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Sistema Bordeaux (3): la visione del distributore

15 Settembre 2025 Anita Franzon
Sistema Bordeaux (3): la visione del distributore
© Bradley - Unsplash

Siamo giunti all’ultima puntata dell’inchiesta sullo stato di salute della storica regione francese. Dopo le considerazioni di Raoul Salama, autorevole docente e giornalista francese, la parola passa a Massimo Bernardi, direttore commerciale della società di distribuzione Sarzi Amadè. Che vede il bicchiere mezzo pieno e l’annata 2024 come quella della ripresa

«Per me Bordeaux resta un modello di riferimento, una fonte di ispirazione. Qualsiasi scelta i suoi produttori facciano, è seguita da tutti, è fatta con metodo, in modo strategico e compatto. Avendo tutti quei numeri e valori da spostare, se scelgono di andare verso una certa direzione, vuol dire che ci hanno pensato molto bene prima. Perché sono bravi, tanto bravi». Questa è la visione di Massimo Bernardi, direttore commerciale di Sarzi Amadè, azienda leader nella distribuzione di vini francesi (e non solo) in Italia. Bernardi osserva da vicino l’evoluzione di Bordeaux, partecipando regolarmente all’En Primeur. Dal suo punto di vista, l’annata 2024 segna un punto di svolta per la regione francese: a livello stilistico, ma soprattutto commerciale.

Bordeaux (3)
Massimo Bernardi, direttore commerciale di Sarzi Amadè

Un’annata sorprendente e più vicina al mercato

«A Bordeaux sono molto bravi anche a gestire tutta la filiera», afferma Massimo Bernardi, che attribuisce alla loro coesione la capacità di affrontare con pragmatismo e visione un’annata e una campagna En Primeur a dir poco complicate. I vini 2024? «Molto eleganti, fini, sani, puliti ed estremamente piacevoli. Hanno prodotto vini più leggeri approfittando di un’annata piovosa e hanno abbassato i prezzi per avvicinarsi al mercato. Del resto, sono sempre stati bravi a farlo», spiega.

Oltre il romanticismo: il vino va venduto

Le oscillazioni dei prezzi da un’annata all’altra possono creare perplessità su alcuni mercati come quello italiano: «In Italia non siamo abituati a queste variazioni. Da noi avvengono solo in rare occasioni, come per riposizionamenti specifici, e il vino è ancora vissuto in maniera romantica, artigianale. Bordeaux, invece, lo tratta come un prodotto da manuale di marketing, con logiche da mercato finanziario», spiega ancora l’esperto. «Oggi anche gli Châteaux più blasonati devono vendere, non sono più così elitari e non possono contare solo sugli Stati Uniti o sulla Cina, o ancora sui punteggi dei critici. Devono cambiare approccio perché, al di là del romanticismo, non dobbiamo dimenticarci che ogni bottiglia di vino nasce per essere venduta. Chi la produce deve far tornare i conti. Altrimenti farebbe il poeta», osserva con il sorriso Bernardi.

Questione di moda? No, di stile e di scelte ben ponderate

Dall’altra parte Bernardi sottolinea la complessità dietro qualsiasi scelta stilistica, che non può mai essere dettata da una semplice moda. Se, oggi, il mercato richiede vini diversi rispetto a quelli che hanno decretato nei decenni passati il successo di Bordeaux, i cambiamenti che ne conseguono sono il frutto di scelte ben ponderate: «Cambiare stile di un vino non è come cambiare il colore a un vestito o a un paio di scarpe. Significa modificare gli impianti, le rese, le botti, fare investimenti. Nel frattempo, inoltre, si potrebbe avere a che fare con annate difficili. Servono tempo e risorse».

Più racconto e contatto diretto

Tuttavia, c’è anche un limite nel sistema commerciale bordolese: «Il sistema di vendita si basa su La Place, sui négociants. Ma questo crea uno scudo tra chi produce e chi beve. Per questo alcuni Châteaux stanno riducendo il numero di négociants e investendo nell’ospitalità e nei brand ambassador. Anche Château Haut-Brion sente il bisogno di raccontarsi direttamente». Secondo Bernardi, dunque, anche le più prestigiose etichette bordolesi, hanno necessità di maggiore relazione, di contatto con il consumatore finale: «Bordeaux è ancora poco conosciuto, anche tra i professionisti. Ma c’è sete di conoscenza. Finora è stato visto come un prodotto finanziario, ma gli Châteaux stanno tornando a pensarlo come prodotto agricolo».

Il ritorno di Bordeaux, anche come investimento

Nonostante le difficoltà, Massimo Bernardi è convinto che Bordeaux abbia ancora molto da dire. «Ho spinto personalmente Sarzi Amadè a crederci, perché secondo me tornerà a splendere». E magari lo farà anche attraverso nuove etichette e nuovi colori, come i bianchi secchi, sui quali molti produttori stanno investendo consapevoli della maggiore attrazione verso questa tipologia che ha già riscosso particolare successo nel corso della più recente En Primeur. Ci sono, dunque, tutti i presupposti per tornare non solo a credere, ma a investire sui vini di Bordeaux: «La stagione è stata buona, i vini eleganti, fini, con struttura, e soprattutto costano relativamente poco. È un’annata che può smitizzare l’idea che abbiamo di Bordeaux: vini più accessibili, anche nel prezzo. Io investirei, perché Bordeaux è sempre Bordeaux».

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