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Un tempio per Masseto

8 Luglio 2019 Elena Erlicher
Un tempio per Masseto

Visita alla nuova cantina di Masseto. Il vino italiano più caro al mondo apre la sua casa, progettata dallo studio milanese di architettura ZitoMori. Sottostante all’omonimo vigneto, vicino a Bolgheri, si estende in profondità per 2.500 mq. Il caveau contiene tutte le annate dal 1986.

Il Masseto ha trovato la sua casa, inaugurata ufficialmente lo scorso aprile. Più che una casa un tempio, che rafforza e riflette la sua identità di vino iconico. L’etichetta italiana più cara al mondo, solo on line spunta prezzi superiori ai 6-700 euro a bottiglia, per non parlare delle quotazioni oltre ai 1.000 euro raggiunte nelle aste internazionali. La tenuta dove nasce Masseto, controllata dalla famiglia Frescobaldi, sorge sull’omonima collina della costa toscana, a poca distanza da Bolgheri.

La casa ideale di un vino mito

Qui, scavata nell’antica argilla blu su cui sorge il vigneto, si estende per 2.500 metri quadrati in profondità e su più livelli la nuova cantina. Un omaggio fisico e simbolico alla storia e alla rapida evoluzione di questo vino mito. «Abbiamo dedicato anni alla pianificazione e alla costruzione della casa ideale per il Masseto», dichiara il ceo Giovanni Geddes da Filicaja, «un luogo frutto di trent’anni di esperienza. Abbiamo studiato ogni dettaglio con dedizione per soddisfare le precise esigenze del nostro team di enologi»

Masseto nasce da uve Merlot selezionate a mano

Il progetto

La progettazione della cantina opera degli architetti Hikaru Mori e Maurizio Zito dello studio milanese ZitoMori. In superficie emergono dalla collina solo il basso profilo dell’area di ricezione delle uve e della vecchia casa di Masseto (l’antico edificio che sovrasta il vigneto), restaurata nel rispetto dello stile tipico locale. Tutto è stato studiato per essere in perfetta simbiosi con l’ambiente naturale circostante. Il concept design è stato denominato dagli architetti “la cava”, per via del processo estrattivo con il quale è stato realizzato. «Per raccontare l’impegno necessario a produrre questo vino», spiega Hikaru Mori, di origini giapponesi, «abbiamo deciso di creare una serie di spazi non costruendoli, ma scavandoli nel corpo monolitico della collina. La diversità dei volumi e delle altezze interne e la disposizione su più piani richiamano la struttura di una miniera d’oro, che insegue i filoni di metallo prezioso fino al giacimento centrale».

Tra austerità, modernità e tradizione

Nell’edificio interrato, che ricorda i templi dell’antichità, l’impatto tecnologico è ridotto al minimo. «Qui nulla manca o supera il necessario», racconta Axel Heinz, direttore di Masseto, sottolineando lo stile di vinificazione della Tenuta, connubio di austerità, modernità e tradizione. «Fare vino per noi significa limitare i processi, ridurre gli interventi, in linea con la filosofia del “less is more”»

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