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Vini “sommersi”? Ma no: diversi

13 Aprile 2025 Cesare Pillon
Vini “sommersi”? Ma no: diversi
© Bisson

I prodotti che affinano sott’acqua sono sempre più di moda e originali. In questo articolo, il giornalista Cesare Pillon ci accompagna alla ricerca di un nome che possa racchiuderli tutti e riassumere le loro caratteristiche principali in modo esaustivo e simpatico

Hanno una sigla ufficiale, quasi sempre sono a Doc, ma rivendicano orgogliosamente la propria identità, che fa parte di una categoria enoica non riconosciuta ma tutt’altro che clandestina: i vini maturati sott’acqua. Questa ambivalenza genera confusione: non sarebbe meglio riunirli in una denominazione ufficiosa tipo Vini sottomarini? Prima però bisogna verificare se questo aggettivo ce l’hanno davvero tutti in comune.
Prendiamo in esame uno degli ultimi nati, il Prosecco Doc Trieste maturato in sommersione che ha esordito a Vinitaly. Si chiama Audace, è prodotto nel Carso da Parovel, che con Serena Wines 1881 ha affinato 6.492 bottiglie per 4 mesi a 20 metri di profondità nel golfo di Trieste. L’Audace è uno spumante di grandi ambizioni: l’obiettivo è che l’affinamento sottomarino diventi la caratteristica di tutti i Prosecco del Carso.

Tutto iniziò 15 anni fa con Abissi

E adesso il primo. Sono passati 15 anni dal maggio 2009 in cui Pierluigi Lugano di Bisson a Sestri Levante, immerse 11 gabbie con 550 bottiglie ciascuna di spumante metodo classico a 60 metri di profondità nel fondale marino di Portofino e le lasciò lì per 14 mesi. Grazie a quel procedimento lo spumante Abissi ha avuto un tale successo che oggi Lugano ha ampliato la gamma con Rosé e Riserva e di bottiglie ne immerge in mare 30 mila l’anno. Quando le consegna ai clienti, sono incrostate di salsedine, alghe e conchigliette, che testimoniano una maturazione avvenuta al buio, a temperatura costante di 15 °C, in assenza di rumori, ossigeno e raggi ultravioletti. Certo, sommergerle e recuperarle è costoso, ma avere la cantina in fondo al mare comporta dei vantaggi: l’ondulazione impressa dalle correnti e dalle onde sottomarine alle bottiglie tiene in sospensione i lieviti, basta metterle a testa in giù e le fecce si depositano a ridosso del tappo senza dover praticare il remuage a mano sulle pupitres o farle scuotere da appositi macchinari.

La versione pop di Akènta

E comunque, anche se c’è un prezzo da pagare, vuoi mettere il fascino che esercita una bottiglia incrostata di mare?
La pensano così anche i vignaioli della Cantina Santa Maria La Palma, che nei pressi di Alghero producono con Vermentino uno spumante Martinotti, cioè fermentato in autoclave, che hanno chiamato Akènta Sub perché lo affinano in mare, a 40 metri di profondità nell’area di Capo Caccia.
Hanno organizzato una festa popolare, l’Akènta Day, per seguire il recupero delle bottiglie: un’operazione effettuata dai sommozzatori e da un elicottero che porta le casse in azienda.

Sperimentazioni originali

In questa gara alla diversificazione il più fantasioso è Gianluca Grilli, che ha creato un’azienda per produrre vini di Sangiovese, Albana, Cabernet e Merlot che maturano non in cantina ma su una piattaforma metanifera dell’Agip, la Paguro, tragicamente affondata in fiamme nel 1965 davanti a Porto Corsini (Ravenna) e trasformatasi in un’oasi sottomarina, popolata da ostriche, granchi, astici, scorfani e paguri, tanto da essere dichiarata nel 1995 sito di importanza comunitaria.
Ma non è da meno la Cantina nel mare, che sommerge a 7 km dalla costa di Cesenatico, bottiglie sigillate sul tappo con gommalacca che contengono vini ricavati da uve di varietà autoctone romagnole. Al vertice sono il bianco Candidum, da uve Famoso, detto anche Rambela, e uno spumante rosé metodo ancestrale, il Rosatum, da Bursôn-Longanesi.

In profondità anche i vini dolci

A distinguersi c’è riuscita perfino la minuscola Cantina Possa di Riomaggiore, nelle Cinque Terre: il suo titolare, Heydi Samuele Bonanini, tenendo 48 bottiglie sommerse per 6 mesi a 52 metri di profondità nelle acque del Tigullio, ha realizzato nel 2022 lo Sciacchetrà Underwater, il primo vino dolce al mondo affinato in mare.
Il vino subacqueo più diverso di tutti è però il Lagorai, spumante metodo classico Trentodoc Riserva, Chardonnay 100%, della Cantina Romanese di Levico Terme, affinato per oltre 2 anni a 20 metri di profondità, ma non in mare, nelle acque dolci del lago di Levico.

La volontà di essere diversi

Quindi la denominazione Vini Sottomarini non potrebbe riunire tutti i vini affinati sott’acqua: si potrebbe provare a sostituirla con Vini Subacquei se sei anni fa nell’isola d’Elba l’azienda di Stefano Arrighi non avesse realizzato il bianco Nesos, immergendo nel mare per 5 giorni uve di Ansonica, appassendole, fermentandole e affinando per 6 mesi il vino con le bucce in anfora. Conclusione? L’unico elemento che questi vini hanno in comune è la volontà di essere diversi: se appartengono a una categoria, è quella dei Famolo Strano.

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 2/2024. Acquista

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