Senza confini Senza confini Mike Veseth

Una modesta proposta per le AVA, Aree Viticolturali Americane

Una modesta proposta per le AVA, Aree Viticolturali Americane

Ci sono troppe AVA (American Viticultural Areas)? O non abbastanza? Ecco una modesta proposta per massimizzare i benefici delle denominazioni del vino negli Stati Uniti.

Ogni volta che viene rese nota una lista di “Aree Viticolturali Americane”, o AVA (American Viticultural Areas) mi trovo a scuotere la testa per lo sconcerto. Ma che baggianata! Vedete, sono un autentico triste Ebenezer Scrooge della scienza (sì, l’acido protagonista di “A Christmas Carol”, di Charles Dickens, quello che non crede al Natale, ndt). E così la mia prima reazione è sempre di pensare al valore economico delle nuove designazioni e sotto-designazioni.

Non tutte le AVA sono Napa

Soltanto poche denominazioni statunitensi hanno un reale valore economico, nel senso che una bottiglia di vino vale di più se il magico nome appare in etichetta. Napa è un buon esempio di AVA premiante. Molte, se non la maggior parte, delle denominazioni AVA aggiungono uno scarso valore monetario e talvolta possono persino sottrarre valore in generale, per la confusione che generano nei consumatori, che si chiedono che significato abbiano e in che modo si differenzino l’una dall’altra.

Non è (solo) una questione di soldi

Mi ci è voluto molto tempo per spostare la mia attenzione dal denaro e pensare ad altri fattori. In molti casi l’obiettivo di un’AVA è semplicemente l’identità, il desiderio di rappresentare qualcosa di particolare in un mondo generico. Può anche esserci un pizzico di paura di passare inosservati. Me ne rendo conto. Viviamo, sotto molto aspetti, nell’Età dell’Identità. Perché per il vino dovrebbe essere diverso?

Denominazioni Napa Valley AVA mappa
La mappa delle AVA in Napa Valley

Il valore della cooperazione

Un altro risultato, se non proprio un obiettivo, può essere la solidarietà; vedersi approvata una denominazione AVA non è facile e richiede ai produttori di lavorare insieme. Una volta che hanno unito i loro sforzi per dare vita a una denominazione, magari possono trovare altre opportunità per cooperare. Non è un argomento da sottovalutare. Il ruolo delle AVA nel creare o rafforzare identità e solidarietà mi ha fatto pensare a una poco nota teoria economica definita Piano del Nord Dakota. Il suo creatore fu il famoso economista John Kenneth Galbraith. L’idea è questa; lo stato-nazione è una buona cosa, in parte perché dà ai suoi cittadini una sovranità, che diventa importante, e ce ne rendiamo conto in questo periodo, nel modo in cui viene presentata negli attuali dibattiti sulla Brexit in Regno Unito. Più stati vogliono dire più sovranità e più benefici. Tutto chiaro fino a qui?

Il Piano del Nord Dakota

Ma la sovranità crea problemi, perché le azioni sovrane di uno stato possono talvolta minacciare la sovranità di un altro stato e, nel peggiore degli scenari, degenerare in conflitti o anche guerra. In che modo il mondo può massimizzare quanto di buono c’è nella sovranità, riducendo al minimo il male della guerra? La soluzione provocatoria proposta da Galbraith nel 1978 è il Piano del Nord Dakota, cioè dividere il mondo in decine di stati-nazione, ognuno più o meno della dimensione e della forma del Nord Dakota.

Tanti piccoli stati per evitare i conflitti

Se non avete dato un’occhiata a un atlante di recente, il Nord Dakota è all’incirca un rettangolo. In questo modo i confini non devono necessariamente basarsi su schemi geografici o demografici. Sarebbero completamente arbitrari.
Ci sarebbero molti piccoli stati, e quindi molti presidenti, primi ministri, ministri degli esteri, e molta sovranità. Ma ogni Paese sarebbe troppo piccolo per avere un grande esercito o una grande marina, e i conflitti sarebbero limitati. L’obiettivo di ogni stato sarebbe piuttosto incentrato su come vivere insieme, dal momento che la loro capacità di interferire negli affari di un altro sarebbero ridotte.

