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Le parole del vino (per non farsi fregare dagli esperti)

3 Giugno 2015 Alessandro Torcoli
Giunge da Giunti (collana piattoforte) il volume "le parole del vino" di Fabio Rizzari, giornalista e critico enologico. Notiamo innanzitutto che l'editore segue la moda minimalista delle minuscole, ma questo è un commento lezioso da vecchio culo di pietra (nel gergo giornalistico si definisce tale colui che passa il tempo alla scrivania). L'abbiamo letto. E questa è già una notizia, perché in redazione passano tonnellate di libri e raramente ci riesce di andare oltre i risvolti di copertina o al limite la prefazione. Ci avevano incuriosito sia l'autore sia la presentazione che ne fa Armando Castagno, altro scrittore di vino tra i più colti e preparati. È una lettura piacevole, che consiglio a chi si sta avvicinando al vino, a chi ne è incuriosito e a chi è infastidito dai luoghi comuni regolarmente ciancicati dagli amici adepti di qualche setta enofila.

Razionale e sentimentale. Guida laica alla degustazione

Lo sguardo di Fabio Rizzari è "laico", con ciò intendiamo non dogmatico, e lo sentiamo molto affine alle nostre corde. Non svela verità mai rivelate, perché queste non esistono. Piuttosto racconta con ironia e buon senso quali derive possono capitare a chi dal vino si lascia prendere senza controllo. L'autore fornisce qualche suggestione riguardo all'approccio razionale, ma anche sentimentale, come dev'essere, alla degustazione, spernacchia i sommelier antipatici (in questo caso, però, spara un po' sulla croce rossa...), commenta le paludi in cui si immergono alcuni colleghi giornalisti (...altri spari alla croce rossa).

Tutti i trucchi del mestiere

Se dovessi scegliere un capitolo da consigliare anche a chi di vino ne ha bevuto tanto, rimanderei immediatamente ai "Suggerimenti pratici e trucchi del mestiere", dove anche noi, giovani (autoritratto consolatorio) ma piuttosto navigati assaggiatori, abbiamo letto cose da non credere, ma certamente vere: come stappare un bottiglia (con tappo di sughero, si capisce) usando una scarpa, come shakerare un vino che puzzicchia, come prepararsi a tavola un blend personalizzato per rimediare a bottiglie deludenti...  Ho provato orrore, poi ho pensato a quel che accade in cantina, e ho concluso che l'autore fosse iperbolico, ma non troppo. E forse proverò alcune delle tecniche suggerite.

Lo stile di chi scrive di vino

Da non perdere anche il paragrafo "Esercizi di stile" di Queneauiana memoria (è parecchio difficile aggettivare questo autore, ma il suono che ne deriva non è neppure distante da certi nomi di etichette neozelandesi...). Vi sarete infatti accorti di come siano varie le prose dei critici enologici. Si leggono divesi stili: semplice, notarile, paratattico, pseudopoetico, anacronistico, giovanilistico, gergale. Uno dei lati più gustosi del testo di Rizzari sono le citazioni, alcune ben note, ma essendo egli un ex-aspirante-musicologo, particolarmente gustose sono quelle musicali. La citazione che preferisco è presa da Toscanini: "Ci sono interpreti che servono la musica, e interpreti che si servono della musica". Lo stesso per i vignerons.

Dai blog di Fabio Rizzari

In chiusura, un solo rammarico: che il testo, in realtà, non sia del tutto originale, ma che sia stato cucito da una raccolta di post sui blog "Vino:" e "il bottigliere". Talvolta si notano i punti scoperti, le ripetizioni formali e sostanziali. Per il resto, il libro trasmette arguzia, e soprattutto un grande senso di gioia e di passione vinicola. 92/100 (Ma che c'entra il voto? È solo un libro, non si beve! Buona lettura...)

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