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Pacchetto vino Ue, i temi che uniscono e quelli che dividono

14 Novembre 2025 Alessandro Franceschini
Pacchetto vino Ue, i temi che uniscono e quelli che dividono
© A. Lallemand - Unsplash

Il provvedimento modifica tre pilastri del settore: il regolamento sull’Organizzazione comune dei mercati (Ocm) per il settore vino, quello sui piani strategici della Pac e quello sui prodotti aromatizzati a base di vino. Tutto ciò che c’è da sapere e le varie prese di posizione ufficiali

C’è chi esprime un “apprezzamento” sostanzialmente pieno e chi parla di “passi in avanti”, ma anche di “criticità”, chi invece evidenzia chiaramente “luci e ombre”, rimarcando soprattutto le seconde. Insomma, niente di nuovo, verrebbe da dire: quando norme o misure che possono apportare importanti modifiche a un comparto cominciano a prendere forma e a imboccare la strada della loro definitiva approvazione, la classica dialettica tra favorevoli e contrari entra in gioco. Non poteva che succedere lo stesso anche nel caso del cosiddetto “pacchetto vino”, ovvero la proposta legislativa preparata dalla Commissione europea lo scorso 28 marzo e che il 5 novembre la Commissione Agricoltura e sviluppo rurale (Comagri) ha votato, introducendo, però, alcuni cambiamenti rispetto al testo iniziale che nasceva dalle indicazioni fornite dal Gruppo di alto livello per la politica vitivinicola.

Come nasce il “Pacchetto vino”

Prima di entrare nel merito di alcune delle tante indicazioni contenute al suo interno, torniamo indietro a più di anno fa, quando l’11 settembre del 2024 si è svolta a Bruxelles la prima riunione del cosiddetto Gruppo di alto livello sul settore vitivinicolo. Tutto parte da qui, cioè da un ciclo di incontri, esattamente quattro, dove, oltre alla Direzione generale della Commissione europea e ai rappresentanti dei ministeri dell’Agricoltura degli Stati membri dell’Ue, hanno partecipato vari stakeholder della filiera con l’obiettivo di fornire le giuste raccomandazioni per affrontare il delicato momento che sta attraversando il mondo del vino. Moltissimi i temi affrontati: dalla questione export, con relativi nuovi sbocchi commerciali da aprire, a quella relativa ai cambiamenti climatici che rivoluzionano vendemmie e creano problemi con le malattie vegetali, dalle strategie promozionali alle indicazioni in etichetta passando per vini dealcolati e, tema molto delicato, certamente il più divisivo, quello dell’adeguazione dell’offerta alla domanda, ovvero quello della sovrapproduzione e quindi delle misure per affrontarlo, a partire soprattutto da estirpazione e distillazione di crisi.

I tanti stakeholder che vi hanno preso parte

Tra i tanti stakeholder, hanno partecipato a questi incontri molte sigle sindacali europee come Copa-Cogeca, che raggruppa al suo interno anche Confagricoltura, Cia e Coldiretti, o Ceev, ovvero il Comitato Europeo delle imprese vitivinicole, al cui interno questa volta troviamo Uiv (Unione Italiana Vini) e Federvini. E ancora: Cevi, la confederazione che raggruppa tutti i vignaioli indipendenti, e quindi anche la nostra Fivi, Efow, la federazione delle denominazioni, al cui interno troviamo Federdoc, ma anche il mondo biologico, quindi la storica Ifoam, federazione al cui interno aderisce Federbio. La lista è ancora più lunga, ma questa sfilza di sigle serve per sottolineare l’importanza e la portata della questione, che d’altronde riguarda una filiera che occupa 3 milioni di posti di lavoro a livello europeo e pesa circa 130 miliardi di euro.

I vari passaggi fino al voto di Comagri e i successi sviluppi

Recependo buona parte delle raccomandazioni fornite dal Gruppo di alto livello sul settore vitivinicolo, che a fine 2024 aveva trovato il compromesso tra le varie anime che lo componevano, lo scorso 28 marzo la Commissione Europea ha approvato il Pacchetto Vino che di fatto modifica tre pilastri del settore: il regolamento sull’Organizzazione comune dei mercati (Ocm) per il settore vino, il regolamento sui piani strategici della Pac e il regolamento sui prodotti aromatizzati a base di vino. Successivamente, Christophe Hansen, commissario europeo all’Agricoltura, lo ha presentato al Comagri che, arrivando ai nostri giorni, lo ha votato positivamente con 43 voti favorevoli, nessun voto contrario e 2 astensioni, introducendo però alcuni chiarimenti. Prossimi passi? Dopo il voto dell’Europarlamento (25 novembre) sarà la volta del Trilogo, ovvero della negoziazione tra Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione Europea e Commissione Europea e, infine, spetterà poi nel 2026 ai singoli Paesi recepire le misure. 

