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Io mi chiamo G, come Gravner

24 Novembre 2017 Alessandro Torcoli
G come Gravner, che significa grigio oppure pietra, dipende dall’etimo di riferimento. In effetti le pietre (grigie) sono una passione di Joško, punteggiano le vigne e le corti della casa-cantina. Potremmo anche dire “G come Gialla”, dato che la Ribolla sarà il fulcro della nostra storia. «A proposito dell’etimologia “grau-grigio”, qualche sloveno insiste sul fatto che il nome della famiglia si pronuncia Grauner: ma è una follia, noi siamo Gravner, con la v», chiarisce Mateja, una delle tre figlie. E l’obiezione non si alza certo da un ceppo di irredentisti dannunziani: qui i cuori battono a metà, dove insistono le vigne di famiglia, divise tra Collio italiano e Brda slovena.

Tra Collio e Brda, una terra di confine

I Gravner ci accolgono nella Brda slovena, in una calda giornata di settembre, a Hum nella casa della nonna materna di Joško, architettura contadina restaurata conservandone il sapore. Sotto i nostri occhi pendono grappolini di Pignolo che dovranno attendere ancora a lungo prima di essere colti. «Non cominceremo la vendemmia prima di ottobre», precisa Joško.

Ho bandito la chimica in vigna!

«Una delle migliori annate fu la 2011: tutto perfetto, con piogge scarse. Interrompemmo la vendemmia l’11 dell’11 (novembre) alle 11, quando sentimmo il suono del treno da sud, che significa che volge al brutto. Infatti piovve e riprendemmo la raccolta il 23 novembre, con vento da nord e bel tempo in arrivo». Sono questi racconti che fanno alzare il sopracciglio a chi è abituato alle spiegazioni scientifiche degli enologi, che parlano di pH delle uve e di stazioni meteorologiche. Joško sembra più preoccupato di recuperare la saggezza contadina. «Da 26 anni ho bandito la chimica in vigna, e in cantina l’unica precauzione è poco metabisolfito».    

Non chiamateli Orange wines

Nei vigneti sparpaglia il fungo glomus, «quello che normalmente arricchisce l’humus dei boschi: micorriza le radici, rinforzandole. L’ho imparato da un contadino valdostano». Joško ha sua personale visione. «I miei vini non sono orange; se un vino è arancione è ossidato», specifica. Riguardo alla biodinamica, oltre ai preparati classici e a seguire le fasi lunari, usa anche il pendolo per seguire i flussi energetici, «ma non ci impazzisco, diventa una droga». La parola “energia” ricorre spesso nel suo vocabolario. Eppure, Joško Gravner non ha sposato alcuna moda (se mai, le ha involontariamente lanciate, come nel caso dell’uso di anfore), ma non vuol essere nemmeno definito guru: la sua storia è costellata di passaggi che lo rendono anzi molto umano: tentativi ed errori, sin da quando cominciò ad affiancare il padre in azienda.

Errori e successi

«Proposi io a mio padre Joseph di aumentare le rese per ettaro, e nel 1979 toccammo valori vergognosi. Mi resi conto che ci stavamo mettendo su una cattiva strada e che mio padre aveva ragione: poco è più buono». Oggi raccoglie 250-500 g di uva per pianta, che non equivale nemmeno a una bottiglia. E ancora, nel quaderno degli errori: «Decisi di introdurre i tini d’acciaio e la tecnologia del freddo. Pentimento repentino: ho venduto le vasche inox quando stavo ancora pagando il mutuo contratto per comprarle». Senza dimenticare il celebre episodio del primo esperimento in anfora di terracotta, quando Joško si trovò il contenitore vuoto perché non aveva pensato di rivestirne l’interno, come fa oggi, con la cera d’api.      

L'ultima annata di Breg

Intanto, sorseggiamo un vino dorato intenso che ondeggia in una coppa di cristallo realizzata per Joško dall’artista vetraio Massimo Lunardon. È il Breg 2009, Chardonnay, Sauvignon, Pinot grigio e Riesling italico. Un simbolo dell’azienda, complesso e intenso, da godere finché c’è. Infatti, Joško ha estirpato tutti i vitigni internazionali e si dedicherà solo alla Ribolla gialla (per i bianchi) e Pignolo (per i rossi). Quindi berremo Breg fino all’annata 2012, che sarà venduto 2020. «Così realizzo il sogno di produrre solo Ribolla, che coltivo da un incontro con Veronelli nel 1982».

Ribolla gialla, sinfonia di aromi e sapori

Da laici bevitori possiamo testimoniare che, al netto dalle ideologie avverse ai vitigni internazionali, la Ribolla gialla ha un’eleganza, un’espressività austera e intrigante, un’alternanza di temi che il più intenso e sinfonico Breg non ha. È un po’ come paragonare la Terza Sinfonia di Beethoven con le Variazioni Goldberg di Bach. C’è un momento giusto per entrambi. Foto di M. Mocilnick  
L’articolo è tratto da Civiltà del bere 5/2017. Per leggere la rivista, acquistala sul nostro store (anche in digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com

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