Le ragioni del boom di vendite di alcolici in India

Le ragioni del boom di vendite di alcolici in India

Secondo l’istituto di ricerca IWSR nel 2022 i volumi sono cresciuti del +12% contro una media globale del +1%. E il trend è destinato a proseguire. Grazie soprattutto ai 20 milioni di nuovi giovani consumatori ogni anno, che spingono i prodotti premium.

Per approfondimenti: IWSR, The Drinks Business, ICRA, Vinojoy, The Economic Times

La poderosa crescita demografica, che ne ha fatto nel 2023 il Paese più popoloso al mondo davanti alla Cina con 1,43 milioni di abitanti (qualcosa come 20 milioni di nuovi giovani consumatori ogni anno), e una tendenza che punta dritto verso prodotti sempre più premium: sono queste le ragioni che fanno dell’India un’eccezione sul mercato internazionale degli alcolici.
I dati dell’Istituto di ricerca IWSR parlano chiaro: in un contesto globale di settore che nel 2022 ha fatto registrare una modesta crescita media (+1%), i volumi degli alcolici in India sono aumentati del 12%, la birra è cresciuta del 38%, il vino del 19% e gli Rtd (ready to drink) del 40%. Un boom che ha riguardato tanto la produzione locale, quanto le importazioni. E che ha visto aumentare in modo significativo il valore di entrambe, oltre che le quantità.

Un enorme vantaggio demografico

«L’India», è l’analisi Jason Holway, consulente di ricerca senior di IWSR, riportata su The Drinks Business, «è uno dei pochi grandi mercati di alcolici per bevande al mondo a mostrare un costante slancio di crescita. Una crescita che è destinata a proseguire».
L’aumento dei livelli di benessere sta spingendo le preferenze verso prodotti sempre più premium. Il popolo indiano ha un’età media inferiore ai 30 anni, contro i quasi 40 anni degli Stati Uniti e della Cina (e i 50, ad esempio, dell’Italia). Il World Population Prospects delle Nazioni Unite, citato sempre dal rapporto IWSR, stima che questo vantaggio demografico introduca ogni anno circa 15-20 milioni di nuovi consumatori in età legale per consumare alcolici. Tra il 2021 e il 2031, si prevede inoltre che il Paese aggiungerà 283 milioni di consumatori di classe media in più (secondo i dati di Ice 360), espandendo in modo significativo il mercato dei prodotti alcolici di qualità superiore.

Gusti internazionali e consumi sempre più premium

Questa tendenza riflette un più ampio spostamento delle preferenze dei consumatori verso prodotti di alto standard e in stile internazionale, sia importati che nazionali.
La “premiumization” è testimoniata anche dal crescente successo delle produzioni locali di queste tipologie di alcolici, sempre più puntate verso l’alto posizionamento. I whisky indiani, ad esempio, coprono ormai un’ampia gamma di prezzi, che va da 500 rupie (5,5 euro) fino a 13 mila rupie (oltre 140 euro) a bottiglia, toccando cifre paragonabili ai single malt stranieri. Tanto che a livello di vendite gli IMFL (Indian Made Foreign Liquor) superano ormai alcolici e vini stranieri. Questi ultimi comunque «rimangono una componente significativa e in continua crescita della domanda. I consumatori indiani sono già abituati ai prodotti di stile internazionale. Conoscono le loro caratteristiche, le apprezzano e da tempo sono aperti a spendere un po’ di più per acquistarli. E ora la stessa cosa sta accadendo anche per quelli prodotti in loco».
ICRA (un’agenzia di rating del credito e informazioni sugli investimenti indipendente e professionale indiana) prevede una crescita dei ricavi dell’8-10% per il suo campione di aziende produttrici di bevande alcoliche nazionali (alcobev) nell’anno fiscale 2025. Mentre le cosiddette Indian made foreign liquor (IMFL) registreranno un’espansione dei ricavi dell’11-13% e una crescita dei volumi di circa il 3-5%.

Possibili allentamenti sui dazi

A frenare ancora parzialmente la definitiva esplosione del mercato, sottolinea il portale asiatico Vinojoy, è il complesso sistema normativo. In India, i prodotti locali e quelli importati devono affrontare un variegato panorama di bevande alcoliche tipiche e sono penalizzate da alti costi di ingresso, quali tariffe e dazi doganali, e tasse di licenza che possono variare notevolmente da Stato a Stato.
Ma i segnali di un allentamento generale della burocrazia sulle bevande alcoliche si stanno già materializzando all’orizzonte. Come dimostra ad esempio l’intesa sul libero scambio varato a marzo con quattro paesi membri dell’Efta (Associazione Europea di Libero Scambio) – Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein – nei cui patti rientra anche una sostanziosa riduzione delle tasse sugli alcolici (The Economic Times). «Una riduzione dei dazi doganali a un livello equo e sostenibile e vincolato nel tempo sosterrà l’industria nazionale», ha dichiarato il direttore generale della Confederazione indiana delle aziende produttrici di bevande alcoliche (CIABC), Vinod Giri.

Foto di apertura: © naveed ahmed – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 28/03/2024

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