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Il Terrano si trova solo sui colli del Carso

8 Febbraio 2019 Roger Sesto

Il vitigno Terrano, appartenente alla famiglia dei Refosco, ha trovato il suo habitat ideale sulle colline del Carso, tanto che oggi lo si coltiva in pratica solo qui. Tra i suoi principali interpreti figura Castello di Rubbia.

Presenta un colore molto intenso (il prefisso tedesco “ter-” significa catrame) e profumi vinosi e fruttati. Ha un sorso piuttosto ricco, acidulo, tannico e un po’ aggressivo, pur nel complesso armonico nel suo genere. Le proprietà benefiche del Terrano erano note fin dai tempi dei Romani: per l’alto contenuto di ferro, esso veniva venduto fino a periodi recenti nelle farmacie come integratore naturale.

Grappolo di Terrano

Minerale come il terreno da cui nasce

Tra i principali interpreti del Terrano c’è Castello di Rubbia, azienda vinicola di Savogna d’Isonzo (Gorizia). Sottolinea la titolare Nataša Černic: «La matrice carsica del nostro terreno genera un suolo molto fertile, caratterizzato dal tipico colore rosso, fortemente acido e ricco di preziosi sali minerali. La sua capacità di trattenere l’acqua gli consente di essere produttivo. Si presta quindi prestare alla coltivazione della vite, infondendo in tutte le cultivar (Malvasia, Vitovska e Terrano) una spiccata acidità e mineralità».

Nataša Černic tra le sue viti di Terrano

La versione biodinamica di Castello di Rubbia

Il Carso Teran Riserva Doc di Castello di Rubbia proviene da un fitto impianto a Guyot di 9.000 ceppi/ha. Le rese sono di soli 25 q/ha di uva ed è coltivato in regime biodinamico. Le bacche sono appassite in pianta, arricchendosi così di polifenoli e antociani. La fermentazione è spontanea e molto rapida, con una breve macerazione di una sola settimana. Il prodotto viene travasato in botti di rovere di Slavonia dove affina per 18 mesi. L’assemblaggio avviene in acciaio e il vino è imbottigliato senza filtrazione.

Uno stereotipo duro da superare

«Tradizionalmente», aggiunge Černic, «il Terrano non arrivava a 12 gradi per via delle alte rese. Perciò, nonostante oggi i protocolli viticoli siano radicalmente cambiati, questo nettare si trova ancora a doversi confrontare con lo stereotipo di vino acido e duro, mentre in realtà è assai più armonico che in passato, longevo e fresco di aromi».

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