In Italia In Italia Civiltà del bere

La storia del marchio Prosecco (e la sagacia del marketing territoriale)

La storia del marchio Prosecco (e la sagacia del marketing territoriale)

di Antonella Giardina e Cristian Aiello

La vocazione territoriale per potersi esprimere necessita di una “limitazione” all’interno di specifici confini. E la conquista dei mercati da parte di piccole porzioni territoriali non è altro che la diffusione su vasta scala di qualità peculiari riscontrate su scala piccolissima. È il caso del marchio Prosecco?

In apertura del saggio Il marchio demiurgo (Antonella Giardina, 2011) si evidenzia l’inedito legame che l’azione del “marchiare” intrattiene con il termine “marca”. A seguito di un’approfondita analisi etimologica, che si è estesa fino alle radici indoeuropee, è emerso, non senza un iniziale stupore, che l’italiano marca, il francese marque, il tedesco marka e l’inglese mark sono strettamente riconducibili ai significati originari di limite, confine, distretto e via via per estensione a territorio, regione di confine estrema dell’Impero Carolingio, al cui governo era preposto un funzionario con il titolo distintivo di marchese.

L’importanza dei confini per l’identità territoriale

In Italia, ad esempio, furono create la marca di Ancona, la marca trevigiana e la marca di Verona, oltre all’omonima regione. La disamina effettuata nel regno linguistico è servita a comprendere cosa sia nei fatti l’identità territoriale, della quale queste prime significazioni altro non sono che le esplicite pre-condizioni politiche e tecniche del suo costituirsi come concetto e strategia. Non è forse vero che la vocazione territoriale per potersi esprimere necessita di una “limitazione” all’interno di specifici confini? E non è forse vero che la conquista dei mercati da parte di piccole porzioni territoriali (cru e non solo) altro non è che la diffusione su vasta scala di qualità peculiari riscontrate su scala piccolissima?

Il “vino Pucino” amato da Livia Drusilla

Ebbene, analizzando le fonti archeologiche, abbiamo riscontrato che la storia del Prosecco e degli illustri autori ivi coinvolti rappresenta un esempio eclatante della riflessione fin qui esposta. Andiamo a chiarirci. Nella Naturalis Historia Plinio descrive il vino Pucino come una delle bevande più celebri di tutta l’antichità. La nomea di questo vino pare fosse legata anche alle considerazioni che di quest’ultimo ne faceva la sua più grande estimatrice, Livia Drusilla. La seconda moglie di Augusto lo considerava, in virtù di qualità eccelse, più che un ottimo vino un vero e proprio rimedio medicamentoso.

Un antenato del Prosecco?

Tra le preziose informazioni contenute nel testo pliniano spicca però, più di ogni altra, l’indicazione geografica dell’ubicazione dei vigneti che diedero vita al famoso Pucino: “Un vino prodotto in quantità limitate in un’insenatura del mare Adriatico, nei pressi di Trieste e delle fonti del Timavo”. Questa è esattamente l’area geografica in cui oggi si fa il Prosecco che, dunque, sembrerebbe affondare le proprie radici nel grande antenato che fu il Pucino.

Un’associazione iniziata nel Cinquecento

Sebbene l’associazione tra i due vini cominci solo a partire dal Cinquecento, c’è da dire che, in quell’epoca, visse il triestino Pietro Bonomo. Vescovo erudito e figura tra le più influenti della corte austriaca, al tempo di Federico III apparteneva a una famiglia che possedeva grandi vigneti nei pressi del Castello di Prosecco, un edificio fortificato posto a presidio di tutto il circondario, crocevia di continui scambi commerciali con l’area istriana.

 

Il Castello di Prosecco in un disegno del 1560 (particolare in copertina)

 

Un’ipotesi sull’origine del nome Prosecco

Tale maniero sorgeva proprio nel luogo in cui Plinio menzionava il castellum nobile vino Pucinum. Per legare la tradizione millenaria vitivinicola alle produzioni contemporanee e differenziarle al contempo da tutte le altre dell’area geografica, il Bonomo, estimatore di Plinio oltre che del vino locale, avrebbe pensato di rinominare il vino rimarcandone l’identità territoriale. Realizzò così, nei fatti, un’operazione dal carattere commerciale e valoriale che si può considerare di marketing ante litteram.

Marchio Prosecco, garanzia di qualità

Illuminato dalla precisione con cui Plinio aveva circoscritto le terre vocate, il vescovo utilizzò l’unico nome che, come un moderno geo-localizzatore, poteva garantire la coincidenza con quanto affermato nella Naturalis Historia. Il Prosecco, o meglio, il nome Prosecco, nacque dunque come marchio di qualità di una porzione di territorio e dall’intenzione di rimarcarne l’identità territoriale. E naturalmente, dall’ipse dixit di un testimonial d’eccezione.

L’articolo prosegue su Civiltà del bere 5/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

 

Tag: , , , , ,

© Riproduzione riservata - 07/12/2018

Leggi anche ...

Pre British, ovvero il Marsala prima del Marsala
In Italia
Pre British, ovvero il Marsala prima del Marsala

Leggi tutto

Vintage Carpineto: 100 mila bottiglie vintage a disposizione dei collezionisti
In Italia
Vintage Carpineto: 100 mila bottiglie vintage a disposizione dei collezionisti

Leggi tutto

Musei del vino: il nuovo Museo del Ruchè di Castagnole Monferrato
In Italia
Musei del vino: il nuovo Museo del Ruchè di Castagnole Monferrato

Leggi tutto