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Non demonizziamo i grassi

4 Settembre 2024 Allan Bay
Non demonizziamo i grassi
Il burro, se chiarificato, si presta a tutte le cotture, frittura inclusa © Rodeopix - Pixabay

Alcuni sono da aggiungere a crudo, altri sono adatti alla cottura, dipende dall’intensità di sapore e dal punto di fumo. Conoscerne le caratteristiche permette di utilizzarli nel modo corretto, esaltando ogni pietanza. Ecco allora un’esaustiva panoramica

Olio di oliva o burro? Oggi, sembra che la scelta del grasso da usare sia quasi un atto di fede, come quello verso la squadra di calcio. Chi ama il primo, demonizza il secondo e viceversa. Restano però i cavalli di battaglia della cucina italiana.
Il più corretto, se non l’unico approccio logico, è quello di analizzare tutti i grassi e poi decidere quale è il migliore per quella singola preparazione, senza preconcetti e chiusure mentali. Intanto dividiamoli in categorie: quelli dall’utilizzo prevalentemente a crudo, quelli da adoperare sostanzialmente per cuocere, ma di massa, a cui si aggiungono altri grassi della nostra tradizione, anche se li abbiamo un po’ dimenticati, o di mondi lontani, che “fa figo” utilizzare.

Prezzi, composizione, punto di fumo

Il tutto con un occhio, come è giusto che sia, al costo, che è sempre molto importante; al sapore, se lieve e delicato o forte, che è una caratteristica, non un giudizio di valore; e al punto di fumo, solo per quelli che useremo per friggere. Con l’espressione punto di fumo si intende la massima temperatura che può raggiungere un grasso prima di iniziare a “fare fumo”, bruciare e decomporsi, andando a formare anche sostanze tossiche e a perdere (quasi) tutti i nutrienti. Per questo motivo non deve essere superato, pena la non riuscita dei nostri fritti. E ovviamente per fare questo è indispensabile un termometro. L’avete tutti, vero?
Anche la composizione fa la differenza. Tutti i grassi da cucina contengono una miscela di grassi saturi e insaturi, in proporzioni diverse. Cerchiamone uno, se possibile, ma quasi sempre è possibile, con una maggioranza di grassi insaturi e una minoranza di saturi, che alla lunga, creano problemi alle arterie. Certo, non sarà un singolo piatto a farci male: conta lo stile di vita di chi mangia, e sgarrare ogni tanto non cambia nulla.

A tavola è bene prediligere i grassi insaturi, limitando quelli saturi, impegnativi per il sistema cardiocircolatorio © U. Marantonio

In principio era lo strutto

Partiamo dalla storia. Per secoli non si sono usati né burro, molto caro e difficile da conservare, né olio di oliva. So che qualcuno sobbalzerà nel leggerlo visto che fin dai tempi di Greci e Romani le olive si raccoglievano… quando erano cadute dalle piante, tasso di acidità non si sa, ma altissimo. Un po’ venivano lavorate e mangiate, un po’ erano frante e diventavano olio da illuminazione. Importantissimo, una vera e propria Enel di quei tempi. Dove non c’erano olive ci si illuminava col sego, quindi candele prodotte con le parti grasse degli animali. Il grasso base è sempre stato lo strutto di maiale o un altro grasso di origine animale, soprattutto quello del pollo. Con una presenza crescente, lungo i secoli, degli oli di semi oleosi, che sono tantissimi.

Le virtù degli oli d’oliva

Tutto questo detto, l’olio d’oliva va scritto così: gli oli d’oliva, che sono infatti tanti e tutti diversi. Quello più nobile è l’extravergine, detto evo, con acidità minore o uguale a 0,8%, dal sapore che va dal forte dei poderosi siciliani al delicato dei liguri e gardesani. Grandissimo grasso, con una caratteristica: è bene – anzi, è necessario – aggiungerlo a crudo perché non regge le cotture, al limite una rosolatura rapida. Un filo aggiunto a una pasta, una minestra, un pezzo di carne, un pesce o quant’altro esalta il piatto (quasi) sempre alla grande.
Ma usatelo con attenzione, resta un grasso calorico e “scappa di mano” facilmente. È particolarmente inadatto per le fritture, anche se ha un buon punto di fumo, 190 °C, in quanto dà a tutti gli ingredienti fritti un fondo di oliva all’ascolana. E poi è anche una questione di soldi. Se di alta gamma, costa molto; come si fa a gettarlo dopo la frittura? Se di bassa gamma, sempre meglio evitarlo.
Esiste anche l’olio di oliva vergine, fratello oramai reietto con acidità minore o uguale a 2%. È un prodotto industriale, nel senso che è fatto da grandi gruppi. Adoperatelo nelle cotture che richiedono olio, magari mescolato al burro, una vecchia e buona tradizione milanese. Usatelo, insieme con l’olio di semi, per le salse, come la maionese, dove i grassi non devono prevaricare. Però anche lui nelle fritture prevarica un po’. Esistono altri oli di oliva, ma ignoriamoli.

