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Moscato rosa, emigrato dalla Sicilia

17 Maggio 2018 Roger Sesto

Il Moscato rosa è giunto in Alto Adige dalla Sicilia 125 anni fa. Tutti gli impianti sudtirolesi oggi in produzione non derivano da cloni, ma da selezioni massali effettuate partendo dai vigneti più antichi. È poco fertile e scarsamente produttivo, con rese di 15-35 hl/ha. Se il clima durante la fioritura non è ideale, il Moscato rosa tende ad avere una bassa percentuale di allegagione, con rese vendemmiali disomogenee. Il grappolo è spargolo e presenta inoltre alcuni acini più piccoli privi di semi. La sua buccia, molto sottile, comporta il rischio di ristagni di umidità e quindi di marciume, ma si rivela utile per l’appassimento, in pianta o in fruttaio, con una presenza iniziale di zuccheri già elevata.

Moscato rosa: vendemmia tardiva o passito

«Il Moscato rosa», specifica Martin Lemayr, enologo di Cantina Colterenzio, «si presta a due interpretazioni: vendemmia tardiva o passito. Nel primo caso si fa una raccolta posticipata e si opera un breve appassimento in cantina, per un vino fruttato, elegante, non dolcissimo. Nel secondo le bacche subiscono un lungo processo di disidratazione. Il nettare risulterà rosso rubino, dagli intensi aromi di rosa, lamponi, chiodi di garofano, cannella e scorza d’arancia. Il palato è grasso e persistente. Per entrambe le versioni l’importante è non estrarre tannini troppo astringenti».

 

Grappoli in appassimento

 

Come nasce il Rosatum di Colterenzio

Conclude l’enologo: «Per il nostro Rosatum, Alto Adige Moscato rosa Doc raccogliamo tardivamente parte delle uve e le vinifichiamo in acciaio con macerazione. L’altra parte la vendemmiamo a maturazione e la facciamo appassire in locali ventilati sino al livello di disidratazione desiderato. Concluse le rispettive fermentazioni, assembliamo i due vini affinandoli quindi in acciaio per 2 mesi».

Per conoscere gli altri autoctoni del Trentino Alto Adige clicca qui

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