Quali sono le richieste del mondo del vino al nuovo governo
Turismo e sostenibilità le sfide per far ripartire il settore. Assieme a digitalizzazione, semplificazione burocratica e contributi per la promozione all’estero. Ecco le richieste del mondo del vino – in particolare di Uiv, Federvini e Fivi – alla politica.
I ristori inevasi per far fronte alla crisi. I paletti del Dpcm al fuoricasa che imbavagliano l’enoturismo e la ristorazione. Il decreto sostenibilità congelato. E contributi alla promozione all’estero insufficienti. Il mondo del vino punta l’indice sui dossier che giacciono nei cassetti del Parlamento, vittime della paralisi di un’altra crisi di governo (come è successo anche in passato, lo avevamo raccontato qui). E sottolinea le proprie istanze al nuovo esecutivo per rimettere il settore sui binari del rilancio.
Riaccendere i motori dell’Horeca
In cima al convoglio delle priorità c’è il tema del turismo. «È un pilastro imprescindibile del piano di rilancio», osserva il presidente di Uiv, Ernesto Abbona. «Rappresenta il 13% del Pil nazionale con 232 miliardi di euro. Eppure il piano approvato dal governo per la voce “Turismo e cultura” stanzia risorse per appena 8 miliardi sui complessivi 210 miliardi del Recovery Fund. Abbiamo chiesto ampi margini di miglioramento su questo capitolo, prioritario per il comparto vino, che più di ogni altro settore agricolo ha saputo creare valore dalla bellezza dei territori e dall’accoglienza delle strutture». «Occorre lavorare seriamente sul rilancio del settore per reagire a una crisi senza precedenti a causa delle perdite dell’Horeca, che hanno fatto segnare un – 37% per il vino», fa da eco Sandro Boscaini, presidente di Federvini.
Sostenibilità come parola chiave
«Al comparto del vino servono rapidi interventi di stimolo della domanda e una pronta definizione del sistema di certificazione sulla sostenibilità», aggiunge Boscaini. E anche per Uiv la seconda sfida del Recovery Fund si gioca sugli investimenti green per favorire l’economia circolare. «Sostenibilità è la parola chiave secondo il consumatore di questo decennio», spiega Abbona. «E su questo tema noi stiamo ancora aspettando il decreto attuativo per uno standard comune a tutto il comparto».
Sostenibilità che vuol dire anche investimento in capitale umano per un settore che «necessita sempre più di competenze ultra specializzate in tutte le fasi del ciclo produttivo e dell’ambito commerciale», ribadisce Abbona. «Un Paese che non scommette sui giovani è destinato al declino».
Semplificare e digitalizzare
Il terzo punto è l’invocazione di una semplificazione burocratica. «Ad oggi il numero di dichiarazioni da presentare a enti differenti è soverchiante», osserva la presidente di Fivi Matilde Poggi. «Nonostante la presenza dei registri telematici, molte certificazioni vanno spedite più volte e a enti diversi. Come i numeri sull’imbottigliato da inviare elettronicamente, ma anche all’Organismo certificatore delle denominazioni. O le dichiarazioni di giacenza, che molte Regioni ancora pretendono malgrado gli automatismi elettronici. Piccole cose che però alla fine dell’anno costringono il vignaiolo a passare un terzo del suo tempo in ufficio invece che in cantina». «Modernizzare il mondo del vino», concorda Abbona, «significa implementare infrastrutture digitali come la banda larga, spesso una chimera nelle zone rurali dove si trovano le Cantine; ma anche pretendere una semplificazione burocratica e lo snellimento delle modalità di dialogo con la Pubblica amministrazione».
Più strumenti per sponsorizzare il vino italiano
E a proposito di comunicazione, l’ultimo importante dossier è quello collegato all’Ocm vino, la misura di bando europea che concede finanziamenti e contributi per i produttori vitivinicoli, in particolare per la promozione oltre i confini nazionali. «Presentare progetti di sponsorizzazione all’estero per diverse decine di milioni di euro nell’attuale contesto economico significa avere l’ambizione di investire nel futuro, di credere a una ripresa dei consumi nel medio periodo», rimarca Abbona. «Il vino italiano deve essere pronto a questa sfida. Da mesi chiediamo un cambio di passo delle istituzioni e auspichiamo che il nuovo governo aumenti il plafond annuale da 100 a 150 milioni di euro».
Le piccole aziende troppo spesso dimenticate
Per Fivi, però, spesso «le misure contenute nell’Ocm vino hanno paletti troppo alti per le piccole e medie imprese. La politica non dovrebbe dimenticare le esigenze delle aziende più piccole, molto diverse dalla grande industria e dalle grosse cooperative. Queste realtà, minori solo nei volumi, spesso sono la punta di diamante della qualità del vino italiano. E meriterebbero maggiore valorizzazione oltre a più rappresentatività all’interno dei Consorzi di tutela».
Tag: Federvini, Fivi, Governo, Politiche agricole, Uiv© Riproduzione riservata - 09/02/2021