I temi che mettono un po’ tutti d’accordo

Molte delle decisioni di Comagri mettono un po’ tutti d’accordo, a partire dal passaggio dal 50% all’80% del finanziamento destinato alla promozione nei Paesi terzi. Anche sulla validità della concessione delle autorizzazioni al reimpianto da 3 a 8 anni non ci sono posizioni discordanti così come sul riconoscimento dell’assistenza finanziaria fino al 100% dei costi per la lotta alla flavescenza dorata e ad altre malattie vegetali. Anche sull’innalzamento fino all’80% della quota di contributo Ue per gli investimenti destinati alla mitigazione e all’adattamento ai mutamenti climatici, nessuno sembra obiettare. Tra le organizzazioni più favorevoli per l’esito complessivo del voto della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale spicca certamente Federvini che, come sottolinea il presidente Albiera Antinori, accoglie con favore “le semplificazioni introdotte e le misure volte a rafforzare la promozione, l’internazionalizzazione e la sostenibilità del settore”.

Estirpazione e distillazione di crisi: i decisi “no” di Uib e Confagricoltura

Si entra, invece, in un campo minato, quando i temi riguardano le misure per combattere la sovrapproduzione e quindi l’eliminazione dell’eccesso di vino dal mercato attraverso il duo (in realtà ci sarebbe anche la vendemmia verde) composto da estirpazione e distillazione di crisi. Comagri ha dichiarato che questi interventi possono essere finanziati con i fondi settoriali dell’Ue, di fatto andando contro le proposte della Commissione dello scorso 31 marzo, che invece prevedevano di poter ricorrere a queste misure solo con fondi nazionali e non con quelli dell’Ocm previsti per la promozione e che arrivano quindi anche in questo caso al 100%.
Sono totalmente contrari Uiv e Confagricoltura. Per Lamberto Frescobaldi, al timone dell’Unione italiana vini, si tratta di una  “decisione ci riporta indietro di 15 anni, un tuffo nel passato orientato su logiche assistenzialiste”, mentre per la federazione guidata da Massimiliano Giansanti estirpazione e distillazione di crisi “non migliorano la qualità della produzione né incentivano la domanda”. Insomma, utilizzare i fondi Ocm per finanziare queste misure, per queste due organizzazioni, significa sprecare risorse che invece devono essere utilizzate non per difendersi, quanto per andare all’attacco sul mercato.

Estirpazione e distillazione di crisi: i “sì, ma…” di Copa-Cogeca, Confcooperative e Coldiretti

Diametralmente opposte le posizioni e le criticità sollevate da Copa-Cogeca, ovvero l’organizzazione europea che unisce agricoltori e cooperative, nonché quelle di Coldiretti e Confcooperative Fedagripesca. La prima giudica, infatti, positivamente estirpazione e distillazione di crisi in quanto “strumenti essenziali per gestire la volatilità del mercato e sostenere i produttori in tempi di crisi”, ma nutre “preoccupazioni” sulle “limitazioni imposte ai programmi di sostegno al settore vitivinicolo per i beneficiari delle misure anticrisi”. In pratica, accedendo a fondi Ue di diversa natura, ci sono delle limitazioni: aspetto che evidentemente non va bene a Copa-Cogeca così come d’altronde a Coldiretti che considera una “criticità significativa”, ad esempio, la “limitazione di cinque anni per il finanziamento della ristrutturazione e conversione dei vigneti in caso di accesso ai fondi per l’estirpo”. Quindi; per l’Ue o ristrutturi, o estirpi. Se vuoi fare entrambi, ci sono dei paletti, cioè delle limitazioni.
Confcooperative, invece, non esprime critiche nei confronti dei finanziamenti Ue su queste misure, ma butta la palla sul campo di gioco interno affermando che “andranno valutate a livello nazionale con attenzione e circostanziate ai singoli territori”.

Etichetta reduced alcohol”: i sì e i no

Un altro tema delicato che emerge dal documento di Comagri è quello relativo all’etichettatura dei vini no e low alcol, sul quale i deputati propongono maggior flessibilità. Ovvero: “alcohol-free”, accompagnato da 0,0% potrebbe essere utilizzato se “la gradazione alcolica del prodotto non supera lo 0,05% in volume”. Per gli altri, “con una gradazione alcolica pari o superiore allo 0,5% e inferiore di almeno il 30% alla gradazione alcolica della loro categoria”, la soluzione proposta è la dicitura “reduced alcohol” quindi “a ridotto contenuto alcolico”. Quest’ultima soluzione è quella più divisiva: plaude Confcooperative, perché, come afferma il suo presidente Luca Rigotti, “apre la strada all’introduzione di una nuova definizione per i vini a bassa gradazione naturale (“low alcol”), che auspichiamo possa essere inserita nel testo definitivo”. Sulla stessa linea Copa-Cogeca, che però chiede “venga operata una chiara distinzione tra vini dealcolizzati e vini con un contenuto alcolico naturalmente basso”. Sulla stessa linea anche Cia, che parla della necessità “di produzione di vino a ridotta gradazione alcolica, che non derivi dal processo di dealcolazione”. Anche in questo caso, invece, Uiv è scettica e afferma che “non convince”, mentre Confagricoltura e Coldiretti non si esprimono in questo momento.

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