La variazione con arma nucleare

Credo di ricordare una variazione della teoria in cui a ogni stato viene assegnata una piccola arma nucleare come deterrente per i nemici. L’idea era che nessuno avrebbe usato la sua bomba atomica perché, una volta usata, sarebbe rimasto senza difesa. La pace regnerebbe sovrana. Per quanto ne so nessuno ha preso sul serio la modesta proposta di Galbraith di un mondo diviso in tanti Nord Dakota, e probabilmente è meglio così. Ma la teoria mi ha ispirato un piano satirico per le AVA statunitensi, che probabilmente potete già immaginare.

La forma del Nord Dakota ricorda un rettangolo

Il sistema delle AVA del Nord Dakota

Perché non aumentiamo a dismisura il numero delle AVA coprendo la mappa vinicola degli Stati Uniti con centinaia e centinaia di denominazioni arbitrarie per forma e dimensione? Personalmente darei loro la forma delle tessere di un puzzle, ma potrebbero essere quadrate o triangolari, come preferite. Ognuna avrebbe un nome e, naturalmente, un’identità. Più AVA, più identità: ognuna ne ricaverebbe vantaggi. Che cosa ci sarebbe di sbagliato?

Tante AVA, molte sfide, innumerevoli identità

Ognuna si troverebbe anche di fronte a una sfida, superabile soltanto con la solidarietà. Con confini  totalmente arbitrari – diversamente dai limiti di oggi che sono talvolta determinati da un insieme di terroir e politica – la geografia non sarebbe più un fattore su cui basarsi per distinguere un’AVA. Coltivatori e winemaker all’interno di ognuno di questi blocchi dovrebbero lavorare insieme per creare una vera identità, un blend comune, con un suo stile o una suo vitigno distintivo, per esempio. Dovrebbero lavorare per dare alla loro AVA un significato perché, altrimenti, sarebbe soltanto un’altra forma senza significato sulla mappa, e un nome su un’etichetta presto dimenticato.

A proposito di “modeste proposte”

Il tema delle “proposte modeste” è che non sempre sono quello che sembrano. La più famosa “modesta proposta”, il suggerimento di Jonathan Swift che i genitori irlandesi in miseria si nutrissero dei loro figli affamati, non aveva lo scopo di incoraggiare l’omicidio o il cannibalismo. Intendeva sconvolgere i lettori per spingerli a riconoscere il modo spietato e senza cuore con cui i poveri irlandesi erano trattati, e le condizioni disperate che stavano vivendo. Funzionò, anche, rendendo i cittadini inglesi più consapevoli delle conseguenze delle politiche del loro governo nei confronti dell’Irlanda.

Il (probabile) provocatorio significato del piano Nord Dakota

Il Piano del Nord Dakota di John Kenneth Galbraith probabilmente rifletteva la sua esperienza dome diplomatico nell’amministrazione Kennedy, in cui fu ambasciatore degli Usa in India. Sapeva che grandi e potenti stati non garantivano pace e prosperità, ma che in realtà spesso facevano proprio l’opposto (pensate alla reciproca minaccia di distruzione della Guerra Fredda). Il suo esperimento ideale del Nord Dakota rovesciava la realtà, in cerca di una soluzione migliore ai problemi del mondo.

Con le AVA potrebbe accadere per davvero

Nessuno potrebbe prendere seriamente in considerazione i mio piano “Nord Dakota” per le AVA degli Stati Uniti. Intende far ridere. Ma è ciò che il vino statunitense potrebbe più o meno diventare tra una trentina d’anni se si trend attuali dovessero perdurare. Non succederà tutto in una volta, ma soltanto con l’aggiunta di qualche AVA qui e là ogni tanto. Ma alla fine il risultato sarà esattamente lo stesso.

Bisogna cercare nuove soluzioni

Può darsi che le AVA fossero il modo migliore di creare un’identità in passato, quando c’erano solo poche denominazioni – la prima vera AVA assegnata negli anni Ottanta non fu Napa, che arrivò solo qualche mese dopo, ma Augusta, in Missouri. Forse però oggi, che le AVA si contano a centinaia, ci sono strade migliori da seguire. Altrimenti il futuro potrebbe essere un mondo del vino suddiviso come un puzzle.

Foto di apertura un vigneto nella AVA Augusta, nello stato del Missouri, la prima denominazione istituita negli Usa negli anni Ottanta (Augusta Winery)

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© Riproduzione riservata - 07/11/2020

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