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Walter Massa: puntare sui rossi

15 Settembre 2009 Roger Sesto
Sui Colli Tortonesi Walter Massa, paladino del Timorasso, ci spiazza parlandoci di Barbera e Croatina. «Il Timorasso è bianco da invecchiamento. Per i primi cinque anni non fa che evolvere, ma i numeri sono piccoli; sono i rossi che fanno il Tortonese, Barbera in primis». Gli chiediamo spiegazioni: «Per produrre un vino longevo, occorrono: uva matura, sensibilità verso il territorio, affinamenti corretti. Il fatto che io sia partito da zero, mi ha consentito di non avere nulla da perdere. Oltre all’aspetto aggiuntivo di trovarmi in un territorio vitivinicolo privo di fama, ma al contempo interessante da un punto di vista geologico. Un mix di fattori che mi ha permesso di progettare vini pronti a dare il meglio della loro sostanza nel tempo evitando le scorciatoie». Massa scalpita per parlarci del Monleale (Barbera) e del Pertichetta (Croatina). Entrambi vini “naturali”, capaci di riflettere il terroir; più terragna e selvatica la seconda, più fine e imperiosa la prima. Pertichetta esce solo dopo tre anni dalla vendemmia. Le annate più interessanti sono: 1996, 1998, 1999, 2003 e 2004. Monleale, frutto di un assemblaggio di sei diverse vigne, è forse la Barbera più tipica prodotta da Massa; affina per quasi due anni in fusti da 228 litri di vari passaggi, prima dell’immissione sul mercato trascorrono altri 12 mesi. Nata nel 1981, giudicata interessante, ma cara dagli enotecari milanesi, viene piazzata all’estero. Queste le vendemmie più intriganti, ancora reperibili in cantina: 1990, l’anno perfetto; 1998, reso grande dall’alternanza di irradiazione solare, piogge e fresco al momento opportuno; 1999, una piccola, grande annata grazie a (dopo una grandinata nel mese di giugno) un giusto mix di sole e piogge sino alla vendemmia; 2000, durante la quale caldo e siccità hanno determinano un Monleale concentrato e potente; 2002, quando la mano del viticoltore artigiano, che ha seguito giorno per giorno la vigna, operando selezioni draconiane, ha fatto miracoli. Un’annata disgraziata è stata domata. Ne è scaturito un vino non potente, ma deliziosamente giocato su sfumature e armonia. La 2003 è stata speculare alla precedente, là fredda e piovosa, qui caldissima e siccitosa, ha imposto ai vignaioli di salvare l’acidità del frutto, senza ridurlo a marmellata; Massa c’è riuscito, ottenendo un vino intenso ma ancora vivido. Il 2004, dopo due anni estremi, è stato un millesimo all’insegna dell’equilibrio climatico, che però si è mostrato sin troppo produttivo, imponendo sostanziali diradamenti.
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