Le meraviglie del Malbec Argentino secondo Roberto Cipresso

Le meraviglie del Malbec Argentino secondo Roberto Cipresso

Anche quest’anno La Giostra del Vino conquista il titolo di Miglior Malbec Argentino in Italia. Il Malbec Bacan Reserva 2012 della cantina è infatti campione ufficiale del concorso MMAI 2017, organizzato da Federico Bruera di Via dell’Abbondanza il 19 aprile per celebrare il Malbec World Day. La tappa italiana si è svolta al Westin Palace di Milano, in collaborazione con Ais. Sul podio, insieme al Bacan Reserva, Alteza 2014 di Matervini ha meritato il secondo posto, seguito da Finca Altamira 2013 di Achaval Ferrer. Tanti campioni per un unico protagonista: il Malbec, rosso simbolo dell’Argentina.

Malbec Argentino, uva camaleontica

Se l’Argentina è la patria del Malbec, Mendoza ne è la grande capitale. «Mendoza è al centro dell’ampia zona di produzione di questo vitigno, che si estende quasi 2.000 chilometri a nord, fino alla zona desertica di Salta, con vigne a oltre 2.000 metri di altitudine, e a sud fino in Patagonia», spiega l’enologo Roberto Cipresso, che presiede la giuria. L’allevamento del Malbec argentino copre un territorio vastissimo: «Per fare un paragone con l’emisfero boreale, è come se lo coltivassimo da Londra a Marrakech», precisa Cipresso. «È una varietà camaleontica, incredibilmente adattabile a territori e altitudini diverse. Anche Merlot e Chardonnay hanno un’ampia estensione in diverse zone vinicole, ma la coltura del Malbec in climi desertici e sotto la cordigliera delle Ande riesce a dare espressioni davvero molto diversificate, pur partendo da un comune dna di partenza».

 

I tre Malbec vincitori

 

L’altopiano di Mendoza

Mendoza è un luogo fortunato. Sorge su un altopiano a 1.000 metri d’altitudine, accanto a un antico vulcano di quasi 7.000 metri (il Tupungato) e una zona desertica di quasi 2.000 chilometri. «Il suolo morenico è ricoperto in superficie da ceneri e gessi derivati dalle antiche eruzioni; questo ha permesso che il Malbec argentino sopravvivesse al grande olocausto della fillossera, conservando vigneti monumentali, di oltre 100 anni. Grazie alla tecnica del capogatto o propaggine, ogni nuova pianta riproduce il dna di quella a fianco, permettendo al vigneto di sopravvivere nel tempo», prosegue l’enologo. Si tratta di una sorta di propagazione per talea delle viti, ottenuta interrando un tralcio e facendolo risalire dal suolo accanto; questo provoca una nuova radicazione della parte interrata, che si stacca dalla pianta “madre” quando ha forza sufficiente da sé.

L’influenza del Vecchio Mondo

La produzione di vino in Argentina è collegata ai flussi migratori dall’Europa. «Molti migranti provenivano dall’Italia e dalla Spagna. Una volta sbarcati, veniva dato loro un passaporto, una mappa geografica e un pezzo di terra. Qui per prima cosa si costruivano un’abitazione, cercando di ricostruire l’ambiente d’origine nel giardino: il piemontese piantava il castagno, il siciliano piantava agave e palma… un rimedio alla nostalgia di casa». Ancora oggi, camminando nelle zone periferiche, si percepiscono queste differenze, che possono costituire un indicatore utile della filosofia produttiva alla base dei vigneti limitrofi.

Vigneti centenari a piede franco

«Gli antichi impianti di vite oggi sono una vera e propria Disneyworld per un appassionato di vino», sintetizza Cipresso. «Immaginate vigneti vecchi, a piede franco, con densità elevata (8.000 piante per ettaro) che serviva a ottimizzare gli spazi, e rese basse (il 90% di viti vecchie non produce più di 500 g di uva). La qualità qui si fa a mani basse. E la chimica non si sa cosa sia, grazie al clima molto secco, desertico».

 

Una vite centenaria di Malbec

 

Dov’è il futuro della viticoltura argentina

Questa è una zona produttiva di grande fascino e qualità, ma secondo Roberto Cipresso il futuro del Malbec argentino deve guardare anche altrove. «La Cordigliera delle Ande è una formazione montuosa relativamente giovane, con “solo” 30 milioni di anni d’età. La pre-cordigliera, invece, nasconde segreti superiori per l’età della terra: esiste da 300 a 500 milioni di anni. Se gli uomini di 150 anni fa avessero avuto la conoscenza odierna, avrebbero piantato vigneti in altri posti. I vigneti storici di Mendoza sono un patrimonio inestimabile, ma il futuro della viticoltura argentina è legato ad altri territori, più difficili ma ancora più vocati».

Le caratteristiche del Malbec

Mentre in altri territori può risultare un po’ crudo e “verde”, simile al Carménere per certi versi, in Argentina il Malbec è “drogato” di luce, al punto da avere un metabolismo accelerato. Questo nel calice si traduce in note di frutta matura e confettura, con prevalenza di frutta nera, come more e mirtilli, nei più giovani anche ciliegia e amarena. L’unica difficoltà per il produttore è mantenere la freschezza: lavorare con viti vecchie e basse rese costituisce un vantaggio anche sotto questo aspetto.

Oltre 300 persone al Malbec Day 2017

Il Malbec Day a Milano è stato organizzato dalla società di importazione e distribuzione Via dell’Abbondanza, che da anni rappresenta nel Bel Paese una selezione dei migliori malbec argentini. Oltre al concorso, riservato a una giuria di enologi, sommelier e giornalisti (tra cui Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere), il 19 aprile un nutrito banco d’assaggio con 60 Malbec da tutta Argentina ha chiamato a raccolta oltre 300 persone tra wine lover e operatori di settore. Tra le personalità in visita anche il console argentino a Milano, Cristian Dellepiane, e un vip dello sport: Diego Dominguez, ex Nazionale italiana di rugby.

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© Riproduzione riservata - 26/04/2017

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