Uva criolla, il gusto della storia conquista l’Argentina

Uva criolla, il gusto della storia conquista l’Argentina

Nonostante l’origine francese, è noto come da diversi anni il Malbec venga identificato come il vitigno emblematico dell’Argentina, così come lo sono il Tannat in Uruguay e il Carmenère in Cile. Eppure quasi un terzo della superficie vitata argentina è occupata dalle cosiddette uve creole.

Le uve creole diffuse in Argentina sono state generate da incroci naturali tra le piante di vite portate dagli spagnoli sin dai tempi della conquista e diffuse soprattutto nella provincia di Mendoza. Varietà dalle quali finora si sono ricavati vini bianchi e rosati per lo più mediocri, destinati prevalentemente al consumo interno.

Una famiglia di uve storiche

L’uva criolla più conosciuta è il Torrontés, che si presenta in tre forme: Riojano, Mendocino e Sanjuanino. Altre varietà sono la Criolla Chica, la Criolla Grande, la Cereza e la Pedro Giménez. Tra tutte queste, la Torrontés Riojano è considerata l’unica con caratteristiche per esprimere un’elevata qualità enologica. Nonostante ciò, negli ultimi tempi si sta assistendo a un sempre maggiore interesse verso queste varietà da parte di aziende che producono vini di fascia alta o media destinati a particolari mercati.

Alejandro Kuschnaroff di Ernesto Catena

Sono varietà da proteggere

A questo proposito Alejandro Kuschnaroff, enologo dell’azienda Ernesto Catena, è dell’avviso che le varietà Criolla debbano essere protette. «Le varietà creole producono naturalmente vini con stili freschi, più leggeri e facili da bere, qualcosa che i consumatori stanno cercando in questo momento. Il mio obiettivo è perciò ricreare il vino che i nostri nonni hanno bevuto e apprezzato una volta. Purtroppo l’Argentina sta perdendo parte della sua storia. Dagli anni ’80 i vini Criolla hanno iniziato a perdere spazio sugli scaffali e negli anni ’90 e 2000, l’Argentina ha iniziato a concentrarsi maggiormente sugli stili internazionali di vino fino a perdere negli ultimi quindici anni il 50% delle viti Criolla. Qualcosa come quasi 10 mila ettari sradicati».

Mauricio Boullade di Barbarians Wine

Grappoli che raccontano il legame tra Vecchio e Nuovo Mondo

Dello stesso avviso è anche Mauricio Boullaude, fondatore del Barbarians Wine Group: «Sono queste la nostra storia e la nostra eredità, perché attraverso queste varietà ampelografiche si racconta la storia che abbraccia il Vecchio e il Nuovo Mondo. Ecco perché vogliamo recuperare la nostra storia nazionale, anche se i vini potrebbero non essere così complessi come quelli ottenuti dal Malbec; però sono facili da bere, meno alcolici e in estate possono essere una valida alternativa alla birra».

Santiago Mayorga di Cadus Wine

C’è chi scommette su vini importanti da Criolla Grande

Qualcuno però sembra essere ancora più ottimista riguardo alla qualità che possono esprimere le varietà creole. È il caso di Santiago Mayorga, enologo di Cadus Wines: «Io credo che nel giusto ambiente e con una buona gestione, l’uva Criolla possa produrre vini seri ed eleganti». In effetti, Cadus ha realizzato un rosso Criolla Grande in purezza nella sua linea Signature usando le viti a pergola vecchie di 35 anni e ottenendo basse rese e uve di buona qualità. «Ricaviamo circa otto tonnellate per ettaro nel nostro vigneto di Vista Flores, quando alcune di queste varietà possono arrivare a produrre fino a 40 tonnellate per ettaro. Certo, avremmo bisogno di un numero maggiore di aziende vinicole per creare stili più seri di Criolla affinché l’uva sia meglio rispettata».

Lucas Niven

I primi vini naturali da uva Criolla

Atteggiamenti che stanno cambiando, come testimoniano anche alla Bodega Pala Corazón della famiglia Niven. L’azienda produce tre Criolle naturali e non filtrate con il marchio Criolla Argentina. L’enologo Lucas Niven spiega: «Un tempo le uve creole erano usate per vendere il succo d’uva e il mosto d’uva concentrato rettificato, ma finalmente negli ultimi dieci anni queste varietà stanno beneficiando di un interessante risveglio».

Importante il contributo governativo

Un risveglio grazie anche all’interessamento dell’Inta (Istituto Nazionale di Tecnologia Agricola) che attraverso la sua stazione sperimentale di Mendoza sta svolgendo un proficuo lavoro di salvataggio di queste varietà creole. Negli ultimi cinque anni sono state infatti identificate una decina di varietà con un potenziale enologico promettente grazie alla loro composizione polifenolica, al profilo aromatico e all’acidità e che consentono di garantire che ci siano altre varietà creole, oltre ai Torrontés Riojano, che hanno un alto potenziale enologico. Attualmente l’Inta sta moltiplicando queste varietà per stabilire una sperimentazione più ampia e produrre i loro vini su scala più ampia.

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© Riproduzione riservata - 21/05/2020

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