La pianta, a causa del global warming, va spesso incontro a germogliamenti precoci, anticipi di maturazione, ecc. Analizzare le medie giornaliere delle temperature nel periodo invernale può essere un utile strumento per programmare la viticoltura. L’idea del prof. Mario Fregoni
Negli ultimi decenni si sono verificati disturbi fisiologici nella vite, attribuiti ai cambiamenti climatici. Questa pianta è diffusa in molte aree del mondo, coltivata o selvatica, da circa zero gradi di latitudine a 50 gradi di latitudine nell’emisfero nord, da circa zero a 40 gradi di latitudine nell’emisfero sud. Tuttavia si trovano vigneti anche in zone equatoriali e tropicali, a bassa latitudine, e pertanto si intuiscono i motivi delle variabili condizioni climatiche che possono determinare disturbi delle fasi fenologiche.
Le fasce di coltivazione
Il riscaldamento climatico ha indotto a ricercare aree temperate, per cui la vite sta migrando verso i poli o verso altitudini più elevate. È il caso, per esempio, dell’impianto di un vigneto sperimentale in corso a Chamois, in Valle d’Aosta, a 1800 m di altitudine, il più alto d’Europa, ma non del mondo, perché all’equatore può giungere fino a 3500 m.
Le fasce di maggiore coltivazione della Vitis vinifera sono due: la prima più estesa va da 30 a 50 gradi di latitudine nord, la seconda da 30 a 40 gradi di latitudine sud, con qualche eccezione in Nuova Zelanda. In queste aree la vite coltivata soddisfa il suo fabbisogno in freddo invernale e produce una sola volta all’anno, con la caduta naturale di tutte le foglie in autunno.
Man mano che ci spostiamo verso l’equatore aumenta il caldo e il riposo passa da insufficiente a nullo nelle zone tropicali (fra i 10 gradi nord e i 10 gradi sud) ed equatoriali (0 gradi di latitudine), dove sono stato più volte personalmente per studiare la vite in assenza di riposo. Nelle zone equatoriali e tropicali la vite non riposa mai e diventa una pianta sempreverde, con foglie verdi tutto l’anno e grappoli in diverse fasi di sviluppo (dalla fioritura alla fase erbacea, fino alla maturazione completa).
Qui l’uomo ottiene due-tre raccolte in un anno con una particolare tecnica di forzatura, adatta per le uve da tavola ma non per quelle da vino. Al contrario nelle zone temperate a riposo soddisfatto si ottengono i migliori vini del mondo.

Gli indici calorici
Al fine di individuare in queste aree le varietà più consone per i differenti obiettivi enologici, Branas, Winkler, Huglin e altri hanno calcolato indici climatici basati sulle somme delle temperature medie giornaliere superiori a 10 °C, utili alla fotosintesi, nel periodo che va dal germogliamento (all’inizio del ciclo vegetativo) alla caduta delle foglie, quando comincia il riposo autunno-invernale, causato dalle basse temperature inferiori ai 10 °C di media giornaliera.
Per secoli ci siamo preoccupati di ottenere più zucchero dalla fotosintesi fogliare, ma attualmente l’innalzamento delle temperature ci spinge a limitare il grado alcolico dei vini, a mantenere l’acidità alta, il pH basso, i polifenoli non ossidati e gli aromi più fini delle uve.
Per questi motivi, diversi anni fa, ho ideato l’Indice Fregoni (IF), che somma le temperature medie giornaliere inferiori a 10 °C che si verificano nel mese pre-vendemmia (variabile secondo l’epoca di maturazione delle varietà). Mentre gli altri indici climatici sommavano le calorie del periodo vegetativo, l’IF va in senso contrario perché somma le basse temperature nel periodo che precede la raccolta. E questo perché gli ultimi giorni della maturazione sono determinanti per la qualità delle bacche, e di conseguenza del vino.
Un aiuto per le scelte enologiche
Gli indici bioclimatici studiati sinora si riferiscono al periodo germogliamento-caduta delle foglie, mentre non ci siamo preoccupati di definire un indice per il periodo di riposo delle fasce temperate, che va dalla caduta delle foglie (ottobre) alla nuova emissione delle foglie o germogliamento (aprile). Sostanzialmente nei vigneti delle zone temperate la Vitis vinifera vegeta per 6 mesi circa e riposa per altrettanti 6 mesi.
Con l’avvento dei cambiamenti climatici sono stati rilevati fenomeni di disturbo fisiologico, quali l’anticipo della maturazione (anche di un mese), l’aumento del grado zuccherino, un più precoce germogliamento (anche di numerosi giorni, a seconda della varietà), il dilazionamento e l’irregolarità del germogliamento delle gemme (chiaro sintomo di modificazione dell’equilibrio ormonale). Per tali motivi si rende necessario lo studio di indici climatici del riposo basato sulle somme delle medie giornaliere inferiori a 10 °C durante il periodo caduta-rinnovo delle foglie, al fine di scegliere le varietà più adatte e gli obiettivi più consoni per i singoli territori: per esempio se essi siano più adatti a vini fermi, bianchi, rossi, rosati, spumanti, da dessert, ecc.
Questi indici dovrebbero essere definiti con i dati delle capannine meteo distribuite nelle zone di produzione classiche, sino a 1200 m di altitudine. Si avranno in tal modo somme termiche del freddo autunno-vernino, che dovrebbero essere in correlazione inversa con gli indici calorici predetti del periodo vegetativo.
Gli indici del riposo consentiranno così di programmare una viticoltura adatta ai cambiamenti climatici e di rispondere al dilemma collina-pianura, corrispondente a quello del rapporto quantità-qualità.
Foto di apertura: le somme termiche del freddo autunno-vernino saranno in relazione inversa con gli indici del periodo vegetativo © Vigna Munie – Parusso