I vini di montagna abitano luoghi aspri ed estremi. Le vigne sono strappate alle cime attraverso piccoli fazzoletti di terra, in un corpo a corpo con le rocce, le rupi e gli anfratti, tra terrazzamenti, muri a secco e forti pendenze. Dalla Valle d’Aosta all’Etna, questa nuova serie ci porta al cospetto di una viticoltura impervia e spettacolare, frutto di secoli di strenuo lavoro contadino, di cui è erede il vignaiolo moderno. Seconda tappa: Torrette.
Benché Torrette sia la denominazione più estesa della regione – coinvolge diversi comuni, anche dell’Envers, per quasi 60 ettari di estensione – la sua zona storica ne occupa soltanto quattro. Tutti sull’omonimo monte situato sopra l’abitato di Saint-Pierre. Non che manchino buoni e ottimi vini anche nell’area “allargata” (ad esempio, il Torrette Superiore di Elio Ottin), ma è tra gli spalti del monte Torrette e nel pugno di vigne che sottraggono francobolli di roccia al suo mastodontico profilo che si trova il luogo più vocato e ancestrale della sua viticoltura.
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