Masi Agricola. Il fenomeno Campofiorin
Fin dalla nascita, nel 1964, l’iconico vino della Cantina veneta ha portato una ventata di innovazione, non solo tecnica ma anche culturale. Il segreto di un successo che è diventato planetario. La sua storia e l’assaggio di cinque annate rappresentative: 1985, 1995, 2007, 2014 e 2020.
Riconosciuto da subito come innovativo e contemporaneo ma radicato nella tradizione, il Campofiorin di Masi Agricola con i suoi quasi 60 anni di vita – l’anno prossimo festeggerà le 60 vendemmie – è uno dei vini bandiera dell’azienda veneta. Il successo che questo Supervenetian ante litteram ha ottenuto nelle ultime cinque decadi, volando in oltre 140 Paesi del mondo, l’ottimo rapporto qualità/prezzo, la versatilità di abbinamento e occasioni di consumo, unite alla trasversalità dei canali in cui è reperibile, ne fanno un vero e proprio fenomeno, che merita di essere analizzato; aiutati anche dall’assaggio di cinque annate: 1985, 1995, 2007, 2014 e 2020, una per decade. Anche se il Campofiorin, in realtà, ha vita più lunga.
Come tutto è cominciato
«Nasce nel 1964 da un’intuizione di mio nonno Guido», racconta Raffaele Boscaini, settima generazione alla guida della storica Cantina, «che portava avanti il progetto dal 1958, in pieno boom economico, quando una produzione “normale” non era più considerata sufficiente. Sono gli anni in cui vengono lanciati prodotti iconici come la Fiat 500 o la Nutella. Anche la nostra azienda con Campofiorin “mette il turbo” alla Valpolicella attraverso la ricerca tecnica per creare qualcosa di nuovo che in natura non c’era». Definito quasi come un “baby Amarone”, il vino viene prodotto da uve autoctone veronesi (Corvina, Rondinella, Molinara) vinificate e poi rifermentate sul 30% di vinacce semiappassite delle stesse varietà usate per l’Amarone, «per ottenere un rosso ricco di colore, aromi e struttura, che si posiziona tra la cordiale semplicità del Valpolicella e la complessità dell’Amarone, con i suoi distintivi aromi di ciliegie sotto spirito, frutti di bosco e spezie», continua Raffaele Boscaini.
Il segreto del successo
Ma qual è il segreto alla base del successo del Campofiorin? Certamente la tecnica innovativa, ma non solo. Il successo di un grande vino, così come ogni prodotto-icona, si decifra attraverso le emozioni che suscita, quella componente immateriale che si imprime nella memoria e, appunto, non si dimentica più. La prima annata di Campofiorin è uscita nel 1967. Da allora il vino ha cominciato a mietere consensi, tanto da essere definito come “un verso di Omero” (Goffredo Parise), la “rinata autorevolezza del Valpolicella” (Luigi Veronelli), frutto di “ingenious technique” (Hugh Johnson), il “prototipo per un nuovo stile di rosso veronese” (Burton Anderson).
Versatile e godibile
Testimoni del fenomeno globale del Campofiorin, oggi, anche due Master of Wine di fama, come Sarah Heller e Konstantin Baum, che inquadrano il vino nell’ambito di quella categoria di prodotti-icona che, indipendentemente dalla merceologia, per una serie di complesse alchimie diventano grandi classici amati in tutto il mondo. Prodotti che godono di una distribuzione trasversale rispetto ai canali, dall’online al travel retail, proprio perché diventano dei must have per chi li acquista e a tutte le latitudini sono “di casa” per la loro ecletticità.
Proprio come il Campofiorin, che «all’estero si può trovare al ristorante a prezzi che variano tra i 50 e i 100 dollari, prestandosi a diverse occasioni di consumo», commenta Sarah Heller, «ed è presente anche nei duty-free accanto ad altri articoli premium come Chanel e Montblanc». Ma non solo, «la variabilità di abbinamento è parte del successo di questo vino, complesso, ma non sofisticato», riconosce Konstantin Baum. «Un vino godibile, che ti fa sentire a casa, come abbracciato». Per tracciare l’evoluzione del Campofiorin nel tempo, la famiglia Boscaini ha selezionato le annate più rappresentative degli ultimi cinque decenni e le ha proposte in degustazione durante l’ultimo Seminario Masi. Un percorso che dimostra quanto il Campofiorin rimanga fedele a se stesso ma al contempo migliori di anno in anno e sia vicino al gusto contemporaneo.
La verticale
Il Campofiorin 1985, adatto ai veri intenditori, si contraddistingue per note di frutta macerata e aromi terziari, tabacco e pellame, ma ha un profilo ancora ampio. Generoso e ben bilanciato in bocca, è il frutto di una stagione particolarmente secca. Trascorso letteralmente il primo decennio, la 1995 si è rivelata un’annata eccezionale per colore, concentrazione, complessità e gradazione alcolica. Un andamento stagionale bizzarro caratterizzato da grandi escursioni termiche ne ha favorito l’acidità, a 6,30 g/l. Dal profilo aperto, vinoso ed elegante, ha una struttura ancora presente e freschezza da vendere.
La prima annata bellissima del Nuovo Millennio è la 2007, altra stagione a cinque stelle. Bouquet di ciliegia sotto spirito, prugna fresca e cacao amaro. Sorso pieno e completo con retrogusto delicato e fine grazie ai tannini sottili e nobili dovuti al semiappassimento.
Esempio di annata difficile, invece, è la 2014, contraddistinta da una stagione piovosa che non ha consentito la produzione dell’Amarone, ma ha dato modo di effettuare una grande selezione d’uva per il Campofiorin, tra l’altro nell’anno del suo cinquantesimo anniversario. Profumi di frutta rossa (ciliegia) matura, chiodo di garofano, cuoio e leggera vaniglia, per una bocca fresca con acidità esplosiva. Particolarmente secco, con solo lo 3,3 g/l di zuccheri residui.
Nel 2020 aumenta la percentuale di Corvina a scapito della Rondinella, alla ricerca di una maggior contemporaneità. Annata buona, caratterizzata da sentori di ciliegia croccante, chiodo di garofano e cuoio; morbido e fresco al palato con note di cioccolato. Al banco di prova queste cinque annate di cinque decadi hanno dimostrato quasi la stessa capacità di invecchiamento di un Amarone, fino a 40 anni.
Foto di apertura: il Campofiorin è un vino-icona che ha saputo conquistare i mercati d’Italia e del mondo
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Tag: Campofiorin, Konstantin Baum, Masi Agricola, Raffaele Boscaini, Sarah Heller, Seminario MasiRealizzato in collaborazione con Masi Agricola
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 3/2023. Acquista
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© Riproduzione riservata - 25/11/2023