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Dal letame nascono i fior … e anche la vigna

6 Novembre 2018 Mario Fregoni

Le piante si sono diffuse nel mondo grazie agli uccelli e all’uomo, a seguito delle loro migrazioni e delle loro deiezioni. Questo sembrerebbe essere il motivo per cui diverse varietà di uva prendono il nome da specie di uccelli.

I nomi dei vitigni derivano da matrici linguistiche e storiche assai differenti. Per esempio la forma di allevamento a pergola ha originato il nome della Pergolona e della Schiava. Il colore dell’acino con il suffisso o radice “verde” ha dato vita ai nomi di Verdea, Verdeca, Verdello, Verdese, Verdicchio, Verdiso, Verduschia, Verduschio, Verduzzo e, probabilmente, Vermentino. Se si approfondisce il legame nome varietale-animale si possono riscontrare parecchie relazioni. L’uva piace alla volpe (donde Vitis vulpina) e alle pecore (donde forse il Pecorino). Ma anche ai cinghiali, ai caprioli e ai daini, come ben sanno i viticoltori, costretti a recintare i loro vigneti per evitare danni che si fanno sempre più ingenti, specie nelle vicinanze dei boschi.

Il Moscato piace alle api…la Vespolina alle vespe

Fra gli insetti è storico il richiamo delle api verso i Moscati, denominati dai romani Apianae. Moscato è diventato sinonimo di aroma per diverse varietà (Malvasie) e specie. Per esempio le americane del genere Muscadinia, aventi 40 cromosomi anziché 38 come quelle del genere Vitis. Le vespe sono attratte dall’uva matura e da ciò derivano i nomi di Vespaiola, Vespolina e così via. Più frequentemente il viticoltore selezionatore ha privilegiato gli uccelli o i pennuti: corvi, piccioni, passeri, rondini, merli, quaglie, fagiani, polli .

Vespe e api amano moltissimo l’uva (@ Alicja Pixabay)

Un’attrazione che è un trucco di Natura

Il significato più profondo dell’attrazione animale verso l’uva (e la frutta in genere) va ricercato nella strategia della natura. Le piante adornano il seme di una polpa succosa, dolce, profumata e aromatica, nonché da una buccia di colore attraente e visibile dall’alto e da lontano perché vogliono che un animale mangi il frutto, digerisca il seme e lo renda germinabile con gli acidi dello stomaco, la bile del fegato, le fermentazioni batteriche intestinali e quindi lo trasporti lontano dalla pianta madre, per diffondere la specie vegetale in altre terre. L’uomo ha come obiettivo il frutto, mentre per la pianta è il seme.

L’Italia è ricca di varietà perché è un facile approdo

La diffusione delle viti selvatiche o native dell’Asia (tra le quali la Vitis vinifera, che rappresenta il 99% delle varietà coltivate nel mondo) e dell’America settentrionale, sono soprattutto opera della disseminazione ornitologica, di migrazioni più o meno lontane. Se oggi distinguiamo le varietà di vite a seconda dell’area geografica di coltivazione, lo dobbiamo spesso agli uccelli e alla successiva domesticazione umana delle viti selvatiche nate spontaneamente da seme. L’Italia è il Paese più ricco di accessioni varietali spontanee e selezionate (oltre 3.000) grazie anche alla sua posizione geografica che si proietta nel Mediterraneo, facile approdo degli uccelli migratori. È cosi che si sono formate le piattaforme varietali delle regioni, che l’analisi del Dna ha dimostrato geneticamente indipendenti, perché provenienti dalla domesticazione delle Vitis silvestris diffuse localmente soprattutto dagli uccelli.

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