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VinoVip Cortina 2024, il talk show: “Resistenza!” a 360 gradi

24 Luglio 2024 Elena Erlicher
VinoVip Cortina 2024, il talk show: “Resistenza!” a 360 gradi
I relatori del talk show, Luigi Moio, Andrea Lonardi, Eugenio Pomarici e Giovanni Bigot moderati da Alessandro Torcoli © M. Cremonesi

Al talk show inaugurale i professori Luigi Moio ed Eugenio Pomarici, con Andrea Lonardi MW e l’agronomo Giovanni Bigot hanno affrontato il tema dal punto di vista economico, sociale, culturale e ambientale. Molti interventi hanno animato il dibattito
 

La manifestazione è stata inaugurata dal talk show dal titolo “Resistenza!”, che si è svolto il pomeriggio del 14 luglio all’Alexander Girardi Hall. Dopo i saluti di Monica Dalus, consigliera del Comune di Cortina, che ha patrocinato l’evento, e di Maurizio Danese, AD di Veronafiere, «sponsor di VinoVip dalla prima edizione e vicina a Civiltà del bere da 50 anni», Alessandro Torcoli, direttore della rivista, ha spiegato che «quest’anno abbiamo deciso di affrontare un tema così attuale da diversi punti di vista: resistenza economica alla crisi dei mercati e ai nuovi modelli di consumo, resistenza sociale e culturale al vento neo-proibizionista che giunge da alcuni Paesi, resistenza ambientale al cambiamento climatico».

Il saluto di Monica Dalus, consigliera del Comune di Cortina

L’importanza della formazione

Ad aprire il dibattito, poi, è stato Luigi Moio, presidente Oiv e professore all’Università di Napoli, che ha sottolineato l’esigenza di resistere agli attacchi culturali di chi non considera il vino un baluardo di civiltà, ma lo identifica solo con l’alcol. «Il vino è una delle invenzioni più belle dell’uomo», ha spiegato Moio, «ma l’alcol è nocivo, questo ormai è assodato ed è necessario essere trasparenti e dirlo in modo chiaro e semplice, incentivando un consumo consapevole». Al nostro settore, inoltre, occorrono competenze scientifiche solide e professionali: «Bisogna fondere la viticoltura con l’enologia, e non separarle». L’incredibile accelerazione tecnologica degli ultimi anni ha generato, tra i suoi effetti, una maggior confusione sia nel produttore che nel consumatore.
«Bisogna lavorare su formazione, trasmissione di competenze e comunicazione», tematiche care anche ad Andrea Lonardi, MW e consulente aziendale, che ha parlato della necessità di sintonizzare il brand aziendale con il tempo presente e il futuro: «Gli imprenditori vogliono fare i manager e alcuni marchi stanno perdendo il passo della contemporaneità. Ci vogliono competenza gestionale, capacità di confronto e di trasmissione di saperi e metodo, oltre che capacità di comunicazione e contenuti». Anche Lonardi concorda con l’incredibile velocità di cambiamento.

Come cambia lo stile dei vini

Per quanto riguarda lo stile dei vini, per esempio, «si è passati dai bianchi di collina e montagna a quelli di mare, con sentori iodati e sapidi. La temperatura di servizio dei rossi si è abbassata per essere consumati secondo il concetto di “pinosophy”, ovvero bere vini che assomigliano a Pinot nero freschi, leggeri e agili. Le bollicine seguono due distinte direttrici: da una parte quelle da aperitivo, tipo Prosecco, influenzate dalla mixology, dall’altra quelle di alta qualità per un consumo a tutto pasto».

