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Giovani Produttori: Simone Cecchetto e il Piave di Ca’ di Rajo

21 Marzo 2016 Jessica Bordoni
«Negli anni Settanta la Glera rappresentava il 7-8 per cento del totale impiantato nel Trevigiano. Oggi cavalchiamo un fenomeno mondiale, quello del Prosecco, ma non possiamo cancellare la nostra storia. Per questo io e la mia famiglia abbiamo deciso di recuperare alcuni antichi vitigni autoctoni come il Raboso, il Manzoni bianco e il Manzoni rosa, che richiedono più tempo ed energia, ma ci danno anche grandi soddisfazioni». A parlare è Simone Cecchetto, giovane titolare, con i fratelli Alessio e Fabio, dell’azienda Ca’ di Rajo, a San Polo di Piave. Simone è nato nel 1985 e segue la produzione insieme ad Alessio, 25 anni; mentre Fabio, ventenne, sta ultimando gli studi muovendo anche lui i primi passi in Cantina.  

Da conferitori d’uva a produttori di vino

L’attività comincia nel 1951 con il nonno Bortolo, per poi passare nelle mani del padre Marino e della madre Sandra De Giusti. Fino a 10 anni fa, tuttavia, la scelta di restare solo conferitori d’uva; poi il grande passo diventando anche produttori di vino e imbottigliatori. «Io mi sono diplomato alla scuola enologica di Conegliano», spiega Simone «e la prima vendemmia risale all’età di 19 anni: ricordo ancora l’emozione e insieme la paura di sbagliare. Quando nei primi anni Duemila abbiamo cominciato ad occuparci di tutta la filiera partivamo praticamente da zero. Ci siamo rimboccati le maniche e oggi produciamo circa 1 milione e 500 mila bottiglie, per la maggior parte a Prosecco Doc e Docg declinati nelle sue varie tipologie, con una quota di export che si aggira intorno al 70%».  

Il Raboso del Piave allevato con il sistema Bellussi

In gamma, tuttavia, c’è grande attenzione anche per le varietà locali. «La nostra filosofia produttiva è intimamente legata al territorio. I vini devono essere puliti, autentici, esprimere al meglio la terra da cui nascono. Qui nel Piave c’è una antica tradizione del Raboso, un vitigno a bacca rossa dal carattere irrequieto, difficile da domare, con una forte nota acidula e tannica. A mio avviso rappresenta perfettamente l’indole di noi trevigiani. Per ingentilirlo un po’, effettuiamo una vendemmia tardiva in pianta raccogliendo l’uva a fine ottobre. Una parte - tra il 10 e il 30% a seconda delle annate - appassisce in fruttaio per 80-90 giorni. Il procedimento per certi aspetti ricorda quello dell’Amarone. Le viti sono allevate con l’antico sistema di allevamento Bellussi, che prevede un sesto d’impianto ampio, dove pali in legno di circa 4 metri di altezza sono collegati da fili di ferro disposti a raggi. Ogni palo sostiene quattro viti, alzate 2 metri e 50 centimetri da terra, da ciascuna delle quali si formano dei cordoni permanenti che vengono fatte sviluppare inclinate verso l’alto e in diagonale rispetto all’interfilare, formando una sorta di raggiera. I sesti di impianto delle nostre piante hanno un’età media di 50 anni». La produzione di Raboso del Piave Doc e Malanotte del Piave Docg (dal 2012) si aggira sulle 20 mila bottiglie. Il vino del cuore di Simone Cecchetto si chiama Notti di Luna Piena, un importante Raboso in versione Riserva.  

L’unica azienda a produrre il Manzoni rosa spumantizzato

Un analogo lavoro di recupero e di rilancio da parte di Ca’ di Rajo riguarda gli autoctoni Manzoni bianco e rosa, di cui l’azienda produce circa 15 mila bottiglie complessivamente. «Penso in particolare al Manzoni rosa, che io ho voluto fortemente», prosegue Simone. «Siamo soltanto tre Cantine a farlo qui in zona, e noi siamo gli unici a spumantizzarlo. È una bollicina per intenditori e le 8 mila bottiglie annue sono sempre inevitabilmente sold out. La vinificazione avviene in acciaio con passaggio in autoclave. Le uve sono ancora giovani, le abbiamo impiantate nel 2012 affidandoci ai cloni dei Vivai di Rauscedo. Anche in questo caso utilizziamo l’antico sistema di allevamento veneto messo a punto dai fratelli Bellussi alla fine dell’Ottocento. Per noi la tradizione è fondamentale».

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