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Riccardo Cotarella: “Il vino deve avere tre gambe: terroir, uva e uomo “

8 Gennaio 2013 Civiltà del bere
In occasione della pubblicazione del libro-intervista Quasi un ritratto che Nino D’Antonio ha dedicato a Riccardo Cotarella, il giornalista Cesare Pillon ha intervistato per Civiltà del bere l'enologo di fama internazionale sulla propria filosofia di pensiero, a partire dagli elementi alla base della qualità del vino. - Lei dice che un vino senza intensità non ha futuro. Ma in quale percentuale ritiene che ciascuno dei tre fattori che determinano la qualità del vino, cioè il vitigno, il territorio e l’uomo, contribuiscono a conferirgliela? «Posso esprimermi con un esempio? Il vino è come un tavolo, deve avere almeno tre gambe, non può stare in piedi su due. Poi ce ne sarà una più importante perché sopporta un peso maggiore, ma tutte e tre hanno un loro fondamento». - Ma qual è la più indispensabile? «Dal mio punto di vista, e non perché sono un tecnico, ritengo che alla base di tutto ci sia la conoscenza degli elementi, quindi l’essere umano. La sua competenza, la sua passione, le sue esperienze, i suoi errori. Se non fosse così, la qualità arriverebbe per caso: potrebbe venire oppure no. Non è che l’uomo sia fondamentale, è il suo sapere a essere importante. In qualche maniera siamo in grado di gestire vigna e cantina, a eccezione di un elemento, il clima. Non si può controllare direttamente, ma indirettamente sì: comprendere l’andamento del clima, cioè, può aiutare ad applicare tecnologie atte a mitigarne gli effetti negativi». - Insomma, niente percentuali. Ma se le chiedessimo una classifica? «Direi terreno, e terreno significa anche clima, terroir; poi uva e, infine, uomo. Cioè non metterei l’essere umano tra i fattori essenziali, perché senza terreno non si può coltivare uva, senza uva non si può fare vino, ma senza uomo non si possono ottenere né uva né vino di qualità».

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