Alcuni dei protagonisti di VinoVip Cortina 2024

La complessità come elemento di forza

Il dibattito è proseguito con l’intervento di Giovanni Bigot, agronomo, consulente e ideatore dell’indice Bigot di biodiversità, che si è focalizzato sull’importanza del suolo, che deve essere al centro di tutto. «La base sta nel terreno se vogliamo capire il cambiamento (climatico) e affrontarlo», ha dichiarato Bigot. «Veniamo da 30 anni di semplificazione viticola, mentre il vigneto significa complessità che va indagata e gestita. Il vitigno si adatta al suo ambiente e trasmette le caratteristiche di resistenza alla propria progenie (è ciò che si chiama epigenetica). Questo bagaglio che si registra in ogni vigneto va conservato e protetto».
Infine Eugenio Pomarici, professore all’Università di Padova ed esperto Oiv, si è focalizzato sulla resilienza dei distretti viticoli italiani, definiti come aree industriali caratterizzate da piccole e medie realtà imprenditoriali con propensione a un agire sinergico. «La loro struttura così frammentata è stata un elemento di forza nei momenti di crisi: mentre una grande azienda di fronte alle difficoltà taglia tutto e se ne va, il piccolo resiste e mantiene la vigna». Ma negli ultimi anni il sistema dei distretti si sta semplificando: «Dal 2000 a oggi, per esempio, il Conegliano-Valdobbiabene ha perso ettari di vigneto (da 720.000 a 650.000), ha visto una riduzione aziendale (da 1,8 a 2,8 ha ad azienda) e di numero di imprese di trasformazione (da 63.000 a 30.000), con un’età media dei lavoratori che è aumentata a 58 anni».

Un confronto tra vecchia e nuova generazione

Dopo l’intervento dei relatori, tanti sono stati gli interventi in sala. In un mercato e in un mondo che corrono, Luca Rigotti, coordinatore Vino di Confcooperative e presidente di Mezzacorona, individua nelle grandi realtà cooperative la forza proattiva nel mantenere alta la competitività, pur ravvisando una criticità nell’aumento del costo del denaro. Mentre per Raffaele Boscaini (come Masi Agricola ma anche per Federvini) il pericolo maggiore arriva dalla lotta contro l’alcol, cui bisogna resistere distinguendo l’uso dall’abuso. Un problema che il distillatore Roberto Castagner affronta già da 20 anni, istruendo il consumatore e costruendo valore aggiunto giorno per giorno.
Mentre Marzia Varvaglione, presidente di Agivi, rappresenta l’anima delle nuove generazioni di produttori che vogliono liberarsi dei tabù, per abbracciare anche stili di beva differenti, dalle bollicine autoctone ai, perché no, dealcolati, ma sempre alla ricerca della qualità. Chiara Lungarotti, Marilisa Allegrini e Angela Velenosi portano la voce dell’esperienza che ricorda, nell’ordine, la centralità della vigna, l’esigenza di una comunicazione coerente e identitaria, la necessità di una visione territoriale comune.

Coraggio e preoccupazione

Francesca Argiolas ha parlato del valore della biodiversità, che in Sardegna è la ricchezza più grande, e del coraggio delle aziende nell’affrontare il cambiamento della natura che comanda e del mercato che impera.  
Silvia Franco, da pochi anni in azienda, ritiene che la propria strada vada ricercata lavorando sulla qualità e autenticità del prodotto. Da membro della vecchia generazione, invece, Fausto Maculan ha lasciato la guida alle figlie, affiancandole ma permettendo loro di trovare la propria strada, adeguandosi alle nuove idee anche quando non le condivide pienamente.
Preoccupazione è stata espressa da Davide Gaeta, proprietario di Elèva e professore di Economia all’Università di Verona. «È forse cominciato un ciclo economico negativo? La politica nazionale, che spinge l’acceleratore su estirpazione o distillazione, è lontana da una soluzione. Servirebbe un Piano Marshall del vino!», ha detto provocatoriamente. La friulana Annalisa Zorzettig si sente come in una guerra bianca, in cui i produttori sono presi di mira da ogni parte, ma spera di essere resiliente e di riuscire ad affrontare i problemi.
Infine l’enotecaro lodigiano Nicola De Toma ha posto l’attenzione sul ruolo educativo che possono assumere le enoteche nei riguardi dei giovani, che hanno sempre più voglia di qualità.

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