Le proprietà del burro

Il burro è un grasso che si ricava dalla panna del latte. Se quest’ultima affiora naturalmente è meglio, diversamente la separazione avviene meccanicamente e si ha un prodotto meno pregiato. Ha un punto di fumo piuttosto basso, 130 °C, quindi non è adatto alle fritture. È saporito ma non troppo, o meglio il suo sapore in un piatto fa talmente parte del nostro retaggio gustativo da essere del tutto “normale”.
Gli impieghi sono innumerevoli: nella rosolatura va bene, come per tante salse, patrimonio della grande cucina classica. Esiste poi il burro chiarificato, cioè cotto a bagnomaria in modo che l’acqua evapori e la caseina precipiti: resta solo la materia grassa, del tutto insapore. Si può usare ottimamente in tutte le cotture, anche per friggere perché il punto di fumo si innalza, addirittura fino a 250 °C.

E degli oli di semi

L’olio di semi è in assoluto il grasso più usato al mondo. Un prodotto conosciuto da sempre e oggi cavallo di battaglia della grande industria, che continua a migliorarlo qualitativamente. Tutte le tipologie sono ideali per le fritture, soprattutto gli oli di vinaccioli e di arachidi, perché hanno punti di fumo molto elevati, esattamente 215 e 230 °C. E poi si gettano senza patemi d’animo, visto che costano poco; anche se quello di vinaccioli purtroppo sta diventando di moda e sta crescendo di prezzo. Esistono oli di semi fatti artigianalmente con una sapienza simile a quella che si usa per gli evo; si pensi all’olio di semi di zucca, perfetto con le patate, e a quelli di noci e di nocciole, meravigliosi, gli unici adatti per mantecare un risotto. L’unico problema è il costo: la domanda scarsa innalza il prezzo. E si usano a crudo.
Questi sono i principali grassi utilizzati e utilizzabili. Ce ne sono altri come la margarina, un clone vegetale insapore del burro, e lo strutto, dal gusto sorprendentemente neutro se si pensa che è un grasso animale, che hanno una grande storia alle spalle. Ma un presente assai fiacco.

grassi
© Pezibear – Pixabay

E tu (io)…cosa usi?

Premettendo che sono parco nell’aggiunta dei grassi, prediligo l’evo ovviamente, ma solo a freddo. Di più, lo distribuisco con un nebulizzatore, quindi ne uso a grammi per volta, nessun “giro di”. A rotazione ne assaggio tanti e preferisco quelli delicati. Utilizzo invece con piacere l’olio di vinaccioli per cuocere, ogni giorno più facile da trovare. Per friggere invece, scelgo quello di arachidi, che è ancora costoso, o le miscele messe a punto dall’industria, che vanno benissimo.
Di burro, buono ovviamente, ne consumo relativamente tanto, ma a freddo: va da sé per mantecare il riso ma anche la pasta e per spalmarlo sul pane, con sopra la confettura. Poi, per pochissime cotture, tipo alla meunière, in italiano alla mugnaia. Per cuocere, prevalentemente burro chiarificato. Sono un privilegiato perché, stando a Milano, lo trovo nei negozi dei prodotti “degli altri”: quello che uso è made in India, dove il ghee, così lo chiamano, è il grasso nazionale. Si può acquistare anche sui siti di e-commerce.
Ma quello che amo e uso di più è il grasso di rognone, rigorosamente home made.
I rognoni sono circondati da una spessa copertura di grasso, che i macellai eliminano sempre. Io, che adoro il rognone, lo compro col suo grasso (con o senza costa lo stesso). A casa separo il grasso dal resto, lo spezzetto e lo cuocio in una padella antiaderente per 90 minuti circa, finché non è del tutto sciolto. Lo filtro con un colino in un robusto vaso di vetro: i ciccioli rimasti nel colino li metto in un altro contenitore. Quando sono intiepiditi, li sistemo in frigorifero, dove il grasso dura a lungo.
Il grasso di rognone è il più buono che io abbia mai provato per cuocere: è una dichiarazione forte, lo so, ma ne sono del tutto convinto. È perfetto per rosolare e friggere carni e altro, ha un punto di fumo di almeno 200 °C, non è per nulla saporito e alla fine… non è costato niente. Non che sia un risparmio che mi cambi la vita, però mi piace l’idea.

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