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Negli Stati Uniti è boom dello “sfuso”. L’Italia, però, ne esporta sempre meno

22 Gennaio 2013 Elena Erlicher
Negli Stati Uniti, secondo il report annuale sull'industria del vino della Silicon Valley Bank (California), i vini importati in confezione maggiore di 2 litri (cioè il cosiddetto sfuso) nel 2012 sono più che duplicati rispetto al 2011, passando da 1,3 a 3,1 milioni di ettolitri. Ad accrescere il proprio ruolo nel mercato Usa dello sfuso sono stati i Paesi dell’Emisfero Sud, tradizionalmente fornitori di questa tipologia di vini: Argentina e Cile hanno più che triplicato le proprie consegne e sono raddoppiate quelle dell’Australia. Questi tre Paesi coprono da soli il 75% delle importazioni statunitensi. I MOTIVI DELL'AUMENTO DELLE IMPORTAZIONI - Sempre secondo l'analisi della Silicon Valley Bank, l'aumento delle importazioni è dovuto a una maggiore domanda interna (soprattutto da parte dei giovani non ancora educati a un consumo del vino di qualità), a un più facile accesso allo sfuso proveniente dall'estero e a tassi di cambio favorevoli. Nonostante in Califronia la vendemmia 2012 sia stata di grande qualità e quantità, gli autori dell'indagine prevedono, per il 2013, un continuo aumento delle importazioni di sfuso, soprattutto se il dollaro si rafforzerà ulteriormente. L'EXPORT DELLO SFUSO ITALIANO SCENDE - Per quanto riguarda le esportazioni del nostro vino sfuso, nei primi nove mesi del 2012 si evidenzia una decisa frenata in termini di volumi, con il -23%, a fronte di un +8% degli introiti rispetto allo stesso periodo del 2011 (dati Ismea, Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare). L’aumento dei prezzi alla produzione si è traslato sui valori all’export creando in qualche modo un freno alla domanda estera. A questo si aggiunga anche la minor disponibilità di vino dovuta alle produzioni italiane del 2011 e del 2012, non certo abbondanti (in proposito si veda 39,3 milioni di ettolitri di vino nel 2012. I dati definitivi di Assoenologi). LA SITUAZIONE PAESE PER PAESE - Determinanti, ai fini del calo delle esportazioni italiane di vino sfuso, le importanti riduzioni della domanda da parte della Germania, tradizionale cliente della tipologia. Nei primi nove mesi del 2012, infatti, sono state consegnate ai tedeschi poco più di 2 milioni di ettolitri di sfuso a fronte dei 2,7 dello stesso periodo del 2011 (-20%), con un aumento dei relativi listini del +39%. Anche in Ungheria si è registrata una forte battuta d’arresto, passando dai 798 mila ettolitri del gennaio-settembre 2011, ai 568 mila del 2012 (-28%), con un aumento del +41% dei listini. Praticamente dimezzata la richiesta in Francia, attestata a 275 mila ettolitri (-45%). Male anche in Russia, dove lo sfuso made in Italy ha perso il -20%. In controtendenza, invece, la Norvegia che ha incrementato le proprie richieste del  +54%. Anche Canada (+38%) e Stati Uniti (+49%) hanno incrementato la domanda di sfuso italiano, peraltro registrando valori medi in flessione. Performance positiva dello sfuso anche in Cina (+49%), dove il segmento rappresenta il 30% del totale del paniere domandato in Italia.

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