Santi, la Valpolicella e l’arte del blending

Santi, la Valpolicella e l’arte del blending

Santi ha fatto della tradizione e dell’identità territoriale i suoi punti di forza. Gli appezzamenti si trovano in Val d’Illasi, Valpantena e nell’area Classica. Il direttore Cristian Ridolfi sottolinea l’importanza e il valore della sinergia che si crea tra i vitigni autoctoni Corvina, Corvinone e Rondinella.

“Il senso della Valpolicella per il blending”, si potrebbe dire parafrasando il titolo di un celebre libro danese. Quando si parla dei vini che nascono sulle colline a nord di Verona, si fa immancabilmente riferimento all’appassimento – l’antica tecnica utilizzata per la produzione dell’Amarone – ma spesso ci si dimentica di un altro aspetto fondamentale: quello della sapiente unione tra uve diverse, che è appunto l’arte del blend.

Terra di autoctoni

Un concetto caro alla storica Cantina Santi, oggi nell’orbita del Gruppo Italiano Vini, e al suo direttore Cristian Ridolfi. «La Valpolicella si distingue per le sue varietà autoctone, che crescono solo in questi luoghi. Penso ovviamente alla Corvina, ma anche al Corvinone e alla Rondinella, per citare le maggiori, che vengono tradizionalmente vinificate insieme. Si crea così una sinergia, che apporta equilibrio, profondità e piacevolezza a ciascun vino. E questo vale sia per il “mitico” Amarone che per gli altri rossi simbolo».

Il direttore di Santi Cristian Ridolfi

Corvina regina del blend

Il vitigno principe è certamente la Corvina, che possiede la più alta dotazione tannica. È la “spina dorsale” del blend e apporta anche la maggiore acidità. «I suoi descrittori aromatici sono il fiore della viola, la frutta a bacca scura come la prugna e note di sottobosco». Simile nel nome, tanto che c’è chi erroneamente pensa che si tratti della medesima cultivar, è il Corvinone. «La sua presenza regala una bella florealità ma soprattutto una speziatura verde, tipo il pepe». La Rondinella, invece, è la più “neutra” fra le tre varietà: apporta colore e sentori di ciliegia.

Tutti i terroir di Santi

Fondata nel 1843, la Cantina Santi ha sede nello storico borgo di Illasi.
Può contare su 53 ettari vitati suddivisi tra la Val d’Illasi, la Valpantena e la Valpolicella Classica, che presentano caratteristiche pedoclimatiche distintive. «Questa varietà ci permette, anche grazie ad una calibrata gestione in cantina, di “giocare” con i terroir e i vitigni, imprimendo a ogni etichetta uno stile unico e una forte identità territoriale».

Dalla Val d’Illasi uve colorate e fruttate

La Val d’Illasi è la vallata più lunga e larga della Valpolicella. Le piante si trovano fino a 600 metri e godono di una ventilazione importante, con sbalzi termici notevoli giorno-notte. «Tutta la Valpolicella è caratterizzata da terreni calcarei di origine marina, ma in questa zona c’è una maggiore concentrazione di magnesio di natura dolomitica. Le uve sono mediamente più colorate e apportano aromi spiccatamente fruttati».

Vigneti in Val d’Illasi

La Valpantena regala longevità

Spostandoci geograficamente da est verso il centro si incontra la Valpantena, destinata ad avere sempre più peso per Santi grazie a una serie di investimenti e la messa a dimora di nuovi impianti negli ultimi tre anni. «Qui i terreni sono di colore rossastro per la presenza di ferro, che annuncia un bagaglio floreale oltre che fruttato. I vini appaiono inizialmente più esili e leggeri, ma dimostrano un’incredibile longevità».

Valpolicella Classica, spezie e frutta nel calice

E poi c’è la Valpolicella Classica, che unisce la vallata di Negrar con quella di Marano. «Il calcare è bianchissimo, per la presenza di carbonato di calcio puro, e si tratta dell’unica zona contraddistinta da rocce e formazioni di tipo vulcanico. Al bicchiere, tutto questo si traduce in una raffinata speziatura, accompagnata da un bel fruttato».

La bottaia dedicata al Valpolicella Superiore Ventale

L’omaggio a Attilio Gino Santi

La collezione di vini rossi di Santi ha il suo apice nelle quattro referenze della linea “La Cantina del Cavaliere”, così intitolata in omaggio ad Attilio Gino Santi, erede del fondatore che fu insignito della carica di cavaliere della Repubblica.

Proemio, Amarone da vecchie viti

Al vertice della piramide qualitativa ci sono i due Amarone della Valpolicella Classico Docg: Proemio e Santico. «50% Corvina, 30% Corvinone e 20% Rondinella, Proemio è un single vineyard da un appezzamento scelto in località Gnirega, nel comune di Marano, in Valpolicella Classica. Le viti, per la maggior parte ultra trentenni, sono allevate a pergola e Guyot. È un Amarone complesso, giocato sul frutto e sulla spezia, che affina 4 anni in botte grande e poi sosta un altro anno in bottiglia».

Santico l’internazionale

Diverso il blend e il profilo di Santico, dove la Corvina raggiunge l’80% con un saldo di Rondinella «Questo Amarone parla un linguaggio più internazionale: è di buon corpo, sapido e molto fruttato, con un tannino morbido. L’affinamento è più breve: 24 mesi in botti di rovere di Slavonia più altri 6 in tonneau per un quarto della massa, a cui fanno seguito 6 mesi in bottiglia».

Solane, Corvina e Rondinella per la rotondità

L’arte del blending coinvolge anche il Solane, Valpolicella Classico Superiore Ripasso Doc. «Come per il Santico abbiamo deciso di puntare sulla Corvina (80%) e sulla Rondinella (20%), evidenziando il frutto, la rotondità e la dolcezza».

Ventale, dove torna il Corvinone

Il Valpolicella Superiore Ventale, invece, è un vino più articolato e non a caso tra le uve torna il Corvinone.
«Il nome si ispira alla vallata di Illasi, caratterizzata da una ventilazione costante. La fermentazione avviene in tini tronco-conici di rovere a una temperatura di 22-24 °C e si protrae per circa un mese. I rimontaggi non sono programmati e il tutto è gestito manualmente e distintamente tino per tino. L’affinamento di 18 mesi si svolge in fusti da 500 litri per il 70% di rovere, il 20% di castagno e il 10% di ciliegio; poi altri 6 mesi in bottiglia». Ventale è un rosso fine ed elegante, con una avvolgente ricchezza olfattiva che permette di distinguere la ciliegia matura, la mora di rovo, la spezia dolce e il pepe verde, poi sentori di cacao e pasta frolla. Al palato colpisce per la sua succosità e la sua vibrante articolazione, supportata da un tan-
nino vellutato.

Realizzato in collaborazione con Santi.

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© Riproduzione riservata - 04/12/2020

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