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Fattoria San Lorenzo: timidezza e fattore tempo

01 CROGNALETTI

Natalino Crognaletti con suo figlio

Punta di diamante della produzione di Fattoria San Lorenzo di Montecarotto è il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Vigna delle Oche. In cantina sono conservate tutte le annate prodotte; sul mercato lo si propone molto tardi: è possibile oggi trovare le annate 2006 e 2007, ma nelle migliori enoteche e ristoranti (come all’Hotel Ristorante Giardino di San Lorenzo in Campo) si possono trovare verticali più “profonde”. Il giovane 2006 è oggi ancora reticente – soprattutto al naso. Offre un bouquet con ricordi di pietre umide, fiori bianchi, erbe e anice; in bocca – dove al momento è più espressivo – è compatto, armonico, caldo di alcol, vibrante, con una persistenza da antologia. Il 2004 comincia ora a mostrare tutto il potenziale di questo cru: note minerali, cenni di muffa nobile, di pietra focaia, ricordi di miele di acacia; il palato è austero, materico, avvolgente, assai fine e con una godibilissima nota salmastra. Altre annate da segnalare sono la 2001 e la 2003. Natalino Crognaletti, patron della Fattoria, ci confida: «non ci sono segreti alla base della longevità dei miei vini; il Verdicchio offre una grande materia e sono felice di avere a disposizione questo vitigno, non lo cambierei con  nessun altro al mondo; la sua capacità di evolvere nel tempo è direttamente legata al vitigno dunque, ma anche naturalmente al terroir e a come si coltiva la terra: fondamentale a questo proposito un grande rispetto per la natura».

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Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Vigna delle Oche

Lo si imbottiglia a dal 1995 da uve proveniente dall’omonimo cru, a San Lorenzo di Montecarotto. Coltivato e lavorato con i criteri dell’agricoltura “naturale”, il vigneto insiste su suoli sabbioso-argillosi. I 4.000 ceppi/ha danno una resa molto bassa, a sua volta ridotta grazie alla cernita dei grappoli: massimo 2 per pianta, vendemmiati solo a fine Ottobre. La lenta fermentazione – 20 giorni – avviene in acciaio, con lieviti indigeni; dopo la malolattica il vino affina, sempre in inox, per almeno 18 mesi con permanenza sulle fecce fini, a cui seguono altri 6 mesi di maturazione in bottiglia. Il tutto, per un vino complesso, all’inizio poco “comunicativo” e mai ammiccante a ruffiane fruttuosità. Espressivo della propria personalità solo dopo un adeguato invecchiamento.

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© Riproduzione riservata - 23/11/2010

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