Vino a est: la Cina si chiude, mentre in Ucraina le bottiglie diventano molotov

Vino a est: la Cina si chiude, mentre in Ucraina le bottiglie diventano molotov

Anche il settore del vino assiste, impotente, a una nuova guerra che minaccia di cambiare pesantemente gli attuali assetti ed equilibri mondiali. I conflitti di questi giorni tra Russia e Ucraina potrebbero, infatti, ridisegnare mappe e alleanze che, in un modo o nell’altro, avranno conseguenze anche sulla produzione e sul commercio del vino.

Per approfondimenti: The New York Times, Wine-searcher, The drinks business, Vino-joy, Tecnovino, Los Angeles Times, France24 e Meininger’s Wine Business International

Cosa sta succedendo a est? Oltre a Russia e Ucraina, c’è un terzo Paese da tenere in considerazione. È la Cina, che aveva già interrotto la maggior parte delle importazioni di vino e altri prodotti dall’Australia imponendo pesanti dazi. Ora si chiude sempre di più spingendo il consumo del vino locale. Intanto Pechino si avvicina a Mosca e fortifica i legami economici tra i due Paesi, acquistando dalla Russia energia e alimenti in modo da sostenerla, indirettamente o meno, anche nelle dure sanzioni di Usa e Ue. Ma i contraccolpi economici innescati dal conflitto Russia-Ucraina non risparmieranno nessuno.

Gli accordi tra Cina e Russia

“La Russia devasta l’Ucraina, ma Mosca ha un potente alleato economico per resistere alle sanzioni occidentali: la Cina“, scrive il The New York Times. Appena sei giorni prima dell’inizio della guerra, la Russia ha annunciato un accordo per la vendita di 100 milioni di tonnellate di carbone alla Cina; un contratto del valore di oltre 20 miliardi di dollari. E poche ore prima degli attacchi in Ucraina, la Cina ha accettato di acquistare grano russo. I leader di Pechino hanno deciso di “coniugare la vasta potenza industriale cinese con le formidabili risorse naturali della Russia”, si legge ancora sul The New York Times.

Il contraccolpo delle sanzioni sul settore del vino e della birra

La Cina non ha appoggiato l’attacco russo in Ucraina; ma dall’altra parte si è opposta alle sanzioni avviate da Usa e Ue. Queste misure non coinvolgono direttamente il settore agroalimentare, ma quello tecnologico e finanziario; ci saranno, però, serie ripercussioni anche sull’export del vino, soprattutto per l’Italia e per la Francia.
«In Europa è tornata la guerra. Una guerra condotta unilateralmente dal presidente Putin […] Non c’è dubbio che ci saranno conseguenze per i nostri maggiori settori di esportazione», ha detto il premier francese Emmanuel Macron (Wine-searcher).

Un settore già provato da due anni di pandemia

“L’invasione russa dell’Ucraina ha avuto un effetto immediato sui produttori di vino e altri alcolici”, si legge sul magazine inglese The drinks business. Il settore, già provato da due anni di pandemia, dall’aumento dei prezzi delle materie prime e del costo – alle stelle anche prima dello scoppio della guerra – dell’energia, dal cambiamento climatico e dai seri rallentamenti della logistica, non potrà uscire indenne da questo conflitto. Inoltre, Russia e Ucraina sono entrambi mercati molto importanti. Almeno fino allo scorso giovedì mattina, quello ucraino era considerato un mercato in crescita per i produttori internazionali di bevande. Si prevede, inoltre, una grave crisi anche per il settore della birra, a causa dei forti aumenti dei prezzi dell’orzo, di cui l’Ucraina è tra i primi cinque produttori mondiali.

Come la Cina fa preoccupare i produttori di vino

Anticipando tali minacce, la Cina di Xi Jinping ha lavorato duramente negli ultimi anni per ridurre la dipendenza da altri Paesi, accrescendo l’orgoglio nazionale e sovvenzionando le aziende locali per produrre una gamma quasi completa di beni. Tra questi, c’è anche il vino. Secondo quanto riportato da Vino-joy, non solo il settore vinicolo cinese è in forte crescita; sempre più consumatori locali, soprattutto tra i più giovani, preferiscono il vino cinese rispetto a bottiglie provenienti da altri Paesi, o in alternativa ad altre bevande tradizionali come il distillato baijiu. Se, in un passato anche molto recente, il mercato del vino cinese era stato dominato da etichette importate, oggi la produzione domestica è in rapida ascesa. Sia per la qualità approvata anche dai critici internazionali, sia per l’impennata dell’e-commerce; ma soprattutto perché in grado di incorporare elementi culturali e filosofici propri della Cina.

La riduzione delle importazioni in Cina e la preoccupazione per il mercato russo

Come conseguenza di tutto ciò, è già evidente in Cina una riduzione delle importazioni. Il Paese è stato, finora, tra i primi cinque mercati al mondo per il commercio del vino in valore e il sesto in volume. Ma nell’ultimo periodo ha ridotto gli acquisti del -11,6% in valore e del -7% in volume. A rivelarlo, sono i dati forniti dall’Osservatorio spagnolo del mercato del vino (OeMv) nel suo rapporto sui principali acquirenti mondiali di vino. Tra i più forti 13 mercati che, insieme, nel 2021 hanno rappresentato il 73% del valore e del volume totale delle importazioni mondiali vinicole, c’era fino a questo momento, anche la Russia (Tecnovino).

Quando le bottiglie di vino diventano molotov

Ma nulla di quanto scritto finora è minimamente paragonabile all’emergenza e alla disperazione di una guerra e di chi deve sopravvivere sotto i bombardamenti. A Kiev i civili cercano modi per difendersi e lo fanno confezionando in grande quantità bombe molotov. Centinaia e centinaia – forse migliaia – di bottiglie di vetro vuote, che prima contenevano soprattutto vino o birra, sono state raccolte per essere riempite con liquido infiammabile. Alla televisione locale hanno trasmesso istruzioni su come crearle; e il ministero della Difesa ucraino ha scritto in un tweet di “fare bottiglie molotov per abbattere l’occupante” (Los Angeles Times). Per accrescerne il numero, il birrificio Pravda di Leopoli, la principale città dell’Ucraina occidentale, ha sospeso la produzione di birra per confezionare molotov. Non è la prima volta che la Pravda diventa un riferimento politico: una delle loro birre più vendute si chiama “Putin khuylo”, un insulto rivolto al presidente russo (France24).

I sommelier russi firmano una petizione contro la guerra

Intanto, anche in Russia sono iniziate le proteste contro la guerra. I contestatori russi rischiano il carcere, ma c’è chi sceglie comunque di non stare in silenzio. Molti professionisti del vino, per esempio, hanno firmato una petizione lanciata sabato 26 febbraio su Facebook e riportata da Meininger’s Wine Business International: “Noi sommelier russi, operatori del commercio di vino e della ristorazione, ci opponiamo fermamente alle azioni militari compiute dalle forze armate russe sul territorio ucraino. Siamo persone che producono e vendono vini di diversi Paesi, parliamo molte lingue e consideriamo ucraini ed europei come nostri amici e fratelli che portano la cultura del vino in tutto il mondo. Non c’è una sola persona tra noi che trarrebbe beneficio dallo spargimento di sangue. Amiamo e promuoviamo il vino russo in tutto il mondo, vogliamo che il vino unisca le persone, non vogliamo che i vini russi siano associati alla guerra. (…) Chiediamo il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina, la fine dell’insensato spargimento di sangue e il ritorno della Russia al tavolo dei negoziati”.

Foto di apertura: © А. Дмитриев – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 03/03/2022

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