Masters of Wine: il giorno dopo la prima prova

Masters of Wine: il giorno dopo la prima prova

The day after. Non c’è tempo per riflettere troppo sulle proprie miserie. Come canta Lorenzo: è andata come è andata, l’importante è ritrovarsi ancora. All’esame del secondo anno, si spera. Come previsto, non è stata una passeggiata. Due ore e un quarto per rispondere a quattro domande su ciascuno dei 12 vini nei calici, in una mixed bag, naturalmente, cioè di tutti i colori: bianchi, rossi, fortificati. Dopo sono tutti bravi, quindi posso dire che almeno dieci avrei dovuto riconoscerli. In realtà, sotto esame, la mente fa brutti scherzi. Di alcuni ho capito le uve, non la provenienza. Di altri tutto… come il Malbec argentino… ehi, a proposito, grazie Jane Hunt MW per avermi offerto l’occasione di degustare 300 Malbec lo scorso gennaio!

La prova finale del primo anno di corso consiste nella degustazione alla cieca di 12 vini provenienti da tutto il mondo

LA PRATICA – Ecco a voi la lista delle etichette “sotto copertura”: First Year Assessment 2013. Ammetterete che non si tratta proprio di vini che troviamo al discount sotto casa. Una parola sui fortificati: rimasi così colpito dalla mia ignoranza sull’argomento a inizio corso, che ora ho una discreta abilità nel riconoscerli. Va bene, ho scritto che l’Amontillado era un Oloroso, ma ero in zona. Del Porto ho indicato perfino che si trattava di un Tawny di 10 anni, che si può sperare di meglio? Più ostica la Manzanilla: avevo pensato al Fino, la tipologia più raffinata di Sherry, secca, dal tenore alcolico moderaro rispetto alle altre, ma gli aromi mi hanno spiazzato, ho pensato – sbagliando – che fosse qualche cosa di alieno dall’altro emisfero. Per fortuna non l’ho scritto.

Il vino forse più complesso, per me, da individuare poiché onestamente non ne avevo mai assaggiato uno, prima dell'esame

LA TEORIA – Quanto alla teoria, una domanda era obbligatoria per tutti: “È cosa saggia investire nell’industria del vino?”. Credo di essermela cavata. Persino divertente da discutere. Più ostica la seconda (a scelta tra due, ma quella scartata era  impossibile per chi scrive): “Perché un enologo dovrebbe voler aggiustare zucchero, acidità e tannini e come lo fa?”. L’altra proposta: “Perché gli enologi sono preoccupati per i valori del pH in fase post-fermentativa? Discutete riguardo alla stabilità e qualità del vino”. Beh… ne ho di strada per poter discernere con l’autorevolezza di un MW su questioni del genere. Ragazzi, dico a voi passati al Cerequio e dico a voi che ancora non siete nel programma ma che spero di vedere l’anno prossimo: dobbiamo organizzare una rete di studenti forti e motivati, coraggio!

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© Riproduzione riservata - 17/06/2013

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