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Da Vinitaly 2016 la voce dei produttori

20 Aprile 2016 Elena Erlicher
Per Vinitaly sono stati i primi 50 anni, investiti di tutta l’ufficialità dell’inaugurazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della visita del premier Matteo Renzi. Ma la fiera è stata come sempre un'occasione di business per le tante aziende partecipanti - 4.100 quest’edizione - che dal 10 al 13 aprile hanno accolto buyer e appassionati (130.000 in totale, dei quasi 50.000 da 140 Paesi con 28.000 buyer accreditati) nei loro stand. Perché Vinitaly rimane sempre momento di incontro e di lavoro importante per i produttori italiani.  

L'opinione dei produttori intervistati a Vinitaly 2016

Vinitaly è una fiera così immensa e ricca di sfaccettature che è difficile fare un bilancio comune. È ormai noto che il problema più serio rimane il traffico esterno, mentre sul fronte interno sono evidenti gli sforzi fatti da Veronafiere per gestire quello interno. Noi in quei giorni intensi abbiamo girato per i padiglioni e raccolto le tante voci dei produttori, per poter poi fare il punto della situazione. Ve le anticipiamo in una breve carrellata, che verrà poi approfondita nel numero di maggio-giugno di Civiltà del bere. Marilisa Allegrini: «È visibile un afflusso meglio moderato e organizzato in modo più razionale. Hanno fatto bene i nostri buyer norvegesi, che su mio spassionato consiglio sono tornati quest’anno, nonostante la delusione della precedente edizione. Se ne sono andati via decisamente soddisfatti dei miglioramenti nella gestione interna della fiera». Emilio Pedron di Bertani Domains: «Ci siamo presentati qui con l’annata 2008 del nostro Amarone che “guarda a caso” è per noi la cinquantesima vendemmia. La concorrenza fieristica nel mondo è forte, ma qui a Verona godiamo anche del successo del padiglione Vino di Expo 2015». Roberta Corrà del Gruppo Italiano Vini: «Per noi è una fiera importantissima. Qui giochiamo in casa e il nostro è un attaccamento anche emozionale. Certo non facciamo solo business, come a ProWein e Vinexpo, ma abbiamo la possibilità di parlare al consumatore finale. Rimane estremamente caotico il momento dell’uscita dalla fiera, che potrebbe forse essere migliorato aumentando ancora di più il numero di navette e quello dei taxi, chiamandoli magari anche da fuori provincia». Domenico Zonin: «Qui abbiamo la dimostrazione che il vino italiano ha un’immagine nel mondo e una capacità attrattiva che va al di là dei numeri che genera. Vinitaly è in rapporto simbiotico con il vino italiano: il successo dell’uno traina quello dell’altro. Le aziende che partecipano chiedono che la fiera si orienti sempre più al b2b, riservando le occasioni conviviali di degustazione a Vinitaly and the City, che quest’anno ha avuto riscontri positivi». Raffaele Boscaini di Masi Agricola: «Il processo di rinnovamento non può avvenire da un giorno all’altro, ma sicuramente abbiamo registrato la presenza di meno “bevitori” e più visitatori professionali. Veronafiere e le aziende hanno capito che per ottenere risultati bisogna viaggiare di comune accordo. Da un lato, con l’aumento del prezzo dei biglietti e servizi interni potenziati, si è visto lo sforzo dell’ente, dall’altro a nostra volta noi abbiamo ricostituito le nostre liste-inviti». Piero Mastroberardino: «Operare una “scrematura” degli ingressi permette a noi di avere una maggior cura nell’accoglienza dei buyer e degli appassionati. Un afflusso più sano e organizzato produce valore sia per la fiera sia per l’azienda. Per quanto riguarda la gestione esterna, bisognerebbe interagire ancora di più con le istituzioni. Una fiera che vuole rivolgersi al b2b deve poter offrire un paniere di servizi, interni ed esterni, completo». Matteo Lunelli di Cantine Ferrari: «La competizione fieristica sta crescendo e Vinitaly deve mantenere posizioni forti se vuole stare al passo con il resto del mondo. Una fiera per lavorare bene deve farlo anche in accordo alla città che la ospita. La città deve diventare un luogo per gli amanti del vino, mentre qui ci si concentra sul b2b». Andrea Cecchi: «Vinitaly non è una semplice fiera, ma è un insieme di attività che dura tutto l’anno con tanti momenti di incontro e iniziative importanti come OperaWine, Wine2Wine, HireMeVinitaly, VIA (Vinitaly International Academy) e gli eventi all’estero di Vinitaly International». Michele Bernetti di Umani Ronchi: «Abbiamo riscontrato un maggior numero di contatti di qualità sia esteri sia italiani, ma bisogna fare ancora maggiore attenzione per selezionare il pubblico. Il problema del traffico, invece, penso sia difficilmente risolvibile per come è strutturata la città». Angela Velenosi: «Le premesse di questa edizione erano molto interessanti, ma qualcosa è sfuggito. Il risultato non è ancora al 100%. Vinitaly è un gioiello, per cui ci sono voluti 50 anni per costruirlo. ProWein continua la sua crescita di fiera professionale. Io tifo per Vinitaly, che però deve credere ancora di più in sé». Stefano Tommasi: «Bisognerebbe agevolare anche l’operatore italiano, oltre a quello straniero, per esempio, con un controllo del nominativo del biglietto più efficace. Ma non si deve dimenticare che anche il pubblico di appassionati è nostro cliente». Alberto Tasca d'Almerita: «La strada intrapresa da Veronafiere è quella giusta. ProWein sta crescendo per efficienza logistica e organizzativa, ma Düsseldorf non è certo simile a Verona che, per come è strutturata, dà più problemi e di difficile soluzione. Rimane comunque una città meravigliosa che quest’anno è stata ravvivata dalle tante iniziative di Vinitaly and the City».   In apertura: foto di gruppo dei 100 produttori di Opera Wine, sabato 9 aprile al Palazzo della Gran Guardia di Verona

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