Food Food Marianna Corte

Insetti da mangiare. Davvero saranno il cibo del futuro?

Insetti da mangiare. Davvero saranno il cibo del futuro?

Una cosa è certa: dal vero sono più belli che in foto. Parliamo degli insetti, la prossima frontiera di pochi tra i gourmet più avventurosi. Pur essendo di grande attualità, di fronte a vermi e ragni vacillano anche i buongustai più raffinati e curiosi, che al cospetto di grandi e indiscutibili chef stellati – primo fra tutti il celebre chef René Redzepi, che degli insetti faceva buon uso – tra un antipasto di formiche e le bacche selvatiche non hanno dubbi: scelgono le bacche, senza pensare alla tragica fine del film Into the Wild.

Come vincere la naturale ritrosia?

E che dal vero siano più invitanti di quanto non lo siano in foto lo posso dire a ragion veduta, raccontando di una visita a un mercato in Cambogia, quando mi sono trovata circondata da larve, ragni e altri insetti non meglio identificati, esposti in maniera ordinata come si conviene ai più tradizionali tra i market. Lì ho vinto il più atavico dei tabù: osservare animali vivi e poi assaggiarli cucinati a puntino. Molto prima di quanto non abbia fatto Angelina Jolie lo scorso febbraio, in viaggio con i bambini, tester soddisfatti di prodotti folkloristici, anch’io mi sono spinta a tanto, superando ogni barriera. E anche nel mio caso a darmi la forza per assaggiare con il sorriso è stata la mia bimba che, con l’innocenza dell’età, è immune da sovrastrutture culturali.

La difficoltà è culturale

Proprio il gap tra l’essere vivo e la sua presentazione nel piatto è il blocco più serio da superare, al confronto del quale anche il meno invitante tra i vermi diventa una primizia imperdibile. In quel contesto, ciò che mi aveva colpito era l’ordine metodico con cui i diversi prodotti erano esposti e dove gli animali vivi, chiusi in gabbiette o contenitori diversi, stavano insieme a quelli morti e in alcuni casi già “cucinati”. La repulsione verso gli insetti vivi è stata grande e quando la tarantola mi è stata appoggiata sulla mano, per poterne verificare l’autenticità, ho dovuto fare ben più di uno sforzo per pensare alle aragoste in acqua nei banchi di alcuni mercati, un riferimento certo poco corretto per gli animalisti, ma rassicurante per noi occidentali alla scoperta del Novel Food.

Insetti da mangiare, chiamiamoli Novel Food

Prima, quindi, di soffermarci sul tema centrale di questa nostra rubrica e dunque su un abbinamento al calice che, nel nostro caso, dovrebbe essere definito “possibile” più ancora che difficile, vale la pena di chiarire cosa si intenda per Novel Food, definizione dentro la quale, in base al regolamento EC n. 258/97 del Parlamento europeo e del Consiglio, sta qualunque cibo che non è mai stato impiegato stabilmente come alimento per la nutrizione umana e che può essere candidato a diventarlo, previ test scientifici e valutazioni epidemiologiche rapide: per esempio plancton, krill, alcuni tipi di microalghe, farina d’insetti e, appunto, gli insetti. Tutto ciò è, in maniera semplificata, quanto accade in termini di normative.

In Italia sono ancora un tabù

Detto ciò, in Italia gli insetti non sono ancora stati accettati, anche se si narra di un luogo a Bologna dove gli spaghetti con le camole vengono serviti, per pochi intimi ma con regolarità. In Germania, invece, c’è chi degli insetti, così ricchi di proteine, ha fatto un business (fonti Fao del 2012 dicono che il manzo analizzato a crudo ha un contenuto proteico che varia fra il 19 e il 26% in peso; la quantità proteica offerta dalle termiti, per esempio, varia fra i 13 e i 28 grammi per ogni etto di insetto crudo).

Un libro di ricette per cucinare con gli insetti

Il nome di questo imprenditore, già noto in Belgio e in Olanda dove il consumo di insetti è un po’ più diffuso, è Folke Dammann, pasticcere che ha creato la linea Snack Insects distribuita anche ai grandi chef, e autore del volume uscito in Italia lo scorso ottobre Cucinare con gli insetti (#logosedizioni, pp.128, 20 euro) dove si trovano anche descrizioni di piatti e ricette dettagliate.

E nel calice?

Per rimanere fermi al tema della rubrica, è però opportuno ritornare a quel mercato cambogiano, tra tarantole e grilli (o almeno credo fossero tali) e, nella memoria gustativa, far emergere il loro sapore, molto vicino al dolce, simile a quello di certa carne bianca, ma anche alle rane, con note marcate di nocciola. Tutte caratteristiche che, in linea teorica, si ritrovano anche in altre specie predilette dagli entomofagi e che suggeriscono al nostro esperto alcune considerazioni rispetto al calice.

All’abbinamento del vino si è prestato, come sempre, Roberto Anesi

 

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 3/2017. Per continuare a leggere acquista la rivista sul nostro store (anche in formato digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com

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© Riproduzione riservata - 23/07/2017

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