In questo angolo del Trentino la viticoltura eroica si sviluppa lungo un altopiano aperto e soleggiato tra i 600 e i 750 metri. È la (piccola) patria del Groppello di Revò, una micro produzione che resiste con orgoglio all’avanzata dei meleti. Recuperata negli anni Novanta, questa varietà tardiva a bacca rossa gode di appassionati interpreti, come El Zeremia e Laste Rosse
Ci troviamo nella parte nord-occidentale del Trentino, in una zona un tempo chiamata Anaunia, sulla terza sponda del lago artificiale di Santa Giustina, all’interno di un altopiano aperto e soleggiato dal clima alpino. I paesi di Revò, Romallo, Cagnò e Cloz (comune sparso di Novella) rappresentano l’attuale “riserva indiana” del Groppello della Val di Non, in seguito ribattezzato Groppello di Revò. Ridotto a un numero di ettari che si contano su una mano, questo vino-vitigno recita il ruolo del sopravvissuto – fanalino di coda regionale, scomparso dai radar della comunicazione, senza nessuna denominazione di origine che lo disciplini (esce come Vigneti delle Dolomiti Igt) o presidio che lo protegga – mentre tutt’intorno dominano a migliaia i meleti (è il regno di Melinda).
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