Premium Premium Mario Fregoni

Un parere contro gli ibridi in viticoltura. Il mulo è passato ma il cavallo è rimasto

Un parere contro gli ibridi in viticoltura. Il mulo è passato ma il cavallo è rimasto

Gli ibridi tra specie europea e americana/asiatica potranno entrare nelle Dop grazie ai nuovi regolamenti Ue. Mentre la Vitis vinifera ha dimostrato le sue alte prestazioni qualitative, gli incroci interspecifici non hanno finora dato i risultati sperati.

L’articolo fa parte della Monografia Diversità e Inclusione
(Civiltà del bere 1/2022)

L’Unione Europea al termine del 2021 ha approvato un regolamento che consente l’impianto degli ibridi interspecifici, tra la Vitis vinifera (detta europea) e le specie americane e/o asiatiche, anche per la produzione delle Dop (le nostre Doc e Docg), senza una procedura da adottare per gli Stati membri. Il Paese europeo che ha un regolamento meglio strutturato per l’iscrizione nell’elenco delle varietà coltivabili è la Francia. Anzitutto la procedura è condotta da un Consiglio scientifico tecnico di portata nazionale. Il primo esame di una nuova varietà riguarda tre parametri: la nuova accessione deve possedere un carattere Distinto, Omogeneo e Stabile (DOS), dato che proviene da seme, geneticamente ibrido e differente dai genitori, generalmente frutto di alcune reibridazioni di sostituzione dei geni della cattiva qualità e della resistenza alle malattie (che i viticoltori combattono da circa 150 anni: peronospora e oidio).

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© Riproduzione riservata - 12/05/2022

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