi è stato chiesto di rispondere a un quesito complesso: cosa cerca nel vino il consumatore moderno e che ruolo riconosce alla scienza e alla tecnica viticola ed enologica? Accantoniamo per una volta le riflessioni su altri – forse ma solo forse – più gravi pericoli, che riguardano le politiche commerciali internazionali, il cambiamento climatico, il neo-proibizionismo, e proviamo a rispondere alla domanda. O più precisamente alla seconda parte. Cosa cerca il consumatore, d’altronde, è una conseguenza dell’atteggiamento generale verso l’enologia.
Uno spirito antiscientifico diffuso
Com’è noto, negli ultimi anni con un picco toccato durante la pandemia, si è diffuso anche nel nostro settore un certo spirito antiscientifico. I prodromi erano evidenti, nella diffusione del vino “naturale”, o delle scelte biodinamiche, che si basano su altri presupposti, che ci possono anche convincere o appassionare, ma che si discostano dichiaratamente dal metodo scientifico, con una generale avversione per la tecnologia.
Alla lunga, tra scandali (che affondando nella notte del metanolo e nelle serate di Report) e movimenti anarco-contadini di ispirazione veronelliana, alla ricerca di vini genuini, una sempre più ampia fetta di pubblico si è fatta persuasa, per dirla alla Camilleri, che l’industria, sostenuta da scienza e tecnologia, proponga vini quanto meno omologati dall’eccesso di tecnologie invasive, quando non impestati dalla chimica.
Gli errori nella comunicazione
Nel mezzo, quanti errori di comunicazione sono stati commessi dalla scienza, anche quella del vino, per arrivare a questo triste risultato. Perché se sondassimo le profondità del linguaggio, come fa la psicologia per capire qualcosa dell’anima, approderemmo ad altre conclusioni. La tecnologia è infatti una vittoria dell’umanità, e la techne, nel mito greco che è fondativo della nostra civiltà, è il saper fare, in opposizione alla forza spontanea e spaventosa della physis, della natura. Insomma, è la capacità dell’uomo di dominare i processi.
Le infinite declinazioni di “consumatore”
La comunicazione, quando non è vista da un punto di vista ingegneristico (e allora potremmo chiamarla informazione o informatica) è una disciplina complessa, ma è la co-responsabile di questa deriva. Si tratta infatti di costruire un senso, insieme, dal latino cum + munus. Quando ci riferiamo ai consumatori, pensiamo sempre a un’entità astratta: ma pensiamo alle infinite possibilità: dall’amico informato, che è appassionato, alla sedicente astemia che entra in enoteca per acquistare un regalo, al giovane o all’anziano al ristorante. Sono consumatori diversi per i quali è necessario un livello di informazione diverso.
L’over-information e la sete di cultura
Il consumatore moderno viaggia, si informa, vive con (o nei) social media. Costui, si interessa alla scienza del vino o vive di suggestioni? Non c’è dubbio che, da un lato, la proliferazione dei mass-media, la facilità di accesso alle notizie, e soprattutto la diffusione dei social hanno provocato un eccesso di informazione, che genera anche confusione. Ma sarebbe come chiedersi se la libertà porti vantaggi o svantaggi. Tendenzialmente siamo portati a credere che porti vantaggi.
Nonostante ciò, qualcuno ha reagito negativamente a questa over-information e cerca soprattutto suggestioni, motivo per cui molta comunicazione commerciale gioca sull’emotività. Il prodotto deve avvicinarci a un mondo aspirazionale, non soddisfare un bisogno o un gusto. Ma è sempre più evidente che il mondo del vino è composto di due emisferi vicini e distanti: quello puramente “edonistico” e quello “culturale” (che non esclude la componente edonistica, ma la crea a partire dalla cultura). Quello “edonistico” può essere comunicato per suggestione, per metafora, allusione, con gli artifici retorici della persuasione pubblicitaria. Quello “culturale”, cui appartiene il vino di terroir, reclama invece conoscenza, informazione.
Il ruolo delle aziende nella divulgazione scientifica
Chi crede nella conoscenza ha fiducia nel fatto che lo studio, la scienza e la diffusione delle tecnologie portino a una sempre migliore espressione del territorio, a una maggiore diversità e ricchezza (e non al contrario). Chi si affida alla suggestione, che sia ideologica o pubblicitaria, rischia d’ingannarsi. In ogni caso, la scienza del vino (e non solo) avrebbe bisogno di essere raccontata, di più e meglio. È necessario che le imprese del vino sostengano la divulgazione scientifica, come unico antidoto all’oscurantismo antiscientifico, senza cedere all’inganno della pura suggestione.